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Spira: “Dopo l’uccisione di Vassallo, qualcuno ha provato a cancellarne il passaggio”

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La politica ambientale per il Cilento portata avanti dal sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, i sogni e le speranze di un nuovo modello di economia per il rilancio del territorio salernitano, interrotti da mani armate e ancora senza nome, che la sera del 5 settembre 2010, hanno messo “fine” alla vita del primo cittadino, trucidato con nove colpi di pistola.

Simbolo della buona politica, della tutela dell’ambiente, della buona amministrazione e della lotta alla criminalità organizzata, il sindaco pescatore si è avvalso durante la sua attività amministrativa, dal 1995 al 2010, dell’aiuto del segretario comunale agropolese, Gerardo Spira, amico e uomo di fiducia del primo cittadino.

Avvocato, con un lungo trascorso di segretario comunale nei comuni salernitani, Gerardo Spira, 84 anni, ha affidato alla nostra redazione una lettera-riflessione che vi riportiamo qui e che evidenzia come il Cilento, terra del Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano e Alburni, abbia cambiato il suo volto dopo la morte del sindaco Vassallo- “dopo l’uccisione di Angelo-racconta Spira-nel Cilento qualcuno ha cercato di cancellarne anche il passaggio”.

di Gerardo Spira

Il Cilento e la nascita del Parco Nazionale

Il Cilento, territorio ben delimitato a sud di Salerno degradato in zona marina, collinare-montuoso, si presenta con un paesaggio variegato per la tipologia di coltivazioni e di specie ambientate dal mare alla montagna.

Con la costituzione del Parco Nazionale, il territorio è stato ricompreso nella regione tra Cilento, Vallo di Diano e Alburni e tutto il territorio, per le affinità storico-culturali, è stato dichiarato dall’UNESCO, Patrimonio dell’Umanità, con vincoli assoluti e molto limitatamente derogabili.

Anticamente il Cilento faceva parte della Lucania (con il Vallo di Diano e il Golfo di Policastro), rimanendo ben segnato nel dialetto, nelle tradizioni gastronomiche e nella toponomastica.

Anche lo sviluppo economico ha trovato difficile accesso nel territorio cilentano a causa della inesistente viabilità e per la particolare situazione antropica dell’uomo, lontano dalle cosiddette civiltà metropolitane. Sono stati i nostri comuni infatti, a custodire il grande patrimonio ambientale da cui è nato il Parco Nazionale.

Il legislatore del 1991, quando decise di riconoscerlo con legge, raccolse un patrimonio che la gente gli consegnò insieme alle tradizioni culturali e storiche che erano diventate regole di riferimento di vita per tutte le comunità. Quando l’allora ministro, Carlo Ripa di Meana, ex socialista, nel 1992 presentò nel Comune di Sanza la legge 394 del dicembre 1991 sul Parco Nazionale Cilento e Diano, venne interrotto da un cittadino. Il vecchio, malamente claudicante, battendo il bastone sul tavolo chiese al ministro come aveva trovato i boschi e Meana rispose: “ben curati e ben tenuti”. Poi, come aveva trovato le strade di montagna, i canali e gli argini dei valloni e le vie dei paesi e il Ministro rispose sempre la stessa frase. Il vecchio, soprannominato zio Giovanni, rivolgendosi al ministro, chiosò: “Tutto questo lo abbiamo fatto noi e quelli prima di noi perché in questo territorio ci viviamo. Il Parco lo abbiamo fatto noi e voi avete solo scritto la legge che da quello che si dice, non ci permetterà più di fare un recinto per le pecore o un casolare per riparaci durante il cattivo tempo”. Il ministro rimase immobile tra il fragore degli applausi della gente, rispondendo- “è compito delle comunità applicare la legge bene e nell’interesse del territorio”. Zio Giovanni aveva ricordato a tutti una grande verità: il territorio si protegge e conserva con la presenza operosa della gente e secondo la vocazione antropico-ambientale.

