Benevento – La figura imponente e forte del vescovo Tonino Bello, a 25 anni dalla scomparsa, con la sua testimonianza ed il messaggio lasciato in eredità è stata rievocata oggi nell’ampia struttura del Centro la Pace a Pacevecchia per iniziativa dell’arcivescovo metropolita di Benevento mons. Felice Accrocca.
Mons. Bello, con il suo esempio di coraggio e di impegno in favore della pace, dell’accoglienza e contro ogni forma di emarginazione, è stato ricordato da mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente di Pax Christi, e da Mimmo Cives, suo medico personale che lo ha assistito nell’infausto decorso della malattia che lo ha prematuramente sottratto all’affetto ed all’ammirazione di tanti fedeli e di tanti cittadini anche non credenti. Il Vescovo salentino, per il quale è in corso la Causa di Beatificazione, è rimasto nel cuore di tutto per il suo disperato tentativo, postosi alla guida di un gran numero di volontari, di fermare in qualche modo la guerra che divampava nella vicina ex Jugoslavia agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, in particolare quando cercò in tutti i modi di fermare la atroce strage e la guerra civile in corso nella città di Sarajevo.
Mons. Accrocca ha ricordato come don Tonino abbia lasciato un dono, e cioé la testimonianza d’umanità: “Era un uomo vero. Si incontrava un cristiano. Andava ad una velocità diversa. Era oggettivaemte difficile tenere il suo passo”. Poi ha aggiunto: “Guardava le cose con gli occhi di Dio. Ancora oggi il suo esempio continua ad essere segno continua a parlare con i suoi scritti, i ricordi”
Mons. Accrocca ha rimarcato come sia Cives che mons. Bettazzi portino all’attenzione di noi contemporanei brandelli di una storia preziosa: “Il Vescovo Bello era un uomo vitale e trasmetteva amore”. Una qualità in particolare di quel prelato colpiva l’attenzione di tutti e mons. Accrocca l’ha ricordato. “La sua grande dote era quella della capacità di coltivare il dialogo. Era un uomo che non portava rancori. Era disaramnte, ma allo stesso tempo era trasgressivo. Penso ad oggi a quei carrarmati alle frontiere, a quel filo spinato, a quella condizione di guerra perenne, a quel terribile lancio di bombe sulla soglia stessa del nostro Paese: ebbene, come si fa a non ricordare la sua marcia verso Sarajevo, verso quella città martirizzata?”
L’Arcivescovo ha aggiunto: “Ricordiamo le sue lezioni di vita, quelle alla portata di tutti. Riflettiamo un volto nuovo di Chiesa. Oggi cosa vogliamo essere? ”
Mons. Bettazzzi ha ricordato: ” Si è impegnato con gioia per l’aiuto ai fratelli e non chiudersi all’individualismo e nell’egoismo ma aprirsi agli altri, soprattutto sul piano umano e anche cristiano”
Cives ha ricostruito la vita di don Tonino con grande accuratezza e attenzione per la sua forte carica spirituale e per il suo straordinario coraggio in favore dell’umanità e della civile convivenza tra tutti gli uomini di tutte le etnie: ” Ha avuto la sua umanità e il suo calvario che ha accettato con grande spirito”. Di origini modeste, don Tonino accetta anche la propria sofferenza fisica dovuta ad una malattia che non lascia scampo con grandissimo coraggio e dignità.
Poi ha aggiunto: “Non era uno stoico, ma lui con la preghiera riusciva a tollerare le atrocità del dolore, attraverso la fede”
Commovente il ricordo di Cives negli ultimi giorni di vita: ” lo vedevo sconfitto dalla malattia Lui ormai comunicava con le palpebre, gli chiesi se m i voleva bene e lui mi rispose portando le mani dietro il mio collo iniziammo a pregare una semplice ave maria e cosi spirò”
Cives ha definito don Tonino un vero “Testimone del nostro tempo”.
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