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Angela Izzo, nata a Cautano, è la protagonista principale del nuovo romanzo di Antonio FranchiniIl fuoco che ti porti dentro’, definito da molti il libro dell’anno. Un romanzo spiazzante quello dello scrittore napoletano, che sta facendo scalpore nelle ultime settimane, e che racconta la vita e la morte di Angela, una genitrice che odiava molte cose e persone. Una donna dal carattere impossibile. Questa donna era la madre dell’autore.

Il romanzo-memoir – così lo definisce l’editore Marsilio – di Franchini è un’indagine nella vita, nelle passioni e negli odi di una donna, alla ricerca di una spiegazione possibile. La forma è quella della commedia, il contenuto quello della tragedia. Il libro comincia come una lunga, appassionata, viscerale, dolorosa invettiva dell’autore contro la propria madre per poi rivelarsi uno struggente atto d’amore. Il modo con cui l’autore scrive e descrive Angela fa intendere da subito che il rapporto con la madre fosse travagliato e conflittuale. Franchini nell’incipit del libro esprime il suo disprezzo verso la donna: “Benché da molti sia considerata una bella donna, mia madre puzza”. E aggiunge: “Mi chiedo quanto abbia pesato su di me che l’odore di mia madre fosse una puzza e quanto abbia contribuito a un’avversione che dura da sempre”. Poi qualche pagina più avanti: “La detesto da sempre, da quando la mia vita ha cominciato a staccarsi dalla sua”. Angela entra in scena nel romanzo recitando: “Io mi chiamo Angela Izzo. Sono nata a Cautano, un piccolo paese in provincia di Benevento. Discendo dagli antichi Sanniti e appartengo alla razza degli sgherri. A me me piace: il peperoncino, la frittura di pesce, alghe e cecenielli, i panzerotti e le paste crisciute, l’aglio e olio, e la cipolla, gli spaghetti a vongole, il ballo, ‘o pecorino, i gamberi, le alici e le triglie, le cozze, la pizza, la lingua latina, il colore giallo”. 

La storia parte dalla provincia di Benevento. Il padre di Angela, il nonno del narratore, si trasferì a Napoli da Cautano per diventare uomo di fiducia in una ditta tessile, ma nel 1943 il ragionier Izzo muore a causa di una tubercolosi. La moglie, nonna di Franchini, una donna “cattiva e razionale” e le due figlie, una è Angela “irrequieta e rabbiosa”, restano sole e alzano un muro contro il mondo: “Sopravvivere è il loro unico fine”. Angela e sua madre fanno la faccia feroce al prossimo, e mentre si danno e danno di troia e di puttana a tutto spiano “pensano solo al male, immaginano solo il male”. Poi c’è il padre dell’autore che è l’opposto della madre (della quale è più vecchio di una ventina d’anni). Il padre non è sceso dalle montagne del Sannio, non ha origini ‘sgherre’. È un uomo di gran classe, un impeccabile professionista. Un uomo forte, ma sta “a suo agio nella solitudine, nel silenzio, in attività ripetitive che riparano le voragini che ha dentro”. Franchini cerca la via della fuga da casa fin dai suoi 19 anni. Lo stesso non riesce alle sorelle, in particolare a una delle due, più mite e sottomessa, praticamente devastata dal carattere materno: “Dicono dei padri che violentano le figlie, ma io ho visto Angela violentare la mia prima sorella. Annientarla, un giorno dopo l’altro”. Alla fine della storia Angela in vecchiaia, vedova, si trasferisce a Milano, in un piccolo appartamento adiacente a quello del figlio, che scrive: “Sono andato via di casa a diciannove anni per non vederla più, ho vissuto lontano decenni per mantenere, a distanza, un rapporto formalmente decoroso, poi il destino, che ha spesso il talento di predisporre le cose nel modo peggiore, ci ha riunito. Del Nord non ha visto molto oltre il giardino condomi­niale, ma le basta per schifarlo, anche se è stata lei a voler­ci venire. Concorde in questo con lo spirito del nostro tempo, non solo non teme la contraddizione ma disprezza la coerenza”.