Quando la politica non è stata capace di cogliere e adattare le novità di sviluppo, ha permesso lo smantellamento di una cultura radicata da secoli nella vita e nelle tradizioni dell’uomo. Questa politica, che ancora persiste, si è resa responsabile della scomparsa dalla civiltà storica di un mondo che da oltre 2 mila anni ha vissuto in un territorio aperto segnato dai soli confini della natura, una pietra, una quercia o un muro a secco unito. Questa politica, storica nel Cilento, ha mantenuto il popolo servo come merce di scambio elettorale per fini di potere familiare, di casta e di massoneria. Fuori da questi centri di potere, il cittadino veniva distrutto anche negli affetti. Il Cilento, più che altrove, ha subito il più grande danno della storia, isolato e privo di una seria politica di rivendicazione dei diritti di tutti. Il disastro politico è sotto gli occhi di tutti, mentre nel mondo i travolgimenti sociali fanno riflettere studiosi e sociologi, qui da noi si continua con la stessa canzone degli anni 50: il posto che da fisso è diventato flessibile, mobile, a tempo determinato e part-time, cancellando la parola “lavoro” dal mondo giuridico ed economico e il lavoro quando è comparso nel nostro territorio, è diventato un mezzo accaparrato di ricatto politico.

Il popolo, spinto dalla necessità, ha disarmato la dignità per correre dietro ai venditori di fumo che hanno fatto della politica un mestiere, senza capacità e competenze. Il Cilento, per responsabilità del potere politico, è stato abbandonato ad ogni sorta di sfruttamento, morale e sociale. Anche qui, da noi ha trovato facile accesso la droga infiltrata nella miseria delle nostre famiglie. Abbiamo sentito storie di generazioni assuefatte e costrette alla dipendenza; storie di genitori che vittime della violenza incontrollata dei figli hanno dovuto blindare la camera da letto con porte di ferro. La delinquenza, venuta da fuori, si è facilmente stabilizzata perché ha trovato la mano amica che ne ha garantito il domicilio.

Dopo oltre 70 anni di governo e di gestione democristiani, le reti idriche costruite in epoca fascista, sono ancora le stesse, di amianto corroso, finito nei polmoni delle popolazioni locali. Il Cilento beve veleno, mentre i governanti si danno il cambio a turno. Nel Consac, società inventata a Vallo della Lucania, sono passate più persone che acqua. E guai a disturbarle. L’irritazione sale fino alle più alte sfere clerico-giudiziarie.

Il Cilento frana e con essa le uniche vie di comunicazione, rimaste antiche con traballanti ciottoli secolari. Le terre che una volta erano giardini di vita, abbandonate per il cosiddetto “miracolo economico”, sono state invase da sterpi e rovi, occasione del crimine incendiario per finalità speculative.

Questo è il Cilento, territorio del Parco, riconosciuto, ironia storica, patrimonio mondiale di tutto il mondo. Il sovrano Borbone, quello che ancora resiste nei ricordi storici, lo definiva “terra di tristi, di briganti e di assassini”; terra intrisa di secolare miseria, che ha fatto da companatico al boccone del potente di turno. Il docente di diritto costituzionale Barile, già negli anni ‘60, durante un giro nel Cilento, notò che mentre le terre del padrone erano molto produttive, rese tali dal lavoro dei loro contadini, questi, sottomessi alla condizione, continuavano ad affannarsi sulla cima di una cresta per disperazione, arrancando in precario equilibrio con la zappa per “scacciare” una lingua di terra che subito dopo, per il solito debito di semenze prestate, per l’insoluto ritornava nel patrimonio del padrone.

Questa cultura non è cambiata!

Si pensava che con la legge sul Parco finalmente i paesi si dessero la mano per riscattare il territorio dalla politica di sopraffazione e dai secolari sacrifici di un popolo costretto alla secolare miseria. Si pensava che col Parco sarebbe nata la sua novella cultura e invece, il termine “turismo”, parola magica, ha messo in subbuglio tutti, dal mare alla montagna e il Cilento è finito come un barattolo di miele davanti al solito alveare. In nome del “Turismo” si sono rotti i confini senza alcuna regola o tutela e la corsa all’oro ha stravolto la nuova concezione politica.

