È il presidente di Unimpresa Ignazio Catauro ad intervenire sulla nota ed incresciosa vicenda che ha riguardato il repentino commissariamento della Camera di Commercio Irpinia Sannio. “Tutto come previsto – dichiara il prof. Catauro di Unimpresa – il TAR Campania si è espresso secondo quanto da noi auspicato, la motivazione è chiara ed utile alla nostra causa, quella di fare giustizia e mettere le cose in chiaro. Far emergere la verità su questa vergognosa vicenda che il consigliere Pino Bruno da presidente della Camera ha voluto sprofondare un’intera istituzionale”.
Ricordiamolo, l’allora presidente della Camera di Commercio Irpinia Sannio, per la prima volta in Italia, avendo constatato di non avere la maggioranza né in giunta né in Consiglio, decide paradossalmente di chiedere alla Regione Campania di commissariare l’ente da lui stesso presieduto, e che dovrebbe tutelare, perché si è accorto di non avere una maggioranza. “Un caso che non ha eguali in nessuna parte del mondo occidentale – sottolinea Catauro – in nessun luogo ove vigono regole democratiche e una sufficiente dose di responsabilità istituzionale sarebbe accaduto. Se in un consesso democratico, come lo sono il Consiglio e la Giunta camerale non si ha più la fiducia, perché di questo si stratta, si prende atto e ci si dimette per dare la possibilità ai consiglieri di scegliere un nuovo presidente che li rappresenti. – Continua il presidente di Unimpresa – Il Bruno, al contrario, cosa fa? Attraverso una forzatura della procedura in collaborazione con altri, induce la Regione Campania a svolgere un atto che si basa su di una descrizione dei fatti riportata dallo stesso Bruno, che a questo punto solo la Procura della Repubblica di Avellino potrà dire se veritiera”.
Una vicenda ingarbugliata e dolorosa, quella del commissariamento della Camera irpinosannita. Mai nella storia di questo ente territoriale, in tutta Italia, era accaduta una cosa del genere; del resto mai un presidente ha chiesto di commissariare un ente che lui presiede perché solo 5 consiglieri su 33 gli hanno manifestato il sostegno, e solo 1 consigliere di giunta su 7 segue le sue direttive. Una vera e propria catastrofe, e tutto questo, ricordiamolo, il Bruno è riuscito a farlo in solo due settimane. Si perché il tutto inizia con il mancato appoggio dei 2 consiglieri di Confindustria Benevento alla sua candidatura, del resto riconosciuta pubblicamente dallo stesso presidente Vigorito dopo qualche ora dall’elezione rocambolesca di Bruno alla presidenza.
“Eppure nella sede di Unimpresa Benevento – ricostruisce il prof. Catauro – un sabato mattina in presenza di validi testimoni, il presidente di Confindustria Avellino, tale De Vizia, sostiene che i 5 voti della ‘sua organizzazione’ sarebbero stati compatti sul nome dell’ex presidente Bruno. Il tutto accompagnato dalle insistenti manifestazioni di promesse di incarichi e di posti in giunta che il Bruno avrebbe elargito. Al che io faccio notare che non era il presidente a nominare i componenti della giunta ma i consiglieri in seguito ad una democratica scelta previa votazione. – Continua Catauro – E già a questo punto, non nascondo la mia preoccupazione e perplessità sull’affidabilità e preparazione degli interlocutori che mi trovo davanti. Constatare che i tipi non sono preparati neppure sul minimo delle norme che governano la Camera, e poi nello stesso tempo mi chiedono di appoggiare il loro rappresentante associativo, mi trasmette una non poca preoccupazione sulla reale possibilità di raggiungere l’obiettivo. Fatto sta che dalle prime due votazioni si evince che il gruppo di Confindustria non viaggia all’unisono, e il tutto viene spiegato dal presidente di Benevento in modo chiaro e impeccabile: semplicemente si è onorato un accordo che era stato sottoscritto dai loro precedenti presidenti”.
