Un mondo ancora un po’ lontano quello degli anime e dei manga giapponesi, un mondo che però è comunque riuscito a trovare uno spazio in Italia e un po’ in tutto l’occidente, in un passato in cui qui da noi veniva trasmesso su canali regionali quasi giudicato un mondo di serie B, per poi lentamente prendere piede nelle televisioni di stato nella fascia oraria dedicata ai bambini e finalmente, negli ultimi anni, riuscendo addirittura ad essere proiettato nelle sale cinematografiche a orari propri degli adulti.
Perché, se ci pensiamo bene, i manga, da cui poi spesso si sviluppano gli anime, non sono propriamente per bambini. Possono abbracciare tutte le fasce d’età poiché la cultura giapponese di questa arte è molto complessa e distante da quella occidentale e Miyazaki Hayao, il regista dei film d’animazione più conosciuto al mondo, dal talento così unico e protagonista del libro di Alessandro Bencivegni è stato colui che ha elevato la cultura dei film animati giapponesi dalla serie B alla A.
Un piacevole racconto quello del noto sceneggiatore, che ha spiegato come in realtà lui sia fan solo di Miazaky e non di tutto il mondo manga/anime come accade di solito perché “essere troppo di parte può impedire di avere una visione corretta”. Un regista così lontano e così vicino Miazaky, amante di un’Italia vista con gli occhi di chi vive lontano anni luce pur avendoci vissuto per un breve periodo, conosciuto per caso da Bencivegli ma affascinandolo da subito per il genio creativo unico al mondo, così unico da non avere eredi, nemmeno il figlio che è stato abbondantemente scoraggiato dal padre nel continuarne l’operato.
Regista, sceneggiatore e animatore Miyazaki è padrone della sua opera nella sua interezza, in grado di svilupparla senza averne la sceneggiatura scritta, quasi a reclamarne la paternità indiscussa. Animatore della vecchia scuola dove il processo avveniva completamente a mano, che non è mai stato in grado, o forse non ha voluto trovare un accordo con la tecnologia che leva magia a qualcosa che la magia ce l’ha dentro perché “dare la magia sembrerebbe un privilegio umano e non tecnologico”.
E così, con l’approcciò che ha riservato a qualsiasi regista di cui si è interessato, Bencivegli ha raccontato il modo di un regista che, con una mente così piena di magia, a 83 anni ancora non riesce a smette di creare, a volte un film, a volte corti visibili sono in Giappone negli studi del museo della Ghibli, e che probabilmente non smetterà mai di farlo.