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In un Hotel de la Vile gremito dentro e fuori la Cgil irpina accoglie il Segretario nazionale Maurizio Landini, presente ad Avellino per lanciare la campagna referendaria che si svolgerà in una data tra il 15 aprile e il 15 giugno e che riguarderà quattro quesiti tra lavoro e cittadinanza.

Accolto dalla Segretaria provinciale Italia D’Acierno, da quello generale della Cgil Napoli e Campania Nicola Ricci e da delegate e segretarie delle categorie che sono intervenuti nel corso dei lavori, Landini si è concesso a microfoni e taccuini snocciolando tutti i temi caldi che sta vivendo il mondo del lavoro, sia a livello nazionale che locale.

“Il nostro voto è la nostra rivolta, non lasciare che gli altri decidano per te”- ha detto il Segretario Landini rilanciando la  sfida sugli investimenti per far ripartire l’economia del Paese. E i referendum, per Landini, vanno in questa direzione: “Se si raggiunge il quorum, perché questo è il nostro obiettivo: portare a votare più di 25 milioni di persone, il giorno dopo ci sono già dei risultati precisi perché vuol dire che 4 milioni di persone che oggi non hanno più la tutela dell’articolo 18 tornano ad averla e chi lavora in un’impresa sotto i 15 dipendenti, altri 4 milioni di persone, avrebbe di nuovo delle tutele contro i licenziamenti che oggi non ha”.

Tra le priorità per l’Irpinia Stellantis: “Ci sono gravi preoccupazioni, soprattutto nella zona di Napoli e anche ad Avellino. I sindacati stanno chiedendo da tempo un intervento, anche da parte della Presidenza del Consiglio, con la convocazione di un tavolo di confronto sui programmi di investimento.
Tuttavia, finora, questo non è avvenuto, e questo rappresenta un elemento di grande preoccupazione, poiché ci troviamo in una situazione in cui la potenzialità produttiva di un milione e mezzo di auto non viene utilizzata, e anche il 2024 si è chiuso con una produzione inferiore alle 400.000 unità. Ciò ha determinato l’attivazione della cassa integrazione e gravi difficoltà per il futuro. È quindi il momento di chiedere all’azienda, al gruppo, di fare quegli investimenti che finora non sono stati realizzati”.

Poi il tema del precariato:Anche dalla provincia di Avellino, come da altre aree del Paese, moltissimi giovani sono costretti a emigrare a causa di questi problemi. Purtroppo, questo non è un problema esclusivo di Avellino; se consideriamo i dati, vediamo che negli ultimi anni circa 500.000 giovani, molto spesso laureati o diplomati, hanno lasciato l’Italia per cercare opportunità altrove, dove possono realizzarsi e dove sono riconosciuti i loro diritti.
Questo è un problema serio, non solo a causa della scarsità di investimenti, ma anche per i livelli di precarietà che si sono instaurati nel nostro Paese. Non è un caso che, come Cgil, abbiamo raccolto le firme e nei prossimi giorni ci incontreremo con il governo per fissare la data di riferimento per il nostro obiettivo. Penso che le leggi e la logica che hanno prevalso negli ultimi 15-20 anni, ovvero quella che ha portato alla flessibilità estrema e alla precarizzazione del lavoro, abbiano prodotto l’opposto di quanto auspicato.

“Il modello di impresa basato sullo sfruttamento non solo sta impoverendo il lavoro, ma sta impoverendo anche il nostro sistema industriale- avverte il Segretario- Pertanto, il referendum che stiamo proponendo non è un semplice confronto politico, ma un modo per permettere ai cittadini, giovani e non, di esprimersi e di cambiare le leggi sbagliate, rivedendo la situazione in cui si trovano.
Il lavoro deve tornare al centro, insieme ai diritti, agli investimenti basati sulla qualità, sullo sviluppo e non semplicemente sul profitto. In sintesi, ciò che vogliamo dire è che è arrivato il momento di porre al centro l’attenzione sul lavoro e di abbandonare la logica fredda del profitto. A questo scopo, il referendum ha una sua validità”.

Quindi il monito al Governo nazionale: “Abbiamo bisogno di investimenti, lo stiamo dicendo chiaramente alla luce di quanto sta accadendo. Non abbiamo bisogno di discutere, come si sta facendo in Europa, di aumentare la spesa per le armi, ma di investire in lavoro, in innovazione, nell’intelligenza artificiale, in nuovi modelli di sviluppo. Abbiamo bisogno di investire nello stato sociale, per far funzionare la scuola, la sanità, per valorizzare il nostro territorio, per investire nelle infrastrutture, sia materiali che digitali.
È necessario muoversi in questa direzione. Il referendum che proponiamo ha queste caratteristiche e, banalmente, se raggiungiamo il quorum, ovvero se più di 25 milioni di persone vanno a votare, i risultati saranno immediati. Quattro milioni di persone che non hanno più la tutela dell’articolo 18 tornano ad averla; chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti avrà finalmente delle tutele contro i licenziamenti”.

Non da ultimo il tema delle morti sul lavoro: “Il nostro Paese continua a registrare 3 morti al giorno e 500.000 infortuni annuali, molti dei quali avvengono lungo le catene di appalti e subappalti, con lavoratori precari. Se il referendum passerà e raggiungeremo il quorum, il giorno dopo l’impresa che appalta non potrà più dichiararsi estranea alla responsabilità. Chi decide di appaltare o subappaltare un lavoro sarà ritenuto responsabile di quanto accade in queste catene.
Inoltre, se approvato, il nostro referendum consentirebbe a 2,5 milioni di persone che lavorano in Italia da anni e pagano le tasse di ottenere finalmente la cittadinanza. Quindi, i referendum che stiamo promuovendo non sono contro questo o quel partito o governo, ma sono una proposta per correggere gli errori di 15-20 anni di politiche sbagliate”.

Per Landini un altro tema fondamentale che deve essere affrontato, e su cui dice che il Governo Meloni sta fallendo, riguarda la tassazione: “Si continua a tassare il lavoro dipendente, le pensioni, e l’unica tassa che aumenta è l’IRPEF, che viene pagata al 90% dai lavoratori dipendenti e pensionati, mentre non si tassano adeguatamente i profitti e la rendita finanziaria.
Credo che questo sia un altro grande tema da affrontare per rilanciare l’economia. Senza gli investimenti, senza le infrastrutture, il lavoro non si crea, soprattutto nel Mezzogiorno. Penso che l’Europa stia discutendo di aumentare la spesa per le armi, ma sta prendendo i fondi destinati alla coesione sociale e a progetti di sviluppo. Questo è un errore che non possiamo accettare. È quindi fondamentale mobilitarsi per cambiare la situazione”.