Salerno – Via Calò: il grido d’allarme di residenti e commercianti – raccolto da Anteprima24.it – arriva, formalmente, in Consiglio comunale. I rappresentanti dell’opposizione Roberto Celano e Ciro Russomando scrivono al Sindaco e, per conoscenza, al Procuratore Generale presso la Corte dei Conti di Napoli: “Con deliberazione dello scorso ottobre – affermano – la giunta ha approvato la localizzazione di bancarelle etniche in via Generale Calò, arteria adiacente Piazza della Concordia, in pieno centro cittadino. Tale deliberazione è stata assunta per soddisfare le esigenze di comunità di extrcomunitari presenti sul territorio per le quali, negli anni passati, erano state destinate le aree di via Vinciprova, di via Limongelli e di via Lungomare Colombo, allestite con pubblico denaro e poi ritenute non propriamente vantaggiose alle esigenze dei venditori.
Tale deliberazione ha, tra l’altro, previsto l’esonero dal pagamento per sei mesi della ‘Tosap’ per gli ambulanti di merci etniche con evidente discriminazione per altri venditori a cui non viene riconosciuta uguale agevolazione nei primi mesi di attività. La stessa non è ritenuta condivisibile dai residenti e dai commercianti della zona che già lamentano gravi criticità in termini di igiene e sicurezza evidenziando che il quartiere, sebbene in pieno centro, appare abbandonato a se stesso ed ‘ostaggio’ di atti di vandalismo ed accattonaggio che si ripetono con cadenza quasi quotidiana”. Nello specifico: “I residenti del quartiere denunciano altresì che la decisione dell’Amministrazione avrebbe violato anche le proprietà private in quanto l’area di rispetto dei fabbricati di via Generale A. Amendola 10 e 36/38 è ancora ‘intestata’ alla Società Domenico Scaramella a cui fu concesso permesso a costruire. Tale area sarebbe successivamente stata data in concessione al Comune di Salerno per consentirne la pavimentazione e la manutenzione. Gli abitanti del rione evidenziano, inoltre, che le opere dovrebbero essere, in ogni caso, realizzate ad una distanza minima dal muro che delimita le proprietà private di 5 metri e via Calò avrebbe, a loro dire, una larghezza evidentemente inferiore”.
Celano e Russomando paventano, inoltre, rischi per le casse pubbliche: “Oltre, dunque, ad apparire una decisione poco condivisibile che finirebbe per aggravare il disagio e l’insicurezza con cui già i residenti del quartiere convivono, la deliberazione rischia di essere impugnata dai cittadini che, pur manifestando simpatie per etnie e raggruppamenti culturali diversi, contestano fermamente la scelta della giunta con conseguente necessità di difese legali da sostenere e rischio di danno erariale per l’Ente, sia in relazione ai costi del contenzioso che alle richieste di risarcimento che potrebbero succedere”. Dal dato tecnico a quello più propriamente politico: “Per tali motivi si chiede di rivedere la contestata deliberazione e di individuare un’altra area più idonea per localizzare il mercatino etnico, condizionando anche tale opportunità alla necessità di liberare nell’immediato il lungomare Trieste dall’occupazione abusiva e militare da parte delle stesse comunità”.
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