“Fermatevi, Fermateli, Fermiamoli”. Con questo grido la “Rete per il disarmo e per la Pace di Avellino” ha organizzato un presidio davanti la Prefettura in Corso Vittorio Emanuele, come sta avvenendo in tante altri comuni di Italia, per mantenere alta l’attenzione sulla risoluzione del conflitto Israelo-palestinese, mai risolto negli ultimi decenni ma riesploso con violenza raccapricciante negli ultimi giorni con centinaia di morti, bambini compresi.
Nella città di Avellino, però come spesso accade, la risposta appare debole.
Nella Società 5.0 dove tutti, soprattutto attraverso i social network, esprimono il loro punto di vista tu ogni accadimento, compresa la guerra tra fermo dissenso, condanna a qualsiasi forma di violenza e anche interpretazioni antropologiche e sociologiche, alla chiamata a scendere in piazza danno “buca”.
Lo stesso vale per la parte politica-istituzionale: a Piazza Libertà si è visto solo il consigliere comunale Francesco Iandolo.
E’ questo, purtroppo, il vero dato che consegna il capoluogo irpino: la scarsa presenza ad una manifestazione che in questi giorni sta unendo tantissime piazza italiane.
Ad ogni modo resta importante e generoso lo sforzo della “Rete per la pace di Avellino” e di coloro che hanno risposto presente in piazza e hanno gridato la loro rabbia per quanto sta accadendo.
Pronta ad essere attivata la rete di raccolta di fondi e beni necessari da inviare, dalla piazza sono state rilanciate le quattro richieste non rinviabili: fermare questa escalation di violenza, riaprire il prima possibile i canali di aiuti umanitari, per richiedere il rilascio di tutti gli ostaggi e per la ripresa del processo di pace per restituire il diritto alla vita e alla libertà ai due popoli a partire dal riconoscimento di due stati.
“Adesso è però fondamentale – la richiesta dei manifestanti- richiedere di fermare la carneficina in atto e per questo abbiamo scelto tre declinazioni dell’unica parola d’ordine possibile e urgente”.