Salerno – Il clan D’Agostino – Panella continua a detenere il controllo della città di Salerno mentre a sud è ripresa l’attività del sodalizio Pecoraro – Renna grazie alle nuove leve. E’ quanto emerge dalla relazione della Direzione investigativa Antimafia, a Salerno diretta dal colonnello Giulio Pini, relativa al secondo semestre del 2016. Dalla lettura della stessa emerge che gli equilibri e le dinamiche interne della criminalità nell’ambito del territorio della provincia sono rimasti sostanzialmente stabili. Le principali attività illecite restano le estorsioni, l’usura, l’esercizio abusivo del credito, il traffico e lo spaccio di stupefacenti L’azione repressiva, condotta anche con il contributo di collaboratori di giustizia, ha inciso sull’operatività di storici sodalizi, privati della guida di capi carismatici. Ma, mentre i capi storici dei sodalizi criminali sono stati assicurati alla giustizia, si sono fatti largo nuovi gruppi che non esitano a commettere delitti efferati pur di ritagliarsi spazi sul territorio, come confermano alcuni reati spia, quali gli attentati dinamitardi e incendiari in danno di attività imprenditoriali. Le prioritarie attività illecite dei sodalizi locali rimangono le estorsioni, l’usura, l’esercizio abusivo del credito, il traffico e lo spaccio di stupefacenti, il cui approvvigionamento avverrebbe per lo più dall’area vesuviana e napoletana. Nella città di Salerno, nonostante i tentativi di imporsi da parte di gruppi emergenti, lo storico clan D’Agostino -Panella rimane punto di riferimento per la gestione del traffico di stupefacenti, dell’usura e delle estorsioni. A Vietri sul Mare si segnala l’interesse criminale di un gruppo facente capo alla famiglia Apicella. Il comune di Cava dei Tirreni, contiguo all’agro nocerino-sarnese, continua a subire l’influenza delle organizzazioni dell’area limitrofa. Sebbene fortemente ridimensionato, il clan Bisogno risulta tuttora attivo nelle estorsioni si starebbe maggiormente affermando il gruppo Celentano, dedito ad attività di natura usuraia, estorsiva ed al traffico di stupefacenti. La rilevanza della città di Cava dei Tirreni e la centralità avuta in passato negli interessi della criminalità organizzata campana è confermata dall’esecuzione, nel mese di ottobre, da parte della Dia. di Salerno, del decreto di confisca dei beni, per un valore di circa 5 milioni di euro, a carico di un imprenditore del settore petrolifero, affiliato alla citata “Nuova Famiglia. Nella Valle dell’Irno, dove insistono i comuni di Baronissi, Fisciano, Lancusi, Mercato San Severino, Montoro e Solofra, interessati dalla presenza di importanti insediamenti commerciali, permane l’influenza del clan Genovese. Oltre a quest’ultimo, a Mercato San Severino è attivo un gruppo promosso da un soggetto, già noto alle forze dell’ordine, di Pagani che, attraverso sodali della zona, starebbe tentando di assumere il controllo delle attività estorsive e del traffico di stupefacenti.
L’agro Nocerino-Sarnese è la zona della provincia di Salerno in cui la criminalità organizzata di stampo camorristico e quella comune hanno segnato maggiormente il tessuto economico locale. Nel passato hanno operato sulla zona clan capeggiati da personaggi di elevato spessore criminale, tutti sodali all’organizzazione camorristica definita “Nuova Famiglia”. L’attività repressiva condotta nel tempo ha eroso le strutture dei sodalizi più articolati, generando di conseguenza gruppi minori autonomi, che starebbero comunque risentendo dell’influenza dei clan più articolati dell’area napoletana o avellinese (Fontanella di Sant’Antonio Abate, Cesarani di Pompei e Castellammare di Stabia, Annunziata -Aquino di Boscoreale, Graziano di Quindici). A Nocera Inferiore, l’azione di contrasto delle Forze di Polizia sembrerebbe confermare il predominio del sodalizio Mariniello, i cui interessi illeciti si sarebbero affermati nello spaccio di stupefacenti, nell’infiltrazione degli appalti pubblici, nell’usura e nelle estorsioni. Sul territorio è stata comprovata la presenza di altri tre gruppi; si tratta dei clan Cuomo, capeggiato da un ex affiliato al gruppo Contaldo di Pagani, in passato egemone in gran parte dell’agro nocerino-sarnese; D’Elia, operante nel quartiere di Piedimonte e Bergaminelli. L’equilibrio criminale tra questi gruppi risulta alquanto instabile in ragione dei convergenti interessi nel settore degli stupefacenti. Nel comune di Angri, le attività di contrasto che hanno colpito il clan Nocera, alias dei “Tempesta”, avrebbero spinto giovani pregiudicati a tentare di conquistarne la leadership, anche con il sostegno dei clan attivi nei limitrofi centri dell’entroterra vesuviano. Proprio ad Angri, nel mese di ottobre, la Dia di Salerno ha eseguito la confisca di un immobile del valore di oltre duecentomila euro, nella disponibilità di un pluripregiudicato condannato per associazione per delinquere, usura, estorsione e sfruttamento della prostituzione. A Pagani, sebbene sensibilmente limitato nella sua operatività dall’azione di contrasto della magistratura, si conferma il predominio del sodalizio Fezza-Petrosino -D’Auria, particolarmente propenso ad infiltrare le attività imprenditoriali del posto. L’usura e le estorsioni, unitamente al traffico di stupefacenti, perpetrati in concorso con esponenti di organizzazioni camorristiche dell’hinterland vesuviano, risultano, in generale, le principali attività illecite condotte dalle restanti organizzazioni paganesi. A Sarno è attivo il clan Serino e si conferma la presenza di una propaggine del clan Graziano (originario dell’avellinese), che risulta operativa anche sui limitrofi comuni di Siano e Bracigliano. A Sant’Egidio del Monte Albino si registra una situazione criminale dagli equilibri mutevoli. Lo storico clan Sorrentino, la cui struttura organizzativa è stata fortemente minata dalle operazioni di polizia, continuerebbe a gestire le attività illecite sul territorio con l’ausilio di personaggi collegati alle organizzazioni attive a Pagani e Nocera Inferiore.