Senza un progetto e un centro di coordinamento sono spuntati nuovi messia trascinati da oscure teorie, diffuse da dialetti non nostri, pronti ad acquistare la nostra storia per una mangiata di fave in cambio di posti e di illusorie prospettive.

Il sistema ritorna con panni riciclati. Il politico di turno coglie l’occasione e si mescola al sistema. Il disastro è sotto gli occhi di tutti. Lo scontro politico è su chi si batte per ragionare di progetto, di piani e programmi e chi invece, vuole fare subito.

Abbiamo avuto nel Cilento amministratori seri ed attenti (pochi), che non hanno contato, tenuti ini in minoranza e amministratori che, forti del potere clientelare, hanno trascinato il popolo sulla strada delle illusioni, attraverso la illegalità diffusa. Questa storia continua da oltre 2000 anni.

 

Nel 1995, dopo anni di attesa storica, l’idea venne dal mare.

Angelo vassallo, partendo dall’esperienza del suo comune, ha rivoluzionato la politica pensata fino a quel momento, parlando della sua idea di sviluppo del territorio in un progetto che vede insieme uomo e natura. Diceva l’uomo deve vivere nell’ambiente secondo le sue esigenze di vita, senza alterazioni o stravolgimenti, ma adattandosi ai tempi della natura. Ciò è avvenuto per secoli non per capacità della politica, ma per l’operosa iniziativa di un popolo che ha saputo vivere usando bene ciò che gli offriva il territorio.

Il Cilento, ripeteva, ha una condizione orografica e antropica unica al mondo, per come si è sviluppata nel tempo storico che conosciamo. L’uomo in questa regione ha saputo adattarsi a vivere tra essenze e specie della flora e della fauna in un perfetto equilibrio che gli ha permesso di costruire un patrimonio articolato di coltivazione e di produzione. Una volta nel nostro territorio vi erano le migliori specie di olivo, di fichi e di viti scientemente messe a dimora secondo la esposizione geografica. Il mare si “sposa” con la collina e con la montagna in un perfetto abbraccio di scambio culturale innestato dalla cultura greca che fondò centri di studio e di commercio lungo tutta la costa che prese il nome della Magna Grecia.

Angelo Vassallo ripeteva sempre che bisognava ritornare a quella idea e svilupparla su tutto il territorio cilentano, facendo rivivere e rivitalizzare paesi e borghi con le loro specialità, in un unico progetto del Parco.

Il sindaco pescatore parlava di architettura rurale integrata e di sviluppo turistico ecocompatibile col mare, la collina e la montagna. Il territorio va vissuto secondo la sua vocazione. Lo sviluppo turistico economico ha bisogno dell’architrave della viabilità sapientemente progettata e mirata ad accogliere la civiltà senza guastare. La civiltà deve camminare con la natura, non distruggerla.

Vassallo raccolse intorno alla sua idea, studiosi ed esperti di alto valore, promuovendo il primo convegno internazionale sull’archeologia rurale che si tenne a Pioppi, il 23 e 24 agosto 1997, con la partecipazione del Parco. Il Sindaco di Pollica aveva contatti e si intratteneva a lungo col il professore Ancel Keys, padre della Dieta Mediterranea, nella sua casa di Pioppi per parlare di qualità della vita 

Nella sua qualità di Presidente di “Città Slow International” nel 2009, il sindaco si batté per l’inclusione della Dieta Mediterranea tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’umanità, accolta poi dall’UNESCO il 16 novembre 2010, due mesi dopo la sua uccisione. Il crimine ha richiamato l’attenzione del mondo sul nostro territorio. Vassallo portò l’idea in tutti i livelli istituzionali, promuovendo il progetto di studio sull’archeologia rurale integrata del territorio del parco nel quale sono riportati gli obiettivi diretti e indiretti e sono indicate le direttrici di sviluppo nella combinazione uomo e ambiente. Propose di passare ad una indagine su tutto il territorio del Parco, Cilento Vallo di Diano e Alburni, compreso negli ambiti: Alburni; Alento-Montestella; Bussento; Calore Salernitano; Gelbison-Cervati; Lambro-Mingardo; Vallo Diano. Il progetto fu approvato dall’Ente Parco con deliberazione n 152 del 19.10.98 (abbiamo perduto 20 anni) e in data 8.3.1999, fu proposto dal prof. Spagnuolo, al dipartimento di scienze sociali dell’Università di Salerno che lo approvò in data 17 marzo dello stesso anno.

