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Due spettacoli imperdibili. Due location suggestive. Due diversi ensemble guidati da Erasmo Treglia. Una sola straordinaria notte consacrata alla Musica e alla Danza popolare declinata attraverso i suoni arcaici ed ancestrali della tradizione contadina dell’Appennino.

Tutto questo è “La Notte luminosa”, secondo appuntamento de “Le Sei Notti di Venere”, il festival di Danza e Musica popolare del Mediterraneo, organizzato dall’assessorato al Turismo del Comune di Avellino, con la direzione artistica del maestro Ambrogio Sparagna che invaderà i luoghi maggiormente identitaria del capoluogo facendoli vibrare sulle note e i ritmi del Sud del Mondo.

Dopo lo straordinario successo registrato ieri sera in via Matteotti dove, davanti ad un nutrito pubblico, come non si vedeva da anni, sono saliti sul palco i musicisti dell’Orchestra popolare italiana dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, guidati dal maestro Sparagna, e accompagnata da artisti d’eccezione come Toni Esposito, Peppe Servillo, Ziad Trabelsi e i Solisti di Montemarano, questa sera il Festival entra nel vivo con “La Notte luminosa”.

Si parte alle 19 nei labirintici Cunicoli longobardi con “I fiati dell’Appennino” la prima ensemble guidata dal polistrimentista Erasmo Treglia che, sfruttando il naturale riverbero dei camminamenti della Avellino Sotterranea, renderanno uniche le musicalità dei flauti a becco, degli armonici, delle ance semplici e battenti che ancora accompagnano le tante feste e i rituali nelle culture musicali tradizionali degli Appennini.

Si prosegue a Mezzanotte nella Cripta del Duomo con “Campus Stellae” dove Treglia, ricercatore e interprete storico della musica popolare italiana, e con lui alcuni compagni di cammino fra cui anche Ambrogio Sparagna, proporranno uno spettacolo originale dedicato alle antiche veglie sonore tipiche delle “notti luminose” degli Appennini in un concerto fuori dall’ordinario caratterizzato da canti sacri e suoni naturali per mettersi in ascolto in quell’ora speciale in cui, un tempo, i tanti viandanti dell’Appennino si avvicinavano al sacro, colorando l’attesa di voci e suoni di preghiera.