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Scrive il segretario provinciale del Pd sannita Giovanni Cacciano:

“Domani sera a Paduli, ospiti del PD locale, dibatteremo anche del periodico tormentone «Molise-Molisannio-Sannio». A partire dal nome che, in questo caso, non è un dettaglio. Non lo è perché definisce anche il percorso immaginato, un’espansione dell’attuale Molise, con capoluogo Campobasso, da compiersi per via (legge) ordinaria, ovvero la nascita di una Regione realmente nuova per via costituzionale.

La prima soluzione la confinerei nell’ambito dell’ennesima boutade di Mastella, d’incanto divenuto desideroso di «staccarsi da Napoli» dopo aver dichiarato, in lungo e in largo, la sua «centralità» nelle vicende politiche campane, dalle elezioni della Città Metropolitana a quelle delle Province di Caserta e Avellino. Com’è noto, la forza dirompente di Noi di Centro ha prodotto «zero eletti» in tutti e tre i casi.

Tutt’altra cosa sarebbe, a mio avviso, cimentarsi nell’organizzazione di una Regione ex novo che, oltre al Molise e al Sannio beneventano, coinvolgesse ampi settori dell’Irpinia e il versante dauno della Puglia contiguo al Fortore. Quest’ultima ipotesi, oltre a superare il vincolo costituzionale del milione di abitanti sancito dall’art. 132 della Carta, traccerebbe un percorso verso un innovativo soggetto territoriale di ben altra rilevanza demografica, socio-economica e quindi politica.

Viceversa il «Molisannio», nei modi in cui è stato proposto, sarebbe una mera «annessione» dei comuni Sanniti alla regione Molise che, non a caso, resterebbe tale anche nel nome per evitare la legge costituzionale altrimenti necessaria.

Si tratta dell’ennesimo bluff in stile «Grande Centro» di cui ha favoleggiato a lungo e in largo il sindaco pro tempore di Benevento, inascoltato – ovvero non udito – dall’intero panorama politico nazionale.

Il centro (grande, piccolo o microscopico…) è evaporato con la rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Infatti, coloro i quali avrebbero dovuto essere i compagni di viaggio di Mastella, da Toti a Brugnaro, passando per Cesa e Renzi, sono tutti già ampiamente «collocati».

I primi tre nella coalizione di Destra-Centro, l’ultimo nel «campo largo» del Centrosinistra. Resta solo lui senza (fissa) dimora.

Peraltro, non sarà sfuggito ai più accorti che l’attuale schema elettorale, con il 37% di collegi uninominali e la necessità di alleanze tra partiti e movimenti di caratura nazionale, non conceda molto spazio a viandanti locali e partitini familistici confinati entro l’Epitaffio. In ogni caso non c’è spazio nel Centrosinistra. Sarebbe auspicabile non ve ne fosse nemmeno altrove”.