La Casa rifugio per donne maltrattate “Antonella Russo” dopo sette anni dalla sua apertura e non poche difficoltà che ne hanno messo a rischio l’apertura, finalmente è pronta ad offrire una seconda possibilità alle donne vittima di violenza. Quella del loro inserimento del mondo lavorativo, al fine di sostenere la loro (ri)conquista dell’indipendenza economica e, quindi, la liberazione dal ciclo della violenza.
Muove da questo principio l’iniziativa presentata questa mattina al Circolo della Stampa dalla Demetra Soc. Cooperativa sociale rappresentata da Maria Rosaria Famoso, che nel 2016 ha attivato la Casa rifiugio nel Comune di Ospedaletto d’Alpinolo, dedicandola alla memoria di Antonella Russo, uccisa a 24 anni per mano del compagno violento della madre.
La mattina del 20 febbraio 2007, dopo che Antonella aveva accompagnato la madre sul posto di lavoro, l’omicida seguì l’auto della ragazza e in una contrada solofrana scese dalla macchina e esplose contro di lei sei colpi di pistola, due direttamente al volto, e quattro fatali.
Anni dopo l’apertura della struttura ad Ospedaletto Irpino che, nel complesso, ha ospitato 61 donne vittime di violenza dopo che faticosamente, sono riuscite a denunciare i loro compagni violenti fino ad essere costrette a scappare di casa con i loro bambini. Ad oggi nella Casa di accoglienza ci sono 4 donne con i loro bambini, di cui uno nato un mese fa proprio all’interno della struttura.
“In verità all’inizio abbiamo avuto non poche difficoltà a convincere le donne ad abbandonare il loro nucleo familiare, nonostante fosse diventato un inferno– ricorda Maria Rosaria Famoso- Non a caso in alcuni momenti c’è stata la possibilità che la Casa rifugio chiudesse. Anche perchè avevamo difficoltà anche nel riconoscimento della retta. Per forunta, e grazie anche sempre all’aiuto dell’amministrazione comunale di Ospedaletto che nel 2016 ci ha dato la struttura in comodato d’uso che abbiamo intitolato ad Antonella, siamo andati avanti.
Sul territorio irpino è cambiato anche il nostro inserimento nella rete tra pubblico e privato, da soli non si va da nessuna parte. Per fortuna è cambiato anche il percorso di consapevolezza e sensibilizzazione che resta fondamentale”.”
Di qui il progetto “Reama Reloaded”, cofinanziato dall’Unione Europea con i fondi CERV-2021-DAPHNE per accompagnare la donna all’autonomia anche attraverso la formazione e l’inserimento lavorativo.
I partner del progetto sono presenti in 8 regioni italiane, ovvero Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia.
“Il progetto- continua a spiegare la Famoso- indipendentemente dal sostegno alle donne vittime di violenza, sostegno che noi offriamo per mission, si pone un altro grande obiettivo, ossia quello che riguarda l’inserimento lavorativo, che è un passaggio successivo alla casa rifugio che accoglie le persone per sei mesi.
E’ chiaro che una donna che arriva in casa rifugio è quella donna che appartiene anche ad una situazione svantaggiata dal punto di vista economico, ma non ci può essere autonomia senza lavoro e senza abitazione“.