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Il maltempo e il forte acquazzone nel primo pomeriggio di oggi hanno fatto rinviare il presidio sotto la Prefettura di Benevento per protestare contro il Decreto Legge Sicurezza. Ma la Cgil e la Uil, organizzatori della  protesta, contestano un provvedimento che ritengono reprima il dissenso e limiti i diritti fondamentali dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, dei cittadini. Nel pomeriggio i sindacati sono stati ricevuti ugualmente dal Vice Prefetto Maria De Feo per consegnare un documento. L’iniziativa si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione, dicono i sindacati, per le misure di sicurezza che, anziché garantire la tranquillità e il benessere della popolazione, finiscono per colpire le libertà civili e i diritti di espressione. Il disegno di legge, accusano Cgil e Uil, appena approvato dalla Camera è un condensato di propaganda e populismo istituzionale: “Una ulteriore conferma di quanto questo Governo, tutto, compattamente, pensa in tema di sicurezza, declinato solo come azione repressiva dei conflitti sociali e come politica punitiva, di giustizia e carcere.
Il principio che anima questo provvedimento è lo stesso del decreto Caivano, del decreto rave, della legge 50 impropriamente chiamata decreto Cutro. Le soluzioni proposte vanno verso un inasprimento delle pene e la codificazione di nuovi reati che peraltro riducono gli spazi di dissenso e protesta, come i reati contro le manifestazioni o le occupazioni di immobili, arrivando a peggiorare il codice Rocco, con la non obbligatorietà del differimento della pena per le donne incinte e le madri di bambini fino a un anno di età. Norme con cui si danno risposte penali a problemi che sono soprattutto sociali e che non aumentano la sicurezza dei cittadini”.

Cgil e Uil poi continuano ad attaccare nel documento: “Mentre da una parte con le riforme Nordio, vengono aboliti i reati contro la pubblica amministrazione, che spesso sono spie delle infiltrazioni della criminalità organizzata, dall’altra si colpiscono tutti quei comportamenti che nascono e si determinano in ambienti di povertà, di disagio, di marginalità, di degrado sociale che avrebbero bisogno di una più forte presenza dei servizi sociali di una rete di sostegno. La difesa della Costituzione significa mettere al centro i diritti di tutti, persone libere e persone ristrette, e soprattutto di tutte le persone che più hanno bisogno di supporto e sostegno. Cambiare da reato amministrativo a penale il blocco stradale è l’esemplificazione dell’attacco ai principi di libertà che garantiscono la manifestazione del dissenso. Non è con pene sempre più severe che si risponde al bisogno di sicurezza, d’inclusione e giustizia sociale”.
Il documento quindi si conclude: “Attivisti, studenti, lavoratori, sono tutti nel mirino della maggioranza che intende punire chi si oppone o chiede condizioni di vita e di lavoro migliori. Quando si tratta di reprimere le lotte sociali questa maggioranza dimostra tutta la sua compattezza, nuovi reati e inasprimento delle pene per chi si oppone a fronte della cancellazione dei reati messi in atto dai colletti bianchi contro la pubblica amministrazione, che condizionano la vita di tutti”.
Infine l’appello: “Questo disegno di legge ha l’obiettivo chiaro di azzerare la libertà e il diritto di manifestare il proprio dissenso. Introduce nuovi reati penali, prevedendo il carcere per chi occupa strade e spazi pubblici o privati, limitando così le iniziative e le mobilitazioni sindacali. Questo mette a rischio la nostra capacità di difendere i posti di lavoro e di contrastare le crisi aziendali e occupazionali. Inoltre, il DDL prevede misure gravissime come l’incarcerazione di donne in gravidanza o con figli entro un anno di età e introduce il reato di resistenza passiva, rendendo impossibile ogni forma di dissenso pacifico, spesso necessaria di fronte alle condizioni disumane di molte carceri. Ripropone interventi securitari e criminalizzanti nei confronti dei migranti, mentre il Governo sceglie di abolire crimini contro la pubblica amministrazione, spesso indicatori di infiltrazioni mafiose.
Come Cgil e Uil, esprimiamo tutta la nostra contrarietà a questo modello di Paese divisivo e autoritario che mette a rischio la democrazia”.