“Anche da morto continuerò a parlare”. Era una frase che Ciriaco De Mita amava ripetere a molti dei suoi interlocutori e che più di altre è stata citata oggi pomeriggio alla Camera durante la sua commemorazione. E dagli interventi in Aula si è capito a cosa volesse riferirsi il leader Dc scomparso lo scorso 26 maggio: il suo lascito, i suoi insegnamenti, sono tutt’altro che dimenticati. Così come sono ancora presenti le sue battute taglienti ma mai cattive e la sua “ingombrante” figura politica che da protagonista ha attraversato 50 anni della nostra storia.
Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, prima di dare la parola ai vari deputati – presenti in tribuna anche i familiari dello statista scomparso -, ne ha rievocato tutti i suoi incarichi, da presidente del Consiglio a parlamentare europeo, fino a quello di sindaco di Nusco, il suo paese di nascita, ricoperto fino all’ultimo giorno di vita. Molto sentito l’intervento di Gianfranco Rotondi – democristiano doc ora in Forza Italia – definendosi “uno dei tantissimi immessi nelle istituzioni dal presidente De Mita” del quale ha voluto sottolineare “l’impegno civile al riassetto delle istituzioni”. De Mita, per il segretario dem Enrico Letta, “ha inciso profondamente nell’evoluzione del quadro politico italiano con scelte coraggiose assumendosi sempre la responsabilità fino in fondo” che è caratteristica solo “dei grandi leader”. E come i grandi leader, ha riconosciuto Maria Soave Alemanno del M5s, “ci ha lasciati facendo politica fino all’ultimo giorno di vita”. “E’ stato un gigante della politica italiana, non solo per i ruoli istituzionali ma anche per quelli di partito”, secondo Gianluca Cantalamessa della Lega. U
n “protagonista appassionato” della politica dall’Irpinia ai vertici di partito e fino a Palazzo Chigi, ha stigmatizzato il capogruppo di Fdi Francesco Lollobrigida marcando la differenza di visione politica – “la storia di De Mita non è sovrapponibile a quella della destra italiana” – ma esaltandone la “capacità di dialogo” “in un paese dove l’avversario diventa troppo spesso nemico”. Per il presidente di Italia Viva, Ettore Rosato, De Mita ha avuto il pregio di saper “intrecciare futuro e memoria. Ci sapeva fare bene con le parole – ha ricordato – perchè ci sapeva fare bene con le persone”. “È stato non solo un politico, ma un indiscutibile intellettuale, rimasto sempre fedele alla sua storia, fautore del potere inteso come servizio alla collettività, interprete vero dei valori del cattolicesimo democratico, degli insegnamenti di Don Luigi Sturzo e di Aldo Moro e, a sua volta, maestro di politica per intere generazioni”, è invece il ricordo di un altro irpino come lui, Cosimo Sibilia di Coraggio Italia che con De Mita ha avuto “l’onore di condividere anche momenti privati legati alle nostre grandi passioni: la squadra dell’Avellino calcio ed il tressette”.
Il “miglior tributo” che si può dedicare a De Mita, ha detto Federico Conte di Leu, è “nella sua completa immedesimazione della vita nella politica” testimoniata – tra l’altro – con quel “rapporto ossessivo con la sua Nusco fino all’ultimo” istante di vita. Vittorio Sgarbi ne ha invece esaltato “la sua intelligenza”, la “sua dimensione ironica”. E la sua capacità a non uscire mai “dalla Prima Repubblica, l’unica che conosco e riconosco”, ha detto. E’ invece legata ai ricordi della “grande famiglia democristiana dispersa ma ancora famiglia” la commemorazione di Dario Franceschini che ha concluso l’omaggio dell’Aula a un “grande leader” che “è stato tante cose insieme: un uomo di partito e un uomo di Stato, un formatore di intere generazioni, un uomo colto e curioso”.
Che “ha tracciato la strada delle riforme, ha guidato al Dc aprendola all’esterno e ai giovani” e che trasformava le sue parole, ogni suo discorso in “una lezione: ha seminato tanto nella sua vita e dalla sua lezione – ha concluso il ministro con un passato nei giovani Dc – continueranno a crescere tante spighe di grano nuovo”.