Un atto di straordinaria responsabilità istituzionale che il presidente Vigorito, ricordiamolo, ha voluto chiarire in un comunicato stampa e che è stato apprezzato da tutte le organizzazioni imprenditoriali, anche da quelle che avevano contribuito in modo determinante alla stessa elezione di Bruno a presidente. Le parole del presidente della Confindustria sannita hanno fatto il giro di tutte le stanze istituzionali, ricevendo ampio apprezzamento, ritenendole tutti espressione di forte senso morale e un chiaro esempio di equilibrio e responsabilità istituzionale. Dalle sue dichiarazioni pubbliche si evince come la scelta di sostenere Mastroberardino alla presidenza e non Bruno, fosse la corretta conseguenza di un percorso noto a tutti e ampiamente condiviso dall’intera associazione degli industriali. Insomma, una vicenda che parte con il piede sbagliato. E il tutto viene confermato dallo stesso Catauro il quale sostiene: “qualche giorno dopo l’elezione di Bruno ebbi un violento diverbio verbale con il De Vizia nella sede della sua organizzazione ad Avellino. Feci notare che purtroppo non esistevano le condizioni per proseguire correttamente, evidenziai che una dichiarazione così forte di un rappresentante di tal peso come era il primo rappresentante della sua stessa organizzazione di Benevento, aveva dimostrato che le sue certezze erano state ampiamente disattese. Alla fine bisognava prendere atto che solo 2 consiglieri su 5 dell’intera componente confindustriale avevano sostenuto Bruno, e questo non ci consentiva di fare affidamento su una solida maggioranza. Pertanto chiesi in quella occasione se dignitosamente non fosse il caso che Bruno si dimettesse e si procedesse ad una nuova elezione, magari ricercando una maggioranza ampia e senza alcuna divisione manifesta nella sua organizzazione. La risposta fu una semplice e violenta invettiva nei miei confronti e una serie di improperi rivolti al suo omologo beneventano. Quella fu la terza e ultima volta che incontrai il De Vizia. Tutti sapete com’è finita”.
Della ricostruzione minuziosa dei fatti c’è ampia letteratura sulle pagine dei giornali cartacei e online. Ricostruzioni fatte dal direttore di Coldiretti Campania, dal rappresentante di CNA e dallo stesso candidato alla presidenza Mastroberardino. Non c’è alcun dubbio su tutta la vicenda, Bruno e il suo sodale di via Palatucci ad Avellino, hanno disatteso in modo plateale gli accordi che lo stesso Bruno aveva contribuito in modo determinante a costruire addirittura circa due anni prima. E sulla vicenda specifica vuole dire la sua lo stesso presidente Unimpresa: “Di tutto questo io sono venuto a conoscenza soltanto dopo la votazione di Bruno. Del resto la mia associazione non è mai stata invitata ad alcun tavolo per concertare la scelta della nuova governante camerale. Addirittura, sembra che un’organizzazione facente parte del tavolo, abbia più volte ribadito che Unimpresa non poteva essere invitata perché in quel caso sarebbe stato il gruppo più rappresentativo, potendo contare su ben 5 consiglieri. Con il senno di poi posso affermare che il tutto ha avuto dei pessimi attori, la mia vera responsabilità è nell’essermi fidato di Confindustria Avellino, di aver creduto alle millanterie di De Vizia e Bruno circa le scelte condivise della loro associazione sull’elezione di Bruno presidente. Vere e proprie bugie, ma di quelle meschine, fatte da persone irresponsabili che solo dopo ho potuto capire che erano guidati esclusivamente da una smisurata smania di potere e di sopraffazione sugli altri. Del resto la dichiarazione che ha fatto il giro di tutto il mondo delle rappresentanze italiano: ‘Non mi dimetto nemmeno se mi sparano’, da il senso ed il valore degli uomini che hanno recitato in questa pantomima da commedia dell’arte”.
Ricordiamolo, fu lo stesso Bruno, dopo le numerose dichiarazioni di sfiducia che arrivarono da tutte le parti, a fare quella sconsolante e inelegante dichiarazione, nessun dubbio, un vero scivolone incomprensibile da parte di un personaggio che fino ad allora la comunità locale conosceva come persona equilibrata e assennata. Del resto il senso del ridicolo viene evidenziato in modo divertente e sarcastico dal direttore Coldiretti Loffreda: “Non siamo un film western dove Bruno dagli occhi di ghiaccio si dichiara pronto a difendere il fortino contro l’assalto dei pellerossa…”, una vera e propria sceneggiatura da cabaret d’altri tempi, un gioco delle parti dove “il poverello di Grottaminarda, – ironicamente dichiara il presidente Unimpresa – come un novello redentore nato nella grotta dei generatori a gasolio, dichiara di portare sulle sue spalle tutti i peccati delle imprese irpine e sannite, e che lui è venuto al mondo solo per salvare l’intero comparto imprenditoriale delle aree interne della Campania dai peccati del lupo cattivo. Un vero demiurgo che assurge al compito immane di salvare il mondo delle imprese e non solo”.
