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La storia, questa volta, gli ha dato merito. Marco Baroni è riuscito laddove con il Benevento aveva fallito. Il destino gli ha concesso un’altra occasione a tinte giallorosse e questa volta il tecnico toscano è riuscito a condurre alla salvezza il Lecce.

Un traguardo tagliato domenica scorsa, grazie al successo arrivato oltre il centesimo minuto grazie al calcio di rigore trasformato da Colombo. Al triplice fischio Baroni è crollato in ginocchio, spiegando poi che il primo pensiero è andato a papà Enio, scomparso da pochi mesi. Un’immagine che non è certo passata inosservata, per un tecnico che ha ritrovato in Salento la sua dimensione, quella assaporata nel Sannio fino all’esonero.

In un’intervista a La Gazzetta dello Sport, lo stesso Baroni ha rimarcato le differenze tra l’avventura alla guida del Benevento e quella attuale con il Lecce. “Due esperienze bellissime. A Benevento mi chiamarono in B e segnai un premio salvezza. Andammo in A. Con un bel mercato fatto da un grande presidente, poi andò male perché la squadra era davvero debole”, sono state le parole del tecnico alla ‘rosea‘, “a Lecce c’è una società che ha più anni di esperienza in A, una bella società e un uomo come Pantaleo Corvino”.

Meriti, dunque, a Oreste Vigorito ma soprattutto a Pantaleo Corvino, il dirigente di Vernole che ha costruito un Lecce capace di salvarsi al suo primo anno di serie A dopo la promozione targata Baroni. L’uomo che, probabilmente, era mancato a quel Benevento, troppo inesperto e acerbo per riuscire nell’impresa.