Per una rinascita, la Ferrini, che è sempre una bella notizia, c’è da registrare la mancata iscrizione di alcune realtà importanti. Si parla di calcio, quello aggregativo, il mondo dei dilettanti che, da sempre, ha rappresentato il valore aggiunto nei centri che aspettavano la domenica per fare il salto al campo e vedere gli amici giocare.
La pubblicazione dei gironi di Terza categoria viene vissuta anche con curiosità per capire chi torna nel calcio e chi no. E le sorprese non mancano, comuni che hanno due squadre, altri che non ne hanno.
Ma c’è da porsi qualche domanda quando a saltare sono realtà storiche che rappresentano un valore aggiunto per un intero territorio: Virtus Goti, Sporting Pietrelcina e, soprattutto, la Forza e Coraggio.
Se c’era qualche sentore per le prime due, le difficoltà economiche sono diventate insostenibili, per la terza resta l’amaro in bocca. Due anni fa in Eccellenza, adesso non c’è stata la possibilità, e forse la voglia, neanche di partire dalla Terza categoria. Stando alla parole del presidente Zigarelli resta una sola opportunità: un settore giovanile per mantenere la matricola.
Non entriamo nel merito delle decisioni, ognuno sa il perchè di un finale del genere e soprattutto la conclusione di ognuna delle tre ha origini diverse. La Virtus Goti il suo faro lo ha perso e forse, con Carfora al timone, sarebbe ancora ai nastri di partenza. Ma qualche domanda conviene farsela negli altri casi. Possibile che non ci sia stato qualche appassionato o imprenditore pronto a mantenere in vita una matricola così antica e vincente come quella della Forza e Coraggio?
Possibile che quella macchina perfetta custodita gelosamente da Massimo Taddeo negli anni d’oro (che ha provato a riavvicinarsi e poi si è defilato e questo doveva pur significare qualcosa, forse aveva annusato come sarebbe andata a finire), non abbia trovato un nuovo porto per ripartire dopo un paio d’anni di gestione che non hanno portato alla realizzazione di un progetto che è rimasto fermo su carta?
E qualche domanda va anche fatta sulla gestione di un calcio dilettantistico che sta diventando, neanche tanto lentamente, quasi professionistico con rimborsi spesa avvicinabili a stipendi. Conviene sparare cartucce così pesanti col rischio di durare qualche anno?
Risultato alla mano, la risposta è anche banale: no.
Non basterebbe un ‘mea culpa’ da parte di questi presidenti che, probabilmente, hanno fatto il passo più lungo della gamba o hanno accelerato una programmazione che, alla fine, si è rivelata un ‘harakiri’.
Presidenti che hanno pensato di poter entrare nella storia come i ‘primi’ in qualcosa e che, purtroppo, saranno ricordati per essere stati i protagonisti di un disastro, sportivo ovviamente.
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