Il 29 aprile 1999 il prof. Mazzetti si rivolse al Parco per la stipula della convenzione che prevedeva tempi e modalità di studio, mentre il 26 maggio 1999 il prof La Valva, presidente del Parco, comunicò che la proposta sarebbe stata portata in un prossimo consiglio che avvenne con delibera n.36 del 2000 e con tale delibera fu deciso di muoversi con uno stralcio di esperimento pilota.

Il Sindaco di Pollica spinse l’idea del progetto integrato attraverso la dieta mediterranea promuovendo il territorio in ogni occasione, in Europa, e perfino in Cina, favorendo rapporti, contatti e gemellaggi.

L’Università di Napoli, su iniziativa della facoltà di Architettura, istituì nell’anno accademico 2005-2006 un master di 1.500 ore sul tema valorizzazione dell’edilizia storico-rurale e del paesaggio rurale.

Il 12 dicembre 2006, sempre su iniziativa di Vassallo, con il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, venne approvata la legge regionale n. 22 di tutela, salvaguardia e valorizzazione dell’architettura rurale in tutto la Regione campana. Il sogno diventa realtà.

Successivamente, il 22 marzo 2010, sei mesi prima dell’assassinio del sindaco di Pollica, con decreto regionale n.60 è viene approvato il Regolamento di attuazione della L22. Legge e regolamento si muovono in una unica idea, promossa dal sindaco pescatore: rivalutare il territorio verso la sua vocazione naturale di fare reddito tutto l’anno, rilanciando le risorse paesaggistiche e rurali. Angelo Vassallo però, sosteneva anche che le promozioni dovevano essere controllate dalla “mano pubblica” per impedire, come stava accadendo, che le iniziative diventassero occasione di sfruttamento speculativo. Per promuovere l’ambiente bisogna viverlo sempre e con l’impegno di tutelarlo per impedirne invasioni senza scrupoli.

Il mare, capitolo fondamentale della vita del sindaco pescatore.

“Viviamo il mare con grande rispetto, come risorsa delle attività dell’uomo” – questa la tesi di Angelo Vassallo che convinse i pescatori a riportare a terra tutto il materiale di risulta pescato nelle reti per conferirlo in uno dei cicli della raccolta differenziata. Ripulire il mare significa rivolgere l’attenzione verso una delle risorse più importanti dell’uomo. Oggi, con le plastiche indistruttibili, si gioca l’esistenza del mare.

Dall’idea di Vassallo di trasformare i pescatori in “spazzini del mare”, è nato il Progetto Pulizia dei Fondali Marini, finito all’attenzione dell’Europa e di scienziati di tutto il mondo che analizzano lo stato di “salute” degli oceani, tanto che la Fondazione “Angelo Vassallo sindaco pescatore”, presieduta dal fratello del sindaco, Dario Vassallo, e promotrice del progetto, è stata scelta per partecipare ad un progetto, in vista della Ocean Conference che si è tenuta a Washington il 15 settembre 2016.

E mentre le idee di Vassallo camminano, nel territorio cilentano vi è ancora una politica che resiste al suo messaggio. Il solito gretto individualismo, per il timore di perdere i consensi di una clientela agganciata ad un progetto di idee fumose, riciclate ed improduttive. Qualcuno, addirittura ha avuto l’insana idea di voler costruire un monumento dedicato a Padre Pio, alto più di 70 metri, su di un terreno segnato in rosso dalle mappe geologiche, per l’alto rischio franoso. Quel territorio invece, è conosciuto per un passato di grande pregio olivicolo e della coltivazione dei fichi.