Nella Piana del Sele e in particolare nei comuni di Eboli, Battipaglia e Pontecagnano, storicamente soggetti all’egemonia del clan Pecoraro-Renna, la frattura realizzatasi in seno allo stesso ad opera di alcuni affiliati, aveva determinato la costituzione dei sodalizi Trimarco, Frappaolo e Giffoni. A Bellizzi il controllo delle attività illecite sarebbe mantenuto dal clan De Feo, anch’esso nel tempo indebolito. Più di recente è emersa l’operatività criminale di nuove leve nel traffico degli stupefacenti, acquistati a Napoli e nel suo hinterland. Allo stesso tempo sempre grazie ad opera di giovani leve, è ripresa l’attività del clan Pecoraro/Renna. Passando all’Alto Cilento, ad Agropoli si segnalano alcuni membri del menzionato clan napoletano Fabbrocino e la famiglia di nomadi Marotta. L’area del Medio e Basso Cilento, esposta anche alle mire della criminalità organizzata calabrese, si caratterizza per l’operatività dei gruppi facenti capo alle famiglie Gallo e Balsamo di Sala Consilina, in passato consorziate in un unico sodalizio e oggi divise. Nello specifico, la famiglia Gallo è risultata in contatto con cosche dell’alto Ionio e Tirreno cosentino. È quanto emerge dall’operazione “Frontiera”, conclusa dall’Arma dei Carabinieri nel mese di luglio con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di 58 indagati per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, usura e altri gravi reati. Contestualmente fu data esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili del valore di circa 7 milioni di euro. I provvedimenti scaturiscono da un’indagine avviata nei confronti di pregiudicati salernitani appartenenti alla citata famiglia Gallo, attivi nei territori del Cilento e del Vallo di Diano e risultati in collegamento con esponenti delle cosche ‘ndranghetiste Muto di Cetraro (CS) e Valente-Stummo di Scalea (CS).
A Scafati permane il clan Loreto -Ridosso, i cui vertici sono stati colpiti con l’operazione “Sarastra”, conclusa nel mese di luglio dalla Dia di Salerno e dall’Arma dei Carabinieri con l’esecuzione di un fermo di indiziato di delitto nei confronti di quattro soggetti, responsabili di diverse estorsioni nei confronti di imprenditori del settore ortofrutticolo della zona. La collaborazione con la giustizia di uno dei maggiori esponenti del citato clan ha peraltro disvelato le connivenze dell’organizzazione con organi amministrativi locali. Sempre nell’ambito del contesto investigativo “Sarastra”. Il 25 novembre 2016, la sezione del Riesame del Tribunale di Salerno – riconoscendo come particolarmente significative le risultanze investigative raccolte dalla locale Sezione operativa della Dia – ha emesso un’ordinanza con cui ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla Procura della Repubblica della sede avverso il provvedimento di rigetto di applicazione di misure cautelari, emesso il 28 giugno 2016 dal Giudice per le indagini preliminari, conseguente alla richiesta di custodia cautelare in carcere nei confronti del sindaco pro tempore di Scafati e di altri tre soggetti, due dei quali ritenuti elementi di vertice del clan sopra citato. Il collegio giudicante ha accolto l’appello del pubblico ministero per violazione della legge elettorale, riconoscendo l’aggravante del metodo mafioso, in Occasione delle elezioni amministrative del 2013 e del 2015.
Il porto di Salerno utilizzato dalla ‘ndrangheta per l’approvvigionamento dello stupefacente. La droga veniva occultata in cargo contenenti riso, grazie alla copertura di un società di import-export, con sedi a Milano e Roma, controllata da imprenditori prestanome della consorteria mafiosa. Ancora la “rotta atlantica” è stata al centro delle investigazioni concluse, nel mese di luglio, dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’operazione “Vulcano”. Dalle indagini è, infatti, emerso come esponenti dei clan Molè, Piromalli, Alvaro e Crea avessero organizzato un vasto traffico di cocaina che, attraverso gli scali portuali panamensi di Cristobal e Balboa, veniva fatta arrivare nei porti di Rotterdam, Livorno, Napoli, Salerno, Genova e Gioia Tauro.
I clan calabresi tentano di conquistare il territorio della Campania ed in particolare quello Cilentano. A Cosenza e nei comuni limitrofi permane l’aggregato denominato Rango-Zingari, sorto dalla fusione tra i superstiti della scomparsa cosca Bruni e il clan degli zingari, capeggiato da elementi della famiglia Rango. Il sodalizio risulta legato da un patto federativo con le altre due compagini mafiose cosentine dei Lanzino -Patitucci e dei Perna-Cicero.Nel periodo d’interesse la cosca Muto, egemone nell’alta fascia tirrenica cosentina, con importanti propaggini dalla Basilicata alla Campania, è stata significativamente colpita dall’operazione “Frontiera dell’Arma dei Carabinieri, conclusasi nel mese di luglio con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 58 responsabili,tra cui il capo clan. Le indagini, scaturite a seguito del omicidio avvenuto a Pollica nel 2010 del sindaco Vassallo, hanno documentato l’operatività del clan nel Cilento e nel Vallo di Diano facendo luce, al contempo, su una serie di condotte estorsive e su un vasto traffico di stupefacenti diretto alle principali località balneari della costa tirrenica.
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