Salerno – Erano pronti a pagare dai cinque ai diecimila euro pur di avere una moglie “a tempo” italiana. Un escamotage che serviva solamente per ottenere il permesso di soggiorno in Italia. A mettere la parola fine alle unioni truffaldine sono stati i carabinieri della compagnia di Battipaglia diretti dal capitano Erich Fasolino. Stamattina i militari dell’Arma, su disposizione della Procura di Salerno hanno arrestato zia e nipote, una trasferita in carcere l’altra ai domiciliari ed hanno notificato nei confronti di altre cinque persone il provvedimento di obbligo di dimora nel Comune di residenza. Le manette sono scattate ai polsi di Laura Iadanza 56 anni di Battipaglia, mentre la nipote Carmela Ielpi 36 anni di Battipaglia è stata ristretta agli arresti domiciliari. Hanno invece l’obbligo di dimora nel territorio di residenza e di permanenza notturna presso la propria abitazione: A.R. 35 anni di Battipaglia; F.D.R. 23 anni di Battipaglia, A.G.R. 29 anni di Battipaglia, D.M. 27 anni di Napoli e D.I. di Battipaglia. Sono invece settanta i soggetti indagati e accusati di concorso in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, induzione alla falsità ideologica ed alterazione di stato. Le indagini affidate al sostituto procuratore Elena Guarino sono nate per caso. E’ stato il comandante della stazione di Olevano sul Tusciano ad insospettirsi per alcune unioni civili tra persone di nazionalità diversa e con un grosso divario di età. Quasi tutti i matrimoni erano tra donne adulte e giovani immigrati del Marocco. Da questo sospetto è nata l’attività investigativa e di accertamento. In tutto sono state 21 le unioni individuate dal 2013 ad oggi. L’associazione procacciava agli extracomunitari irregolari, i coniugi ed i testimoni necessari per celebrare il matrimonio. Le unioni sono avvenute nei Comuni di Battipaglia, Eboli, Olevano sul Tusciano, Montecorvino Pugliano e Marchirolo (Va). Dopo che gli extracomunitari avevano ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, i finti coniugi avanzavano istanza di divorzio al Comune competente. La spesa per ogni matrimonio era una somma che poteva variare dai 5 ai 10mila euro. C’è stato anche un caso di falsa attestazione di paternità di una bambina, concepita da una delle indagate, per far ottenere il permesso di soggiorno al falso padre in cambio di 4mila euro.Per il sostituto procuratore Luca Masini: “Si è trattata di un’analisi capillare fatta da un’intelligente comandante di stazione, quella di Olevano sul Tusciano, che ha rilevato una serie di incongruenze, cioè un numero elevatissimo di matrimoni celebrati nello stesso Comune che avevano come denominatore delle anomalie: la recente introduzione nel territorio nazionale da parte del coniuge uomo, la provenienza da un medesimo Stato (il nucleo familiare che fa capo ad una delle donne, che era l’organizzatrice, proviene dal Marocco); il fatto che, in costanza, subito dopo l’unione – continua Masini – ottenuto il titolo di soggiorno, in realtà si verificava quasi sempre la separazione”.
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