Benevento – Difesa granitica, attacco indolente. Sono due facce della stessa medaglia, punti di vista che si annullano confluendo in uno zero a zero che somiglia tanto a una pillola indorata. Il pareggio con il Parma non è un boccone amaro, non punge il palato e non causa indigestioni, ma lascia pensare. Siamo davanti a un’occasione sprecata? Sicuramente sì. Lo dicono la classifica mutata, il fattore campo, le difficoltà di un avversario fragile, che andava stuzzicato con più rabbia e sicuramente con una convinzione diversa nel condurre il gioco, operazione lasciata per troppo tempo in mano altrui. La Strega è ancora alla ricerca delle giuste misure tra un centrocampo timido e un attacco – almeno in fase di possesso – lasciato lì a vivacchiare come un corpo estraneo.
Il rebus che ha accompagnato la separazione con Lapadula e il conseguente arrivo di Forte terrà inevitabilmente banco finché non verrà fornita una soluzione plausibile. L’attaccante romano, per caratteristiche, necessita di un’assistenza diversa: più cross, meno profondità. Non è un caso che al primo traversone sia riuscito a fiondarsi sul pallone da vero squalo, prima che il Var cancellasse la sua esultanza (e qui ci sarebbe da aprire un discorso a parte, ma ci perdonerete: non basterebbe un trattato). Peccato che nei successivi 88 minuti di situazioni così non gliene siano più capitate. Anzi, di frequente è stato servito male. Con modalità più vicine a Gianluca Lapadula, appunto, che a uno come lui. Ha lottato, sgomitato, si è dato da fare, ma era oggettivamente difficile chiedergli di più. Non è uno da palla lunga e pedalare, gli manca lo spunto nel breve del peruviano.
Il Benevento deve dunque variare le soluzioni in ‘zona fantasia’ se vuole restare aggrappato al treno di testa. Non si ricordano iniziative degne di nota dei centrocampisti, maggiormente preoccupati alla copertura e all’interdizione che a velocizzare l’azione. Bene gli esterni, la cui spinta si è però esaurita al momento dell’ultimo passaggio, dell’innesco per chi di testa andrebbe a nozze.
Le rogne in fase di impostazione erano andate in letargo nel periodo d’oro della stagione giallorossa, quello coinciso con sei risultati utili consecutivi. E’ tornato, purtroppo, combaciando in parte con l’assenza di Viviani, giocatore che ha nelle corde qualcosa di diverso in cabina di regia: ricuce, detta il passaggio, raccorda i reparti e dà maggior libertà di azione agli interni Ionita e Acampora. Basta questo a tracciare la distanza con l’interpretazione data al suo stesso ruolo da Calò, mai nel cuore dell’azione se non sui calci piazzati. Dopo 21 giornate il triestino non sente ancora sua la squadra. E per un metronomo non è un dettaglio trascurabile.
Tornando ai soldoni, che sono quelli che nel calcio contano di più, il distacco dalla vetta e dal secondo posto è rimasto invariato, considerato che le prime tre della classifica hanno pareggiato. Allo stesso si registrano però i sorpassi operati da Cremonese e Frosinone, che hanno messo la freccia scavalcando i giallorossi, scivolati al sesto posto dopo aver raccolto la miseria di due punti nelle ultime tre partite. Un rallentamento che complica i piani di risalita e rende il prossimo confronto esterno con il Lecce una sorta di prova di maturità. Perché è vero che in questo momento guardare la classifica serve a poco, ma bisogna fare in modo che quando occorrerà farlo non sia la delusione il sentimento prevalente.