La storia della Camera di Commercio Irpinia Sannio ricorda un poco quella di Sancio Panza e di Chisciotte della Mancia, due folli che si aggirano per la Spagna del tempo, dove attenzione il protagonista sembra più un Sancio che un Chisciotte, e dove i due attori non possono essere definiti “pazzi” in senso clinico, ma aberranti da un punto di vista morale ed epistemico. In fondo Panza è un uomo disposto a credere alle follie del suo padrone, pur di raggiungere il governo di un’isola (che non c’è). Eppure la speranza del governo e dei suoi vantaggi è tale che fa perdere la capacità di discernere la fattibilità del progetto dalle speranze sul suo ottemperamento: difetta nel fine e nei mezzi.
Catauro non le manda a dire, sull’intera vicenda non è intervenuto fino ad ora, nessuna dichiarazione è seguita al commissariamento “ma ora è arrivato il momento – ha voglia di parlare il presidente di Unimpresa IrpiniaSannio – la sentenza del Tar Campania finalmente ci consente di riportare al Consiglio di Stato la documentazione nel suo complesso, cosa che non è stato possibile fare nella prima fase perché non in nostro possesso. Ora possiamo dimostrare che non essendoci stati, nella seduta del 6 marzo, ‘disordini che conducevano il presidente a sospendere la seduta e poi a dichiarane la chiusura’ come motiva il TAR la sua decisione di rigetto, ci consente finalmente di dimostrare la verità sulla ricostruzione dei fatti. La verità su quanto accaduto è nei documenti che ho potuto consegnare alla Procura della Repubblica di Avellino, ove a nostro avviso (e non solo) si rileva una incongruenza evidente tra quello dichiarato da Bruno alla Regione Campania e quello realmente accaduto, certificato da una registrazione audio in possesso della stessa Procura. Del resto, visto che la decisione del TAR si basa su quanto erroneamente dichiarato da Bruno, sarà agevole ribaltare le argomentazioni ora che siamo in possesso di tutta la documentazione e che non potevamo presentare al TAR Campania solo per una semplice questione di tempi”
Il presidente Unimpresa sembra sicuro di se, del resto le argomentazioni sembrano credibili e circostanziate, è evidente che se i motivi del commissariamento si basassero (tutto da verificare) su delle false dichiarazioni riportate alla Regione Campania, a detta del Catauro, allora le cose potrebbero trovare una strada decisamente imprevedibile. Il fatto che sia stato chiesto un atto di verifica alla Procura di Avellino sulla vicenda, qualche dubbio sulla parola fine è necessario avanzarla.
Ma un’ultima dichiarazione il presidente Catauro vuole all’ex presidente della Camera di Commercio: “Ma il vero motivo di quanto successo sta anche nella superficialità dello stesso Bruno. L’uomo che ha creduto di essere lui stesso il commissario incaricato di trasportare la Camera Irpinia Sannio sulle rive della sua organizzazione, ha dimostrato quanto fosse debole la sua conoscenza delle leggi e soprattutto del buon senso. Ricordiamolo, il comportamento irrispettoso di Bruno nei confronti dell’intero Consiglio camerale, ha portato notevoli danni alla gestione della Camera Irpinia Sannio. In ordine: in violazione della legge e del regolamento i consiglieri non hanno potuto scegliere il loro Statuto, non hanno potuto decidere sul futuro di Valisannio, non hanno potuto avere i propri rappresentati presso l’ASI di Benevento; la Camera di Avellino e Benevento non è rappresentata né in Unioncamera regionale né in quella nazionale. La Giunta, come prevede la legge, non potrà scegliere il nuovo segretario generale. Bruno con il suo comportamento solipsistico ha creato danni irreparabili al territorio al mondo delle micro e piccole imprese irpine e sannite. Per questo chiedo a questa tipologia di rappresentanti, coscienziosamente di starsene a casa, avendo già fatto danni istituzionali irreparabili e inenarrabili”. È la conclusione di Catauro.