Estorsione, caporalato e indebita percezione di erogazioni pubbliche. Nei guai un Istituto di Vigilanza operante a Cosenza, ora confluito in un’altra società con sede ad Avellino. Partendo da un controllo amministrativo effettuato nel 2021 dalla Questura di Cosenza nei confronti della società, i finanzieri e i poliziotti di Cosenza hanno scoperto che che la stessa aveva dato vita a un sistema imprenditoriale connotato dalla riduzione dei diritti dei lavoratori, costretti ad accettare condizioni di lavoro inique al fine di preservare il proprio posto di lavoro.
Le attività di indagine, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, sono state svolte dalla Squadra Mobile di Cosenza, dai militari del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza e della Aliquota del Corpo della Sezione di Polizia Giudiziaria nonché da personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dell’INPS di Reggio Calabria. L’attività ha avuto origine da un controllo amministrativo effettuato nel 2021 dalla Questura di Cosenza nei confronti dell’Istituto di Vigilanza cosentino, successivamente acquisito da altro Istituto di Vigilanza con sede in Avellino.
Le attività tecniche, l’esame della documentazione contabile e l’assunzione a sommarie informazioni dei lavoratori hanno consentito di ricostruire in maniera compiuta un sistema imprenditoriale connotato dalla riduzione dei diritti dei lavoratori, costretti ad accettare condizioni di lavoro inique al fine di preservare il proprio posto di lavoro. Alle guardie giurate nel corso di incontri tenuti alla presenza dei rappresentanti legali della società e di un rappresentante sindacale, veniva proposta una sorta di accordo transattivo finalizzato ad accettare meno di un decimo del credito vantato nei confronti della società derivante da straordinari non pagati, ferie e riposi non goduti nonché altri emolumenti comunque non corrisposti. In caso di eventuale mancata sottoscrizione dell’accordo proposto venivano prospettati successivi disagi ai lavoratori, minacciati anche di trasferimenti in altre sedi in Italia.
Inoltre, l’esame della documentazione acquisita ha consentito di verificare che l’Istituto non ha corrisposto regolarmente retribuzioni, dal 2016 al 2021, ed evaso i conseguenti contributi per un valore complessivo di circa un milione e mezzo di euro e che la società, negli anni 2020 e 2021, ha beneficiato di circa 470.000 euro di sgravi contributivi conosciuti come “Decontribuzione Sud”.
Tale agevolazione, fondata su un regime di c.d. “condizionalità”, in modo da “premiare” soltanto le aziende che rispettano determinate condizioni imposte per legge che nel caso risultano venute meno in ragione delle condotte illecite sopra contestate commesse in danno dei lavoratori e consistite nella mancata corresponsione di quote importanti di retribuzione nonché nella mancata concessione delle ferie spettanti.
L’esito delle complessive attività svolte consentivano quindi di acclarare nei confronti di 3 rappresentanti legali delle società bruzie ed irpine nonchè di un rappresentante sindacale, episodi di estorsione, caporalato ed indebita percezione di finanziamenti pubblici, e nei confronti dell’Istituto di Vigilanza irpino si configuravano violazioni del Decreto Legislativo 231/2001 (Responsabilità amministrativa da reato).
Il G.I.P. presso il Tribunale di Cosenza, in accoglimento della richiesta dell’Ufficio di Procura, ha quindi emesso una Ordinanza di applicazione di misure cautelari interdittive nei confronti dei tre rappresentanti legali.
Nella giornata odierna personale del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza e della Questura di Cosenza stanno notificando, ad Avellino e Cosenza, nei confronti di due degli amministratori la misura interdittiva del divieto di contrarre con la P.A. per un anno e per il terzo la misura del divieto temporaneo di assumere uffici direttivi di persone giuridiche, sempre per un anno, nonché è in esecuzione, nei confronti della società idi vigilanza irpina, un sequestro del profitto del reato per un importo di 478.000 euro.