Il territorio vive la crisi della miseria culturale ed economica per l’incapacità degli amministratori di fermarsi, riflette e riprendere il filo sospeso dello sviluppo economico, creato da oltre due mila anni da generazioni che vi hanno vissuto tramandandosi il metodo articolato di vita e di esperienza.

Vi è purtroppo una parte del popolo, quello che da secoli ha vissuto soggiogato, servo, sdentato e privo di capacità di scelta, ma determinante nel conteggio delle votazioni, che ancora corre a battere le mani, ignaro di pregiudicare il futuro del territorio e dei suoi figli.

Il Parco, istituito nel 1992, come gestito, è risultato un altro tradimento delle popolazioni locali. Le voci, diverse, sono finite infrante sulle alchimie della filosofia politica.

Il Cilento-Vallo di Diano e Alburni hanno perduto ancora una occasione con l’Europa per realizzare l’idea di Vassallo che resta l’unica speranza di ripulire il territorio dalle sterpaglie invasive del male affare e dalla criminale aggressione di una cultura contraria alla nostra storia. Basta focalizzare lo sguardo lungo la costa, sul crinale pericoloso di una collina ed in qualche, centro limitrofo che si definisce città alle porte del Cilento.

Il disastro è stato realizzato sotto gli occhi di tutti e col tacito assenso di tutte le Autorità di controllo che hanno vissuto, operano e vivono in questa parte della Regione che si sono lasciati trascinare negli affari senza muovere un dito. Anzi si è fatta la caccia all’untore anonimo e si è puntato il dito contro chi denunciava lo scempio. Il sistema “accasato” non è stato mai amico del popolo ribelle. Questo sistema ha permesso al malaffare di invadere e sistemarsi.

Lo Stato, con queste istituzioni, è stato male interpretato e rappresentato. E le responsabilità non salvano nessuno nella catena dei livelli di potere, fino al centro.

Era ed è una volontà politica di condominio colluso e condiviso a non muovere niente. Chi opera e porta soldi è amico dello Stato. Si pensa. In questo circuito perverso è rimasta impigliata la parte sana, definita appositamente estremista, radicale e contraria al benessere del popolo. Benessere, di cui soltanto l’odore è passato nell’aria della povera gente.

Il Parco era la speranza. Ci sono voluti sei anni per sostituire Angelo Vassallo come presidente della Comunità del Parco. Ci sono voluti sei anni per mettersi d’accordo. Accordo non sul progetto Parco-Cilento-Vallo di Diano- Alburni, ma sulla povera camicia di Cristo.

Il Parco dopo aver approvato l’idea progetto del Sindaco di Pollica (dell’architettura rurale integrata) lo ha archiviato per continuare nella peggiore politica assistenziale di piccoli e miserabili contributi in favore di quelle amministrazioni che ancora bussano con il “cappello in mano”.

Il territorio è tutt’ora alla mercede di affaristi, di giocatori illusionisti attaccati all’ultimo respiro di vita di una corte di servi che corre da una parte all’altra nella speranza di raccogliere qualche briciola lasciata sul tavolo del bivacco.

Invece il territorio dopo secoli di lavoro e sacrifici ancora si presenta come occasione unica per rilanciare il progetto Cilento. Specialmente in questo momento storico-politico, per recuperale la sua vocazione, di vitale importanza per le nostre generazioni.

Partiamo dal territorio, ma facciamolo con energie giovani, non condizionate, ansiose di progettare il proprio futuro.

Il territorio del Parco è orograficamente diviso in tre aree: Costiera, collinare e montana. In queste è possibile lo sviluppo economico: del turismo, pesca e servizi nell’area costiera; delle produzioni tradizionali (vino, olio e fichi) nell’area collinare; della pastorizia nell’area montana.

 

I problemi

Nell’area costiera: “turismo di massa non qualificato, scarsa imprenditorialità nel settore dei servizi offerti al turismo, carenza nella fornitura idrica, aggressione edilizia speculativa, assenza di pianificazione urbanistica adeguata al progetto generale del parco”.

