Le motivazioni vincono sui dubbi, la maggioranza tiene e il Consiglio Comunale approva l’atto deliberativo che pone fine all’annosa contrapposizione tra palazzo Mosti e la Samte.
Guai però a fidarsi esclusivamente dei numeri, sempre schiaccianti a favore dell’alleanza mastelliana ma inadatti in questo caso a restituire un racconto fedele di ciò che è successo prima e durante i lavori d’aula.
Ad animare la vigilia, si ricorderà, era stata la discordanza di vedute tra il settore Avvocatura e i revisori dei conti circa la natura del debito fuori bilancio da riconoscere in assemblea. A ‘spuntarla’ erano questi ultimi considerato che nella sua versione definitiva il provvedimento riconosce il debito come “acquisizione di beni o servizi… nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”.
Proprio le tempistiche (tre minuti prima dell’avvio dei lavori) con cui il parere dei revisori giungeva in commissione Finanze innescava, poi, ulteriori polemiche, puntualmente ripresentatesi oggi e in forma bipartisan: “Non è possibile lavorare in questo modo, con pareri che arrivano all’ultimo istante utile. Se qualcuno ha altre priorità professionali, tragga le dovute conseguenze” – incalza Rosetta De Stasio. “Per il nuovo anno, l’auspicio è che rivolgo agli assessori è di spronare la parte tecnica a provvedere per tempo a emettere i pareri richiesti” – rilancia dai banchi della maggioranza Luigi Scarinzi.
Nuovi dubbi, infine, li alimentano in Consiglio gli interventi degli esponenti di opposizione Giovanna Megna e Vincenzo Sguera che introducono nel dibattito il parere – presentato in altra aula, quella del Tribunale – dell’avvocato Andrea Abbamonte (legale rappresentante del Comune nella lite contro la partecipata della Provincia) che nell’opposizione al Decreto Ingiuntivo recapitato in via Annunziata nel dicembre del 2021 escludeva categoricamente che la cifra dovuta alla Samte (1,5 milioni oltre gli interessi) potesse rappresentare un debito fuori bilancio. “E’ lo stesso ente a dichiarare che si è al cospetto di una passività pregressa perchè in bilancio c’era una previsione di spesa poi rilevatasi insufficiente. Occorreva seguire la strada della variazione” – aggiunge Luigi Diego Perifano.
Ma le motivazioni, dicevamo, vincono sui dubbi. E le ragioni politiche sovrastano le perplessità per la procedura seguita e anche i timori per eventuali interventi della Corte dei Conti. “Con questa manovra riportiamo la Samte in bonis. Non ci sarà più bisogno di trasferire i rifiuti fuori provincia e ciò produrrà dei risparmi per il Comune e dunque per i cittadini” – spiega ancora Scarinzi. “Ci sono trenta famiglie che aspettano il via libera a questo provvedimento, sono quelle dei lavoratori Samte che oggi possono guardare con maggiore fiducia al futuro” – argomenta Alfredo Martignetti.
E quasi a ribadire che il parto sia stato sofferto, interviene in chiusura Clemente Mastella: “Ho visto qualche inquietudine di troppo ma a noi deve interessare soltanto un dato: i cittadini di Benevento pagheranno meno di Tari dal prossimo anno. Per il resto parlano i pareri tecnici, lascio volentieri ad altri la presunzione di poter parlare di tutto. Ma non mando nessuno allo sbaraglio, semplicemente ci assumiamo la responsabilità di vicende che vengono da lontano” – parole che suonano come una risposta a Perifano che nel suo intervento aveva parlato di “strada giusta e obbligata” ma anche di “Caporetto” processuale: “Il Comune ha portato avanti una battaglia dissennata e inutile contro la Samte, producendo una serie di ricorsi sempre respinti in Tribunale. La delibera di oggi è un’ammissione di colpa perché riconosce ciò che la legge già sanciva e cioè che la Samte andava pagata. Quale risultato ha prodotto questa ‘guerra santa’ tra istituzioni?”.
A chiudere la discussione, come sempre, è il voto del Consiglio: favorevole la maggioranza, contraria l’opposizione. Oltre a riconoscere il debito fuori bilancio, l’aula approva lo schema di transizione che pone fine alla controversia. Il Comune pagherà 1,8 milioni di euro in quattro rate spalmate su tre annualità, risparmiando i 113 mila euro delle spese legali e della quota interessi ad oggi maturata dalla domanda giudiziaria.