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Scrive Pasquale Basile, vicesegretario del circolo Pd di Benevento: “Secondo una stima effettuata dal Settore Ambiente del Comune, ovviamente sconosciuta ai comuni mortali, servirebbero duecentocinquantamila euro per contrastare gli effetti della cocciniglia e per abbattere e sostituire i pini asseritamente a rischio d’imminente caduta.

Per quanto riguarda l’intervento terapeutico, necessario stando alle indicazioni della Regione, la spesa sarebbe però di circa 100 euro a pianta e quindi, a voler intervenire su tutte, occorrerebbero intorno ai 35.000 euro.

Una somma che il Comune di Benevento paventa di non avere a causa del solito dissesto, lo stesso che negli ultimi sei anni non ha però impedito incredibili sprechi di danaro pubblico a danno dei cittadini.

Avremmo allora un suggerimento per chi non è a conoscenza delle azioni messe in campo dall’amministrazione precedente, perchè tre anni fa impegnato a fare altro.

Per recuperare risorse si potrebbe cominciare ad esempio dalle spese inutili effettuate dal 2017 a oggi dal Settore legale del Comune di Benevento.

Come facilmente verificabile da atti pubblici e come dettagliatamente riportato, tra altri gravi fatti, in un’istanza di accesso agli atti e sollecito di opportuni provvedimenti  a firma di 12 stimati avvocati nonché contribuenti – protocollata al n. 79442 del 16/7/2021 e rimasta ovviamente inevasa – il dirigente del settore legale, nei ricorsi proposti contro il Comune innanzi al Tar per l’esecuzione di sentenze passate in giudicato afferenti pretese pecuniarie, è solito eccepire a mezzo di brevi e stereotipate memorie la sussistenza della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (ante 2017) e successivamente di dissesto. Un modus operandi che avviene, sostanzialmente, anche nelle analoghe cause innanzi al Giudice Ordinario, dove la difesa comunale si limita a far presente l’intervenuto dissesto e i connessi effetti di legge, ovviamente ben noti ai magistrati.

Il dissesto, infatti, per espresso dettato normativo è condizione preclusiva di azioni sino alla sua conclusione.

In tal modo, sulla base delle scontate pronunzie sospensive o estintive del giudizio per sopravvenuta improcedibilità vengono elargite somme cospicue e manifestamente sproporzionate rispetto al “pregio” dell’attività svolta e alla complessità, bassissima, della causa.

E tuttavia, com’è noto a chi opera con e nelle pubbliche ammnistrazioni e come anche il solo buon senso suggerirebbe, per segnalare al Tribunale l’avvenuto dissesto – cui consegue automaticamente l’estinzione del ricorso ma non del debito, basterebbe il solo deposito telematico della delibera di dichiarazione del dissesto.

Inutile dire che i suddetti compensi – che, è bene ricordarlo, si aggiungono al già ottimo stipendio – vengono corrisposti in tutti i tipi di controversie sulla base di parcelle determinate dagli stessi legali interni, secondo i soli parametri matematici del valore della causa e della misura media, con visto di congruità dei legali medesimi.

Tanto per avere un’idea, basta citare, tra i tanti, il ricorso innanzi al Tar Campania n. 5888/2015 R.G per l’esecuzione di una sentenza del 2013 recante la condanna del Comune al pagamento di una somma di euro 1.270.944. Nell’ambito di tale ricorso, per due pleonastiche memorie, l’una di quattro e l’altra di tre paginette, i cittadini beneventani hanno versato al proprio avvocato, nonché dirigente del settore legale, la somma complessiva per compenso e accessori di euro 23.955.

 Euro 23.955 liquidati in due tranche con determina n.81 del 6/6/2019 (euro 6.388) e prima ancora con determina n.117 del 20/2/2017 (euro 17.567!), firmata, incredibilmente, dallo stesso dirigente.

Inutile dire che il credito oggetto della suddetta controversia è stato ovviamente inserito nella massa passiva con deliberazione dell’OSL 1519 del 21/21/2021 per un importo addirittura doppio, calcolando rivalutazione e interessi!

In pratica, il dramma del dissesto si è trasformato in una fonte di ulteriori, ottimi e agevoli guadagni, costati a noi poveri dissestati cittadini. Decine di migliaia di euro che, al contrario, potevano essere risparmiati e utilizzati in ben altro modo.

Una situazione ancor più paradossale ove si pensi che agli avvocati del libero Foro – a quei pochi, soliti “fortunati” cui spesso il Comune comunque si affida per le questioni più delicate e complesse – viene invece elargito un compenso standard abbondantemente al di sotto dei minimi tariffari e, quindi, per nulla rispettoso dell’equo compenso prescritto dalla legge a tutela del lavoro e della dignità professionale.

La Corte dei Conti, com’è noto, prescrive per gli enti pubblici, e ancor più per quelli dissestati, il ricorso ai legali esterni come eccezione, laddove la regola è l’utilizzo di quelli interni  allo scopo di risparmiare ed evitare sprechi.

Nel Comune di Benevento, invece, viviamo il paradosso che si spenderebbe infinitamente meno ricorrendo ai legali esterni! 

Tutto in beffa e a danno della comunità, per le cui attività prioritarie e importanti vengono invece sempre imposti tagli e disservizi.