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Una delegazione delle ACLI irpine parteciperà domenica 10 dicembre 2023 alla Marcia della Pace e della Fraternità ad Assisi, nella Giornata Internazionale dei Diritti umani, in occasione del 75° Anniversario della Dichiarazione Universale del 10 dicembre 1948: una nuova Marcia della pace e della fraternità per fermare le stragi che continuano in tutto il mondo.

Conosciamo in anticipo quelle che saranno le critiche di chi ci accusa di essere anime candide che vivono fuori dal mondo, di chi ci accusa di non saper distinguere l’invasore dall’occupato, chi ha torto e chi ha ragione, di chi ci accusa di volta in volta di essere pro Putin, filo Hamas, antisionisti, antiquì e antiquà.

“A pochi giorni da questa nuova Marcia, convocata per ribadire “Basta, cessate il fuoco” ci poniamo ancora una volta due domande: La Pace è Marcia? Il concetto di pace è superato? A domande secche bisognerebbe dare risposte secche, ed io provo a farlo. Certamente la pace non è Marcia, o non solo Marcia, anche se i fulgidi esempi di Aldo Capitini e Martin Luther King hanno fatto sì che marciare sia diventato il modo più immediato e coinvolgente per manifestare e invocare la pace e la giustizia. Ma la pace, per coloro che aspirano a costruirla e non solo ad invocarla, è anche “alzarsi in piedi”, così come Don Tonino Bello esortava i convenuti all’Arena di Verona nel 1989. Rispetto alla seconda provocazione, direi invece che finalmente è superata l’idea che la pace sia l’assenza di guerra.

Per noi delle ACLI, e generalmente per tutti i credenti, la vera pace sta nello shalom biblico; questo riferimento aiuta a comprendere che operare per la pace nella giustizia e nella carità significa imparare a difendere e promuovere il dono creaturale della Libertà. Lavorare per la pace richiede di attivare occasioni, ma soprattutto prassi, processi, azioni, percorsi (forse da qui il marciare) che favoriscano vita buona, comunità solidali, rapporti di civile fraternità, nuova partecipazione attiva.

Per operare in pace e per la pace dobbiamo essere pronti ad abbracciare, nel concreto e nel suo significato più intimo, la cultura della nonviolenza, sempre e comunque. Allo stesso tempo, l’interdipendenza che ci lega gli uni agli altri ci ricorda che qualsiasi cosa accade a un uomo o a una donna, in qualsiasi parte del mondo, ci rende responsabili della sua sorte: ignorarlo significa alimentare quella violenza da cui deriva l’assenza di pace.

Oggi le armi continuano a tuonare in molte regioni del pianeta: dalla striscia di Gaza all’Ucraina, così come in Siria, in Afghanistan e nel cuore dell’Africa; la violenza rischia di essere considerata cosa normale e parte della quotidianità. Sempre più spesso a diventare teatro di inaudita violenza sono anche le mura domestiche; vengono inquinati i rapporti di prossimità e a pagare il prezzo più alto sono sempre i più deboli, le donne, gli anziani, i bambini.

Le cronache di questi giorni, ma di tutti i giorni, registrano che pace e giustizia sono scomparse; c’è posto solo per ruberie, malvagità, prevaricazione dei forti sui deboli. E’un quadro a tinte fosche che non consente di cadere nella rassegnazione, ma richiama la responsabilità di ognuno. Responsabilità è ciò che viene richiesto agli uomini e alle donne di buona volontà dall’attuale contesto e scenario planetario che ci consegna, come osservava Papa Francesco “una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”.

Il mondo è in pericolo; si continuano ad investire montagne di danaro negli armamenti e negli strumenti di morte e si aggravano ogni giorno di più i grandi problemi del nostro tempo: la miseria, la fame e la sete che affliggono milioni di persone, i mutamenti climatici, la criminalità organizzata, la corruzione, la mancanza di un lavoro “dignitoso”, la negazione dei diritti elementari ed essenziali. Si questi temi va oggi costruita una agenda di pace, esigendo una politica per il disarmo, perché i problemi non sono nemici da combattere con le armi, bensì con politiche di solidarietà e di welfare, di giustizia sociale, di redistribuzione, di cooperazione.

E’ una Agenda che vale anche per l’Italia, dove, nonostante la crisi, si continuano a costruire ed esportare strumenti di morte, sottraendo risorse al welfare, alla sanità, all’ambiente, ai beni culturali, ai salari.

Solo così si interpreta nella maniera più autentica e più fedele il dettato costituzionale, laddove si parla di ripudio della guerra e di sacro dovere di difesa della Patria per ogni cittadino.

E’ il percorso che abbiamo riavviato con la costituzione, anche ad Avellino e in Irpinia, della Rete Italiana per la Pace e il Disarmo che raggruppa un vasto numero di associazioni e d organizzazioni grandi e piccole che operano per la Pace nel nostro Paese, con le quali saremo ad Assisi il prossimo 10 dicembre.

ALFREDO CUCCINIELLO
Presidente delle ACLI Provinciali di Avellino