Nell’area collinare: Olivicoltura riqualificata e rilanciata nel mercato mondiale come specie unica al mondo per sostenere la dieta mediterranea, produzione di olio DOP ed extravergine seguendo l’esperienza nazionale ed internazionale della Cooperativa “Nuovo Cilento” e di altre realtà impegnate sul territorio ; viticoltura: settore in forte crescita quantitativa e qualitativa ( vi sono aziende di qualità che producono vini affermati sul mercato nazionale ed internazionale; fichicoltura: prodotto di nicchia tipicamente cilentano. Il dottato bianco del Cilento è unico per sapidità. Potrebbe essere questo prodotto, unico al mondo, trainante dell’economia cilentana, invece viene svenduto a commercianti di occasione allo stato fresco.

Manca una politica di coordinamento con e tra i produttori; disinteresse assoluto delle istituzioni; assenza di una politica promozionale, commerciale e di marketing. I fichi venduti sul mercato, venduti come fichi del Cilento, sono di pessima qualità e di provenienza extraeuropea.

L’area montana: per effetto del progressivo spopolamento di interi paesi, è rimasta residuale, di sopravvivenza come integrazione di reddito con la vecchia prestazione di assistenza sociale. L’ISTAT riporta dati che ne evidenziano il rischio di sparizione.

Le cause

Assenza di una preparata Governance, di un progetto e di programmazione capaci di integrare, unificare e creare sinergie tra le varie aree, ciascuna ricca di risorse economiche, naturali, artistiche, culturali e paesaggistiche che se riproposte adeguatamente potrebbero produrre ricchezza e reddito elevato. Il territorio potrebbe vivere, specialmente con l’apertura della nuova frontiera europea senza assistenza e restituire alla gente la dignità di operare senza soggezione politica. Invece le Amministrazioni locali risultano chiuse, incapaci di coordinarsi e di perseguire la via strategica di sviluppo complessivo del territorio.

 La politica tende a favorire l’edilizia privata speculativa con i conseguenti fatti corruttivi e la corsa all’accaparramento dei finanziamenti pubblici a pioggia, con finalità e destinazioni per pochi amici e familiari, con lo sguardo verso la clientela politica.

Comunità montane, unione di comuni e Parco invece di coordinarsi su di un progetto integrato sono diventati centri di spesa improduttiva, finalizzati solo a foraggiare la clientela.

La politica

 Negli ultimi 20 anni apparentemente sono avvenuti cambiamenti degli attori della politica, ma il metodo è rimasto lo stesso. Non è cambiato il rapporto, politica e burocrazia.  La burocrazia, appositamente individuata si è completamente messa a disposizione del potere di turno, adattandosi alla sua volontà. La magistratura contabile ed inquirente, non sono in grado di far fronte all’ondata aggressiva dei novelli referenti. Le minoranze politiche sono state emarginate e isolate. Quando questa è compressa, salta la regola della vigilanza e del controllo.

 

Angelo Vassallo e la rivoluzione nel Cilento

In questa quadro politico-istituzione è comparso dirompente Angelo Vassallo. Con   le sue idee, il sindaco di Pollica rappresentava un elemento di disturbo e di rottura anche nel suo stesso partito. La sua presenza sul territorio significò una vera e propria rivoluzione. Si diceva che Angelo era “una pietra di punta”.  Quando il sindaco Vassallo interveniva nei convegni e nelle assemblee, le voci dissonanti e i dissidenti si perdevano nei mugugni e i volti dei presenti nascondevano la contrarietà nei sinistri movimenti di sguardi vistosamente disturbati. Vassallo lo faceva a viso aperto, quasi di sfida.

La “fine” del sindaco pescatore è stata progettata in questo quadro storico politico. E Non si può escludere la responsabilità dello Stato che conosceva il suo progetto e le sue idee.

Dopo l’uccisione di Angelo Vassallo poche voci si sono alzate nel Cilento, anzi si è cercato di cancellarne il passaggio. Invece, è da qui che va ripreso il cammino.                                                                                             

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