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Si è presentato spontaneamente in caserma con 13 grammi di cocaina in mano, chiedendo di essere arrestato. Temeva per la sua vita: i clan Mazzarella, De Micco e Di Lauro lo volevano morto per un debito di oltre 200mila euro. L’uomo, considerato un nodo cruciale nel traffico di droga tra Mondragone e Benevento, ha svelato agli inquirenti il suo ruolo nell’approvvigionamento della cocaina destinata alle piazze di spaccio. Un ponte tra i clan e il mercato dello stupefacente. Le sue dichiarazioni hanno dato il via a un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, culminata con l’arresto di dieci persone, cinque delle quali finite in carcere.

Davanti ai carabinieri, l’aspirante pentito non ha avuto esitazioni: “Mi sono presentato perché temo per la mia incolumità personale, ho paura di essere oggetto di un agguato da parte dei clan De Micco di Ponticelli e Mazzarella di San Giovanni a Teduccio”, ha dichiarato. E poi, con una precisione da contabile dello spaccio, ha fornito dettagli sulla droga che stringeva tra le mani: “La cocaina che vi consegno è pura al 98%, al dettaglio si possono confezionare 26 dosi da 0,5 grammi, per un valore complessivo di 780 euro”.

Le sue parole hanno scoperchiato un sistema radicato e spietato. Dopo l’arresto e la scarcerazione, la camorra gli ha dato la caccia. Non trovandolo, si è vendicata su chiunque gli fosse vicino: il figlio minorenne della compagna sequestrato per mezz’ora, la domestica della donna malmenata per ottenere informazioni. Nemmeno il carcere è stato un rifugio sicuro: tra Poggioreale e Secondigliano ha subito minacce, intimidazioni e persino un tentativo di avvelenamento con candeggina. Alla fine, terrorizzato per i suoi familiari, ha deciso di ritrattare, chiudendo ogni spiraglio di collaborazione con la giustizia.

L’inchiesta è ancora in corso e gli sviluppi potrebbero riservare ulteriori novità. Ma un dato è ormai certo: la camorra non conosce confini, e Benevento non fa eccezione.