Luchè chi? Con lui sul palco, la città di Avellino inizia l’anno nuovo. Canterà subito dopo Antonello Venditti, dal palco di Piazza Liberà il 31 dicembre. A molti il nome Luchè non dirà nulla, forse pure ai giovanissimi il rapper non sarà troppo noto. Eppure si tratta di uno musicisti che, partendo da Napoli, ha fatto la storia della musica hip hop italiana.
Corre l’anno 1997 quando con l’amico Ntò fonda i Co’Sang.
Al duo basterà un solo album per affermarsi: Chi more pe’ mme. Racconti di vita che arrivano dalle periferie, pensieri e bassi pesanti, storie vere, vissute, vita vera cantata in dialetto napoletano. Niente a che fare con la musica trap di oggi: i due rapper non si atteggiano a spacciatori o playboy. Cantano quello che vedono, dicono in un brano, raccontano la strada in modo mai banale, non fanno della criminalità un vanto ma osservano le condizioni la vita delle persone normali, della povera gente, come il “sistema” non lasci loro altra scelta. Eppure, cantano i Co’Sang, c’è chi trova il coraggio di andare avanti secondo valori sani e genuini.
Nei loro testi si parla di tradimenti e amicizia, della passione per la musica che salva, del bisogno che spinge a sbagliare, della forza dei giovani, dello Stato che è assente. Uno Stato che interviene solo con la repressione e non con l’istruzione, con l’educazione. E così ai giovani non resta che imparare dai loro errori, dalla strada e trovare solo in loro stessi una visione di saggezza nella quale sperare.
Dopo questo album capolavoro, dal punto di vista dei testi e della musica, i Co’Sang ne pubblicano un secondo dal titolo Vita Bona. Sfornano diversi singoli di successo, diventano punti di riferimento per la scena hip hop nazionale, restando pur sempre underground, continuando a cantare nel loro dialetto. Nto e Luché però alla fine si dividono. Ognuno prende per la sua strada.
Continuano a produrre album di successo non lontanamente paragonabili. Entrambi restano due giganti dell’hip hop italiano, tra i migliori di sempre secondo molti.