Benevento – Che dietro gli incendi di quelle autovetture a Benevento e nel circondario ci fosse la mano di uno o più malviventi i carabinieri lo avevano scoperto sin da subito, ma hanno dovuto lavorare pazientemente per mettere a posto ogni tassello e costruire un solido castello accusatorio, anche grazie ad intercettazioni telefoniche e ambientali. Un’indagine certosina condotta dai militari del Nucleo operativo della Compagnia di Benevento, che ha consentito di scoprire l’esistenza di un gruppo criminale che negli ultimi due anni si era mosso pericolosamente in città e in alcuni comuni limitrofi come Sant’Angelo a Cupolo, San Nicola Manfredi e non solo, compiendo raid, minacciando cittadini e dedicandosi allo spaccio di droga.
Un’inchiesta che ha portato a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Gip Gelsomina Palmieri, eseguita la scorsa notte dai militari dell’Arma che ha prodotto sei arresti. (leggi qui)
Luci puntate su due atti incendiari: uno nella notte del 13 maggio 2020 quando fu avvolta dalle fiamme una Fiat Panda e successivamente, il giorno dopo, quello dell’autovettura di proprietàdi una donna del posto, una Citroen C3. Ed è proprio dagli autori dei roghi che i militari riescono ad individuare una vera e propria attività di spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel mirino degli inquirenti finisce Roberto Barricelli, un 36enne di Ceppaloni, accusato di aver incendiato la Citroen C3 solo perché il titolare dell’autovettura avrebbe osato parlare dei suoi affari in giro. In una conversazione con la sua fidanzata Barricelli dice: “Ora mi faccio un paio di giri e vedo com’è la situazione” nonchè “se non sta gente, rischio subito a volo!”. E poi ancora alla fidanzata: “Ora senti le sirene tra poco, ninò…ninò”, così confermando di aver compiuto il gesto delinquenziale. In un’altra conversazione raccolta in ambientale con una persona rimasta ignota l’uomo esclama: “Ora incendiamo un’altra macchina”.
L’inchiesta sulle auto incendiate ha permesso ai militari di rilevare anche una fiorente attività di spaccio di sostanze stupefacenti gestita da più soggetti. Una piazza di droga capace di soddisfare ogni tipo di richiesta: eroina, cocaina, marijuana, hashish e crack al prezzo variabile di 80 euro ad un minimo di 10 euro. Gli scambi avvenivano tramite appuntamento, dopo aver concordato il luogo tramite contatto telefonico. Nel corso delle operazioni, a uno degli indagati, Luca Senneca, sono state rinvenute anche notevoli somme di denaro in contanti: 2100 euro occultati in camera da letto e 7400 euro occultati a bardo di una Renault Clio, tutte banconote di piccolo taglio ritenute essere il provento dell’attività di spaccio.
Anche nel corso di molteplici conversazioni tra un terzo indagato, Alfredo Mucci, e un suo cliente, sono emersi riferimenti allo spaccio di droga dove la sostanza veniva chiamata con modalità criptica e definita “cannoline buone… e cannoline non buone”.
Grazie a delle intercettazioni ambientali in un’Audi A4 tra Osvaldo De Cristoforo e Gildo De Luca i militari hanno capito dell’elevata quantità di sostanza stupefacente che spacciava la banda. In particolare in una conversazione tra i due si faceva riferimento ai pagamenti ricevuti, indicando i relativi importi agli acquirenti. Inoltre i due indagati commentando la quantità di droga in loro possesso rispetto a quella smerciata da altri soggetti dicevano: “27 grammi è un pezzo, la sera avevamo finito i 27 grammi in una sola giornata. Secondo me è un record di tutti i tempi”.
Nelle conversazioni i due indicavano anche un laboratorio (un appartamento di fronte l’abitazione di De Luca) dove la cocaina veniva “aperta” e mischiata con la mannite, tanto che “brillantinava“, “luccicava“, così dicevano. Due clienti, in un’altra conversazione, riferivano: “Siamo andati da Gildo, al laboratorio, ci siamo fatti una taccaratona esagerata”. Poi commentando: “Gildo sta messo bene a livello di fumaggio…mi volevo prendere un 10 euro di erbaccia, l’ho assaggiata settimana scorsa… è leggera”. E un altro ancora: “Ho acquistato la droga da Osvaldo detto Swarosky”.
Poi emergono anche alcuni “consigli” su come trattare i clienti: “Non devi avere pietà quando vedi la roba, non li devi trattare bene, devono capire che devono portare i soldi, altrimenti non ti do niente e si mettono paura e fanno i cagnolini”.
Conversazioni e intercettazioni che sono apparse agli inquirenti particolarmente significative dell’indole criminosa degli indagati. Un’inchiesta che ha portato all’arresto di sei persone, che in attesa degli interrogatori di garanzia per l’udienza di convalida degli arresti, restano ai domiciliari.
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