Tiziana Guacci, segretario per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, racconta quanto è avvenuto nelle ultime ore nella struttura detentiva di Avellino: “Nel primo pomeriggio, di ieri presso la Casa Circondariale di Avellino, un detenuto di origine sudafricane, trasferito dalla CC di Santa Maria Capua Venere, per analoghi fatti, ha appiccato il fuoco nella propria cella, incendiando alcune lenzuola.
Intervenuto l’ispettore di Polizia Penitenziaria addetto Sorveglianza Generale, il violento detenuto ha, dapprima aggredito verbalmente il personale presente, per poi afferrare per la maglia l’ispettore accorso e strattonarlo violentemente.
In tale circostanza, subito il personale è riuscito a spegnere l’incendio evitando che le fiamme si potessero propagare nella cella, visto che il fumo aveva già invaso parte della sezione detentiva”.
La sindacalista evidenzia che “nella fase dello spegnimento, l’azione del detenuto ha fatto saltare il tubo dell’estintore che ha provocato la fuoriuscita di polvere all’esterno della cella, colpendo al volto le due unità di polizia penitenziaria intervenute. Gli stessi, insieme all’ispettore di sorveglianza generale, sono dovuti ricorrere alle cure dell’ospedale”.
Ironica e tagliente, Guacci denuncia che “nel frattempo, continuano i giri del Provveditore penitenziario campano, Lucia Castellano, che proprio nella giornata precedente aveva visitato l’istituto di Avellino. Non si comprende ancora quali iniziative siano state adottate dal Prap Campano e dalla Direzione, soprattutto a seguito dell’ispezione Dipartimentale che da quanto ci viene riferito ha trovato un disastro.
Assistiamo ancora ad una inefficace gestione amministrativa e disfunzioni generate, oltre che dalla carenza di organico nel ruolo degli Ispettori, da una cattiva distribuzione degli stessi, poiché molti sono impiegati negli uffici. Tale insostenibile situazione oltre ad incidere sulla sicurezza dell’istituto comporta ripercussioni e responsabilità sul ruolo agenti/assistenti che oramai vive una situazione di completo disorientamento ed abbandono”.
La denuncia del SAPPE è netta: “Nella giornata di ieri erano presenti in servizio solo circa 8 unità per 670 detenuti; e quello presente per giunta è stato costretto a svolgere turni di lavoro massacranti, sembrerebbe dalla mattina fino a tarda sera.
Motivo questo di grave stress ai danni dei poliziotti, alle prese con uno stato psico-fisico che si riverbera, peraltro, sulle rispettive vite familiari ed aumenta il rischio suicidario. ll personale di polizia penitenziaria della Regione Campania, nonostante le gravi difficoltà dovute alla carenza di organico e all’inerzia del Provveditorato continua, a garantire l’ordine e la sicurezza. Ormai la situazione è disastrosa in tutti gli istituti campani ed i vertici dipartimentali sono a conoscenza di tutto.
Siamo fiduciosi di interventi concreti e, se non dovessero esserci, siamo pronti ad azioni più significative al fine di ottenere sicurezza e tutela dell’integrità fisica e psichica della categoria. Nessuno può tirarsi indietro. Il sindacato ha il dovere di denunciare gli organi Superiori hanno il dovere di introdurre interventi concreti”.
Guacci da, infine, notizia che “sempre nella giornata di ieri, anche presso la Casa Circondariale di Salerno il personale di Polizia del settore colloqui ha mostrato la propria professionalità e abnegazione arrestando una donna che cercava di introdurre cocaina e circa 50 gr di hashish”.
Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, è necessario intervenire sulla carenza di organico, sulle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, sull’adeguamento delle risorse contrattuali e la dotazione del Taser e della tecnologia a supporto della sicurezza. Per questo evidenzia che “da tempo, come SAPPE, denunciamo le inaccettabili violenze che si verificano nelle carceri della Nazione: dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza”. Il leader del SAPPE evidenzia i problemi connessi alla gestione dei detenuti stranieri (“da espellere per scontare la pena nelle carceri dei Paesi di provenienza”), di quelli tossicodipendenti e degli psichiatrici, che non dovrebbero stare in carcere ma in Comunità adeguate: “La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta.
Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”. Infine, il leader del SAPPE ha ribadito la necessità “di potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato”. “Di fatti, secondo il Sappe, è proprio questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine e decine di migliaia di affidati”, conclude.