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Smottamenti, reti idriche e la battaglia di Eugenio Caiazzo

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Salerno – In quale misura le opere e le scelte dell’uomo modificano l’ambiente antropico e naturalistico? L’alterazione quanto è traumatica ed impattante? In particolare il deterioramento delle reti idriche quali conseguenze e risvolti sociali può determinare? Il salernitano Eugenio Caiazzo è un ambientalista esperto (tessera Ministero per i Beni  e le Attività Culturali nr. 8246361 – Roma 05/03/2020).

Residente in San Mauro Cilento, caratteristico borgo del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni, illustra alcune conclusioni a cui è giunto al termine di un tortuoso ‘viaggio’. Le cui tappe sono le  storie spesso sottovalutate, dimenticate, vive solo nella mente di chi ne è rimasto ‘vittima’.    

Eugenio Caiazzo

“Vi racconto una storia del nostro sud”, dice. Appoggia l’indice su un punto preciso della carta geografica contenente la macro-regione Cilento-Lucania estesa fino al materano-metapontino. Spiega: “Nel 2004 ci fu una petizione dei cittadini del centro storico di Pomarico indirizzata al sindaco. La lettera riguardava i ‘pericoli imminenti circa lesioni evidenti alle mura delle case’. L’acqua della condotta idrica continuò a scorrere indisturbata”.

Pomarico è un centro collinare in provincia di Matera. Caiazzo approfondisce: “Il 20 ottobre 2010 in seguito alla rottura di una tubazione fatiscente dell’acquedotto si ebbe il primo crollo di una casa”.

Il tempo fece il suo lavoro tanto che “ad agosto 2017 i cittadini con urgenza, segnalarono al Comune alcune gravi lesioni alle proprie case e sollecitarono più volte l’Amministrazione per un urgente sopralluogo”.

Un viaggio fatto di tappe che, in ordine ai fatti di Pomarico (la cui devastante frana poi assurse alle cronache nazionali), Caiazzo così riassume e schematizza: “Dopo una petizione dei cittadini agli enti per i pericoli di instabilità del terreno nel 2004; dopo il crollo di una casa nel 2010; dopo la segnalazione al Comune dell’agosto 2017 circa il pericolo di crolli, dopo la segnalazione del settembre 2017 alla Prefettura di Matera il 12  ottobre di quello stesso anno – considerato che le crepe nei muri si allargavano ed erano sempre più evidenti – i cittadini chiamarono i Vigili del Fuoco. Essi intervennero prontamente. Con il sindaco e l’ufficio tecnico fu deciso lo sfollamento di diversi nuclei familiari”.

L’ente municipale commissionò quindi una perizia tecnica. Fu consegnata nel 2018. Caiazzo afferma: “In essa si legge, tra l’altro: ‘È  da escludere la presenza di falde acquifere in quanto  ‘nell’antichità’ non sarebbe stato possibile scavare gallerie in un terreno sabbioso a bassa coesione in presenza di acqua’”.

Caiazzo si chiede: “Quali furono le scelte e l’operato degli enti che avevano in capo la gestione della manutenzione e il dovere di controllare che quella manutenzione fosse eseguita a regola d’arte?”.

La storia, poi, assunse i contorni drammatici ben presenti nella memoria collettiva: “Tra il  Il 25 e il 29 gennaio 2019 ci furono due ingenti frane in presenza dei Vigili del Fuoco. Furono sfollati altri 20 nuclei familiari, circa 52 persone, miracolosamente illese. Oggi ‘cittadini coraggiosi’ restano e resistono nonostante gravissimi disagi e qualche episodio ancora poco chiaro come l’incendio di auto in tre notti diverse”.

Caiazzo conclude con alcuni (imbarazzanti) interrogativi: “I cittadini sfollati oltre ad aver perduto la propria casa, subito danni economici, morali ed esistenziali, da 4 anni sono allo sbando. Risiedono in abitazioni di emergenza semi arredate nonché approssimative e vivono nell’incertezza del futuro. Non hanno né contezza né certezza di quando (e se) torneranno nelle loro case. Non hanno certezze circa interventi risolutivi delle cause antropiche dello smottamento. E’ giusto tutto ciò?”.    

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