San Gregorio Magno (Sa) – Il silenzio surreale di una città intera in lacrime che, chiusa nelle proprie case per via delle normative sul covid-19, prega e saluta il feretro del suo amato monsignore Antonio Tozzi che ieri mattina, all’età di 90 anni, ha lasciato la vita terrena e le cui esequie si sono svolte stamane.
Ha salutato idealmente così, il suo parroco, la città di San Gregorio Magno rappresentata stamane dal sindaco Nicola Padula, dai familiari del sacerdote e dai carabinieri della locale stazione diretti dal maresciallo Santo De Rosa, giunti davanti al sagrato della Chiesa Madre di San Gregorio Magno dove si è svolta la benedizione della salma dell’anziano sacerdote gregoriano a cui ha fatto seguito la tumulazione presso il cimitero cittadino.
Ultimo vicario della ex Diocesi di Campagna, monsignor Antonio Tozzi fu nominato sacerdote negli anni’50 dal vescovo di Campagna, Monsignor Giuseppe Maria Palatucci, di cui divenne amico e collaboratore.
Punto di riferimento per oltre mezzo secolo di attività sacerdotale, di vescovi, sacerdoti, giovani seminaristi e cittadini della Valle del Sele, monsignor Tozzi è deceduto ieri mattina nell’abitazione dei parenti a San Gregorio Magno dove viveva da qualche mese, dopo periodo di malattia.
Ex vicario diocesano, padre spirituale dei seminaristi presso il Pontificio Seminario di Salerno e sacerdote delle parrocchie di Caggiano, Palomonte e San Gregorio Magno, ma soprattutto modello di fede e di carità per religiosi e laici, monsignor Tozzi non ha fatto mai mancare il suo aiuto ai giovani sacerdoti, come la sua ultima collaborazione accanto al suo successore e sacerdote di San Gregorio Magno, Roberto Piemonte, che ha affiancato anche nella celebrazione delle funzioni religiose fino a qualche mese fa.
Parroco della città gregoriana dal 1970 al 2011, monsignor Tozzi fu tra i sopravvissuti del terremoto del 23 novembre 1980.
Un evento tragico che nella città gregoriana contò 27 morti, centinaia di feriti e migliaia di sfollati. In quella tragica occasione, monsignor Tozzi non si perse d’animo, illeso, in abito talare, scese in strada dalla sua casa canonica e prima radunò al sicuro, in un giardino adiacente la parrocchia, le persone che correvano in strada e poi, raggiunse le abitazioni crollate dove mise in salvo e tirò fuori dalle macerie decine di persone rimaste incastrate tra i pezzi di cemento, travi di ferro e la pareti delle abitazioni ormai crollate.
Da quel 23 novembre 1980 che vide tra i morti del terremoto, anche una delle suore la cui presenza in paese era stata fortemente voluta nel suo paese, a monsignor Antonio Tozzi toccò anche il compito della “ricostruzione spirituale” della città e fu proprio lui, tra decine di iniziative culturali e religiose, a fondare 40 anni fa, il gruppo folklorico gregoriano.
Studioso, amico di tutti e braccio destro dei vescovi salernitani, durante l’oltre mezzo secolo di sacerdozio, Monsignor Tozzi non ha mai smesso di essere il servo fedele di Dio e così, incarnando il simbolo dell’umiltà e dell’obbedienza autentica, durante la sua attività pastorale, il sacerdote indossava sempre dei camici blu, anche con addosso i paramenti sacerdotali. Un gesto, quello del sacerdote, che secondo il suo successore, don Piemonte- era paragonabile a quel catino attraverso il quale Gesù lavò, durante l’ultima cena, i piedi dei discepoli, rappresentando il profondo senso del sacerdozio cristiano”.
A ricordarne la fede e umiltà, è anche il biblista salernitano, Padre Ernesto della Corte, che ha lavorato insieme al sacerdote gregoriano nella parrocchia di Palomonte. “Don Antonio era un prete da manuale-racconta commosso Della Corte. – Con lui ci siamo conosciuti durante il sisma dell’80 quando, come volontario, raggiunsi il territorio di San Gregorio Magno per portare le roulotte e altro materiale alla popolazione.
Lui era lì -dice- tra la sua gente, sempre in prima linea e fedele alla sua missione sacerdotale e ogni volta che andavo a trovarlo- spiega il biblista – don Antonio era sempre vestito con un camice blu che indossava sopra la talare, intento a lavorare senza tregua.
È stato un uomo instancabile- conclude- e di lui resteranno i ricordi belli di chi ha avuto l’onore di conoscerlo, la sua grande fede e l’amore per il popolo che gli era stato affidato”.