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“La Gesesa Spa ha negato al Comitato sannita Abc l’accesso agli atti, richiesto per capire se tutto quanto si doveva fare per la corretta gestione del servizio idrico è stato fatto. È un atto gravissimo che dimostra l’arroganza del gestore ed impedisce ai cittadini di sapere se le perdite delle reti colabrodo potevano essere ridotte al minimo. La convenzione del 1992, scaduta da due anni, prevedeva in caso di inadempimento contrattuale degli obblighi assunti da Gesesa (allora Beneventana servizi) la risoluzione del contratto. La società aveva 6 mesi per provvedere ed invece sono passati 32 anni e non sappiamo se e cosa è stato fatto”. Così in una nota Giovanni Seneca del Comitato Sannita Acqua Bene Comune. 
“Il Comitato sannita Abc, associazione a difesa dell’acqua pubblica, ha il diritto di ottenere – aggiunge – dati ed informazioni, a nome dei cittadini rappresentati e dell’interesse collettivo, relativi ai 3 obblighi fondamentali per la corretta gestione del servizio. In particolare avevamo chiesto gli atti relativi a 3 cose:
1) di sapere se Ge.se.sa. Spa ha completato l’attivazione della nuova rete idrica e disattivato la vecchia rete con spostamento delle vecchie alle nuove condotte;
2) di conoscere se Ge.se.sa Spa ha provveduto all’installazione di idonee apparecchiature di misura e telecontrollo degli impianti, al fine di individuare prontamente le perdite di rete e ridurre la dispersione idrica;
3) di conoscere se la Ge.se.sa. Spa si è dotata di un laboratorio gestionale interno per le analisi delle acque che le consentisse di controllare i fattori che possono influire sulla qualità delle acque.
Non abbiamo avuto alcun dato o informazione, ma soltanto un’evasiva risposta in cui si dice che le nostre richieste non riguardano “atti di pubblico interesse”, si riferiscono ad un rapporto contrattuale e non a ragioni d’interesse della collettività. Ma se l’acqua non è d’interesse pubblico, che cosa lo è? Inoltre si trattava di sapere se una determinata attività tecnica o amministrativa è stata compiuta o meno. Fatti e atti che o esistono materialmente o no. La Gesesa, trinceratasi dietro cavilli giuridici, non ha affatto risposto, dimostrando così che l’acqua è “cosa loro” ed i cittadini non hanno diritto di conoscere gli atti pubblici che riguardano il bene più prezioso di cui disponiamo. Queste sono le conseguenze della gestione privatistica in totale disprezzo del referendum del 2011. A questo punto non abbiamo più bisogno di risposte, perché a parlare è il silenzio della Gesesa e del comune di Benevento (che ha l’obbligo di controllarne l’operato), facendo pensare che nulla è stato fatto.
1) Non è stata sostituita completamente la vecchia rete idrica e quindi i disagi patiti a causa dell’interruzioni di quest’estate sono causati da un grave inadempimento del gestore;
2) non è stata installata nessuna apparecchiatura di telecontrollo e se è stata installata non è dato sapere se è funzionante per individuare prontamente le perdite, che si avvicinano al 60% dell’acqua immessa in rete con enorme spreco della risorsa;
3) non vi è nessun laboratorio interno per monitorare la qualità dell’acqua; se fosse stato istituito non ci saremmo bevuti per anni il tetracloroetilene.
Ed intanto Acea/Gesesa continua a gestire senza titolo, mentre la politica persevera nella privatizzazione con Sannio acque, bocciata 3 volte dalla corte dei Conti. La pessima gestione del servizio idrico impone le immediate dimissioni dell’intero consiglio di distretto dell’Eic e del presidente della Gesesa Spa. Cos’altro deve succedere per dimostrare la gestione fallimentare del servizio idrico nel Sannio?”.