La Kos Servizi, che fa capo a Villa Margherita, è stata condannata al risarcimento del danno differenziale nei confronti di una dipendente, in seguito all’accertamento di responsabilità nella causazione dell’evento lesivo costituito dal contagio del virus, durante la pandemia, sul posto di lavoro.
E’ quanto stabilito dalla sentenza n. 51/2024 emessa dal Tribunale di Benevento a conclusione di un giudizio patrocinato dallo Studio Legale Piscitelli & Partners: la ricorrente, dipendente da anni di Villa Margherita, durante il periodo di diffusione del Covid-19, a causa dell’omissione da parte della struttura, delle cautele necessarie per prevenire l’evento, contraeva il virus, riportando notevoli danni.
I casi di infezione da nuovo coronavirus, secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione delle malattie infettive e parassitarie, sono annoverati nella categoria degli infortuni sul lavoro e pertanto soggetti alla tutela assicurativa dell’Inail.
In presenza di un evento dannoso, come quello occorso alla ricorrente, alla stessa è stata riconosciuta una indennità a titolo di danno biologico, indennizzata dall’Inail e un risarcimento a titolo di danno differenziale per responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro.
Il punto centrale posto a base della recentissima decisione del Tribunale di Benevento citata: è il principio per cui il lavoratore infortunato ha diritto all’integrale risarcimento delle voci di danno non coperte dall’indennizzo Inail.
Al datore di lavoro è imposto, anche in mancanza di una specifica misura preventiva, di adottare comunque le misure generiche di prudenza e diligenza, nonché tutte le misure necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l’integrità fisica del lavoratore assicurato; nel caso sottoposto all’esame del Tribunale beneventano, tali dettati sono stati completamente disattesi.
“La notoria vicenda che ha interessato Villa Margherita durante il periodo della pandemia, ha commentato l’avv. Vincenzo Piscitelli, ha messo in evidenza, l’assenza del concreto rispetto delle linee guida e delle elementari misure/precauzioni da adottare in determinati contesti, conosciuti e conoscibili, e quindi applicabili, indipendentemente dalla novità del coronavirus, dimostrando, altresì, il nesso causale tra l’illecito e il danno, stante la nocività dell’ambiente lavorativo. Mi ritengo pienamente soddisfatto di questo risultato, ha continuato il legale beneventano, non solo perché la ricorrente è riuscita, almeno in parte ad avere un ristoro per quanto patito, ma anche in considerazione del fatto che anche altri soggetti, nella stessa condizione, potranno agire e sperare nella tutela dei propri diritti”.
Se nella struttura beneventana, all’epoca della pandemia, fossero state applicate almeno le indicazioni e le precauzioni standard per il controllo della circolazione del virus, la condotta, con tutta probabilità, sarebbe stata immune da censure.