“Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia“. La tradizione popolare associa il giorno più corto dell’anno non al 22 dicembre, vero solstizio invernale, ma al 13 dicembre, Santa Lucia, il cui nome significa luce, dal latino lux. In alcuni testi si dice che la Santa è la protettrice di Avellino e di tutta la provincia irpina. Anticamente, per omaggiarla, i devoti preparavano, appunto, i vari cereali per poi regalarli alla gente della zona. Tale generosità rappresentava l’espressione del voto fatto a Santa Lucia per grazia ricevuta. Ossia un modo per compensare il beneficio avuto compiendo un gesto caritatevole nei confronti della comunità. Questa tradizione, si tramanda di anno in anno, di generazione in generazione e, di solito, questo piatto è preparato e condiviso con i propri cari. Ricordando odori e sapori della civiltà contadina che un tempo predominava nella verde Irpinia.
Il culto di Santa Lucia, ragazza di nobile famiglia siracusana, che pagò con la vita il rifiuto a sposare un pagano durante le persecuzioni di Diocleziano, si diffuse soprattutto nei paesi del nord Europa dove è festeggiata coome portatrice di luce in grado di mettere fine al lungo buio di quelle latitudini. Le sue spoglie mortali sono custodite nel Santuario di Lucia a Venezia. Il luogo di culto principale è la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro a Siracusa.
I Cicci di Santa Lucia rappresentano una delle più antiche tradizioni della cucina tipica avellinese. Un piatto, realizzato secondo la ricetta delle nonne, che nel giorno del 13 dicembre non può mancare in tutte le case. E’ antica usanza che il 13 dicembre, giorno della protettrice di Irpinia, in tutta la provincia, si mangi una zuppa a base di mais bianco, ceci, fagioli e grano. Un modo per rievocare il passato quando il giorno più corto dell’anno si offriva in dono alla santa questa pietanza per ringraziarla di qualche grazia ricevuta o per invocare un nuovo anno agricolo proficuo e abbondante.