Salerno – Trentuno anni dopo confessa l’omicidio di Vincenzo Marrandino, figlio del boss e cassiere della Nco, e di Antonio Sabia. Ieri mattina al giudice per le udienze preliminari Sergio De Luca, Umberto Adinolfi, meglio conosciuto come “‘a Scamarda” ha ricostruito i momenti che hanno preceduto la morte del figlio del boss Marrandino, vicino al clan Maiale e cassiere della Nco di Raffaele Cutolo e del suo autista. Vincenzo Marrandino, 29 anni e Antonio Sabia, 26 anni, furono trucidati il 30 luglio del 1986. Nel corso del racconto Umberto Adinolfi ha anche ribadito l’estraneità ai fatti di suo zio Vincenzo Cosenza, già assolto a suo tempo nei vari gradi di giudizio. Ieri Umberto Adinolfi, difeso da Vincenzo Senatore del foro di Nocera, è ricomparso dinanzi al Gup su disposizione dei giudici della Cassazione. Gli autori dell’omicidio, individuati in Umberto Adinolfi e Salvatore Mercurio avevano già affrontato il processo nei vari gradi di giudizio. Mentre per Mercurio la condanna è divenuta definitiva, per Adinolfi le cose sono ritornate al punto di partenza. Umberto Adinolfi fu arrestato in Spagna e successivamente estradato, processato in Italia e condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore Salvatore Vaccaro. I giudici della Cassazione chiamati ad esprimersi sull’omicidio del figlio del boss Marrandino e del suo autista Sabia hanno confermato l’ergastolo per Mercurio ma hanno rinviato gli atti della vicenda-Adinolfi
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