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“Tengo certi viaggi da fare”, nelle intercettazioni i contatti sul traffico dei rifiuti nel Vallo di Diano

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Atena Lucana (Sa) – È il 16 ottobre 2019 e l’imprenditore di Sant’Arsenio, Luigi Cardiello, residente ad Ispani, soprannominato il “Re Mida” dei rifiuti poiché coinvolto nelle inchieste per reati ambientali “Re Mida, Cassiopea e Chernobyl”, arrestato ieri mattina dai carabinieri su disposizione della Dda, telefona ad un ex agente della polizia penitenziaria e autotrasportatore di Atena Lucana, chiedendogli la disponibilità, poi data in una sola occasione, di un camion per il trasporto di sei autobotti contenenti rifiuti liquidi da smaltire illecitamente nei terreni e nei corsi d’acqua tra Atena Lucana, San Rufo e Polla. Rifiuti, classificati come – idrocarburi leggeri con pericolosità HP14 ecotossico – che l’autotrasportatore, credendo si trattasse di concime fertilizzate, sversa nel terreno di sua proprietà, sito a pochi metri dalla casa.  

A captare la telefonata, una intercettazione degli inquirenti che stavano già indagando sullo smaltimento illecito dei rifiuti tossici nel Vallo di Diano nell’ambito di una maxi indagine sugli idrocarburi.  

Buongiorno – al telefono è l’autotrasportatore di Atena – sono … da Atena…mi ha chiamato….mi ha detto che mi cercavi?”. 

A rispondere dall’altra parte, è l’imprenditore Cardiello -“E va…tu tieni sempre il camion?”.  

La guardia – “eh”.  

Cariello: “tengo certi viaggi da fare… quando  possiamo vedere di parlare?”. 

La risposta dell’autotrasportatore -“ma …pure più tardi…come volete”. 

Cardiello, chiosa -“eh, più tardi eh…vieni a Sant’Arsenio”.  

Al telefono i due concordano un incontro che si svolge presso l’abitazione dell’imprenditore valdianese per stabilire le modalità di trasporto dei rifiuti destinati allo smaltimento illegale.  

A raccontare quanto accadeva agli inquirenti che già indagavo sul traffico di rifiuti, intercettando gli automezzi adibiti allo smaltimento, captando telefonate tra gli indagati, registrazioni ambientali, pedinamenti e sequestri messi in atto nei confronti di sette persone, tutte arrestate ieri mattina con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale, è stato proprio l’autotrasportatore, anche lui co-indagato ma raggiunto dalla sola disposizione di sequestro degli automezzi.  

Al Procuratore di Potenza, l’autotrasportatore di Atena Lucana, accompagnato dal suo legale di fiducia, ha raccontato il meccanismo secondo cui l’associazione camorristica dei “casalesi” ed in particolare, del ramo facente capo a Raffaele Diana, gestiva il traffico illecito dei rifiuti nel Vallo Di Diano e provvedeva allo smaltimento dei fanghi tossici in Basilicata.   

Nel racconto autoaccusatorio dell’autotrasportatore, agli inquirenti l’uomo dice che a contattarlo fu un imprenditore edile valdianese, riferendogli – “che Cardiello aveva necessità del mio camion per fare dei trasporti di cartoni da Sant’Arsenio alla zona industriale di Polla

Il giorno seguente ci sentimmo-racconta agli inquirenti – e mi convocò nel suo ufficio a Sant’Arsenio. Io andai da lui, ma l’incontro fu interlocutorio. Cardiello mi disse che avrei dovuto trasportare 32 botti, ciascuna del peso di 10 quintali, dicendo che contenevano un liquido che proveniva dalla zona industriale di Polla presso una cava di Brienza ma precisando che non aveva ancora raggiunto l’accordo con il proprietario della cava. Passato qualche giorno mi chiama Cardiello e mi disse se potevo andare da lui perché il trasporto si poteva concludere…mi disse che potevo caricare già sei botti e che potevo scaricarle anche nel mio terreno perché si trattava di acqua fertilizzante con concime.  

Mi disse che per il momento mi sarei potuto tenere le taniche e che per il compenso avremmo trattato quando avessi concluso il trasporto delle altre taniche. Non parlammo di compensi, nel senso che non li quantificammo.  

Qualche giorno dopo con il mio camion Euro Cargo mi presentai nei presso lo stabilimento di Calcestruzzi di Quagliano Pasquale– anche lui arrestato- a Sant’Arsenio, dove erano stoccate le botti. Sul posto trovai Cardiello, il figlio, Quagliano ed un amico del figlio di Cardiello, quest’ultimo-racconta agli inquirenti-pensai che potesse essere il gestore di una fabbrica sita nella zona industriale di Polla che tratta alluminio e da cui provenivano le botti con il liquido. Nelle botti-dice-sopra sembrava acqua e sotto presentava della melma che io pensai fosse del concime. Caricai le sei botti e mi fu detto che oltre alle 32 botti, in seguito avrei dovuto recarmi in un altro luogo, in particolare in un deposito sito nella zona industriale di Polla avrei dovuto caricare altre sei botti analoghe, effettuando due viaggi di terra…ma non so specificare che tipo di terra anche perché non li ho mai effettuati questi ulteriori viaggi.  

…Caricai le sei botti e le successivamente le scaricai nel mio terreno, senza far cadere la melma. Al mattino seguente, iniziai a nutrire seri dubbi sulla natura del materiale trasportato. Versando tali liquidi sentivo una forte puzza di diluente, ragione per la quale mi convinsi che poteva esservi pericolo tale materiale”.  

Il giorno seguente, due degli imprenditori che avevano contatto l’ex agente, in virtù delle mancate risposte alla telefonate, raggiungono a casa l’autotrasportatore, minacciando -secondo quanto raccontato dall’uomo agli inquirenti – di far sparire le altre botti nel piazzale. L’autotrasportatore però, si rifiuta e ai due spiega che – “il liquido che mi aveva fatto scaricare, in considerazione della sua corrosità, aveva rimosso uno strato di vernice superficiale del camion. Lui mi disse di andare a vedere-dice agli inquirenti-si rese conto e allora mi disse di fare un buco molto profondo in un terreno di mia proprietà, a circa 50 metri dalla mia abitazione per sotterrare il tutto”. Poi il rifiuto netto dell’ex agente ad effettuare altre operazioni e trasporti. Rifiuto che prosegue anche davanti alla proposta di – “sversare i liquidi all’interno di una fognatura senza sbocchi che si trovava nel campo sportivo di San Rufo…mi disse “nessuno ci vede”. O in alternativa – sversare il materiale in un deposito della zona industriale di Polla. Gli dissi di no e loro se ne andarono”.  

Dichiarazioni quelle fatte dall’uomo agli inquirenti, autoaccusatorie, confermate anche dal materiale raccolto dagli investigatori durante le indagini sul traffico di rifiuti e che svelano un sistema nel quale da tempo le organizzazioni criminali e i clan camorristici operano nello smaltimento illeciti di rifiuti a sud del salernitano.   

 

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