Il dibattito è aperto. L’approvazione in Commissione Cultura e Istruzione dell’emendamento sull’abolizione dei voti numerici per i bambini delle scuole elementari sta alimentando la discussione anche sui social. Tra i genitori e gli educatori c’è chi esulta per la cancellazione di quella che fu una delle tante opinabili scelte dell’allora ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, che a partire dall’anno scolastico 2008/2009 introdusse il voto in decimi anche nel mondo della scuola primaria. Una scelta dai più considerata inadeguata alle finalità educative che l’ambiente scolastico dovrebbe avere sugli alunni delle elementari.
Come si legge nell’emendamento del Pd “dall’anno scolastico 2020/2021, la valutazione finale degli apprendimenti degli alunni delle classi della scuola primaria, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo è espressa attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione e riferito a differenti livelli di apprendimento, secondo termini e modalità definiti con ordinanza del Ministro dell’istruzione”.
Un passaggio che cambierà, seppur leggermente, l’approccio alla valutazione degli stessi insegnanti, chiamati a soffermarsi nello specifico sulle attitudini e le manchevolezze degli alunni. Prima del 2009 la scuola primaria adottava diciture sintetiche: “Insufficiente”, “Sufficiente”, “Buono”, “Distinto” e “Ottimo”, (al posto dei 4, dei 5, dei 6 e così via…) a seconda del livello di preparazione dei bambini.
Agli aggettivi, in pagella, era accompagnato un giudizio sulle competenze e sul comportamento, pratica comunque utilizzata ancora oggi in tanti istituti d’Italia. Per loro la rivoluzione sarà dunque moderata. In attesa dei dettagli contenuti nella specifica ordinanza a firma del Ministro dell’Istruzione, per loro cambierà ragionevolmente poco. Solo i numeri se ne andranno in pensione. Con i bambini, fosse anche soltanto per una banale ragione di forma e principio, è sempre meglio usare le parole.
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