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Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Acqua Bene Comune – Comitato Sannita, in merito alla proroga della concessione della gestione dell’acqua alla società Gesesa.

 

“Non c’era bisogno del parere del Collegio dei revisori dei conti per comprendere quello che stiamo gridando da tempo: la proroga della concessione del servizio idrico integrato a Gesesa non può essere concessa, perché la Spa è controllata dalle multinazionali e non dal pubblico. Le lettere del presidente Mascolo non spostano di una virgola il problema, perché non hanno alcun valore giuridico: il soggetto inadempiente non può legittimare il Comune. L’unica strada per affidare l’acqua ai privati era la gara d’appalto che il Comune non può fare e l’Ente idrico non ha fatto. Adesso il tempo è scaduto e le pezze a colori sono pericolose.

Ci auguriamo che ci sia nessun consigliere comunale sprovveduto a tal punto da approvare una proroga tecnica, fosse anche a termine di un anno, in quanto si esporrebbe a grosse responsabilità: “una volta che il contratto scada e si proceda ad una proroga non prevista originariamente, o oltre i limiti temporali consentiti, la stessa proroga deve essere equiparata ad un affidamento senza gara” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1521/2017) . Il Comitato Sannita Acqua Bene Comune non canta vittoria, perché in questa triste vicenda non ha vinto nessuno, ma ha perso tutto il Sannio.Il 70% dei finanziamenti del PNRR per le reti idriche colabrodo sono perduti e ci si prepara a perdere anche quelli di ottobre senza gestore unico,vanificando cosìla possibilità di una gestione pubblica, efficace ed efficiente.

La delibera che si vuole approvare mercoledìè fondata su tre grosse bugie.

In primo luogo, la Gesesa non può sospendere l’erogazione del Servizio perchè l’appaltatore deve garantire l’espletamento del servizio alle stesse condizioni contrattuali fino al subingresso del nuovo aggiudicatario  (art. 106, comma 11, del D.Lgs. n. 50/2016 – Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 10/02/2022, n.891).Lo stesso presidente di Gesesa nell’intervista a Lab Tv ha ribadito che, pur senza concessione, non potrebbe esserci interruzione del servizio. La seconda bugia è che la proroga tecnica è ammessa entro la fine dell’espletamento della Gara d’appalto: non è stata bandita nessuna gara d’appalto, che doveva essere avviata prima della proroga (Parere Anac AG n. 33/2013) e che richiederebbe almeno 18 mesi di tempo per il suo espletamento.  La terza bugia è che il Comune non ha alcuna responsabilità in questa vicenda. È vero,l’Eicaffida, per ogni Ambito distrettuale, la gestione del Servizio idrico integrato al soggetto gestore, pero “sulla base delle indicazioni di ciascun Consiglio di distretto” ai sensi dell’art 8 comma 1 lettera b) legge 15/2015. Il Consiglio di distretto è composto anchedai consiglieri comunali in rappresentanza delcomune di Benevento, che nulla ha fatto per proporre la forma di gestione. L’unica cosa che ha pensato di fare la precedente amministrazione Mastella è stata quella di prorogare la durata di Gesesa sino al 2050, cercando di aggirare l’ostacolo, ma senza raggiungere alcun risultatoperché i nodi sono tornati al pettine.

Occorrerebbe adesso un passo indietro e ripartire da percorsi condivisi tra maggioranza ed opposizione,per costruire in tempi rapidi una gestione totalmente pubblica conforme al referendum del 2011, con l’esclusione totale di Acea dai nostri territori, che sinora non ha portato alcun beneficio. Occorrerebbeche il sindaco Mastellasi aprisse a quelle istanze popolari  che avevano chiesto il referendum comunale,ma che invece ha preferito affossare. L’acqua è la ricchezza più importantedi cui disponiamo e da essa può ripartire il rilancio dei nostri territori. La politica non può abdicare dal suo ruolo di governo lasciandola nelle mani dei privati.Le vicende del ponte Morandi e della gestione sanitaria durante il covid ci dicono che il mito degli anni 90 del privato panacea di ogni male,è oramai al tramonto. Il cattivo esempio di Alto Calore Spa, la cui struttura societaria non risponde al dettato del referendum del 2011, non deve trarre in inganno, perché è il frutto della peggiore politica che ha trasformato Acs in un ufficio di collocamento per alimentare serbatoi di voti e non le cisterne dell’acqua di cui l’Irpinia è ricchissima. Un modello possibile da seguire è quello di Napoli Acqua Bene Comune, azienda speciale di diritto pubblico che ha messo in campo una gestione sana, efficiente ed economica, che costituisce un  modello per tutta la nazione, studiato anche all’estero. Il Sannio, che dispone della materia prima in abbondanza grazie anche all’invaso di Campolattaro, non può permettere che le multinazionali francesi vengano ad investire nel Sud Italia, dopo che a Parigi ed in altre città d’oltralpe si è tornati al pubblico. La nostra non è mera ideologia, né tantomeno espressione di ambizioni di carriere politiche. La Laudatosi’ di Papa Francesco ci insegna che il diritto all’acqua è una parte fondamentale del diritto alla vitae da esso dipende l’esercizio di altri diritti fondamentali,soprattutto per i più poveri. L’acqua deve stare fuori dalle logiche di mercato. Difendiamola con i denti e non permettiamo a nessuno di privarcene”.