E’ il giorno del governo Draghi. Con il giuramento delle 12 l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea ha mosso ufficialmente i suoi primi passi. Il tempo ci dirà quanto andrà lontano. Già alla partenza, però, qualcosa è emerso.
Un dato su tutti: nelle stanze dei dicasteri romani il Mezzogiorno ha perso peso. Può significare tutto o niente, al bando i pregiudizi. La ‘trazione meridionale’ del Conte 2, tanto per dirne una, non ha impedito ai governatori del Sud Italia di denunciare, nello scorso dicembre, il timore per una ingiusta distribuzione del denaro del Recovery Fund.
Ma i numeri sono numeri. Per dirla in maniera brutale, nel secondo governo Conte c’erano tanti meridionali da comporre una squadra di calcio con tanto di riserve: oggi neanche in un campo da calcetto possiamo presentarci. Si è passati da 13 a 4. In termini squisitamente numerici, un massacro.
“Comandano i terroni”: titolava Libero nel gennaio del 2019, quando l’alleanza giallorossa manco era stata concepita. Beh, la musica è cambiata. D’altronde il manuale Cencelli è un trattato di politica e non di geografia.
Torniamo ai fatti. L’elenco dei silurati lo apre ovviamente l’ex premier Giuseppe Conte e comprende quattro napoletani – Enzo Amendola (Affari Europei), Sergio Costa (Ambiente), Gaetano Manfredi (Università), Vincenzo Spadafora (Sport) -, quattro siciliani – Lucia Azzolina (Istruzione), Alfonso Bonafede (Giustizia), Nunzia Catalfo (Lavoro), Giuseppe Provenzano (Sud) -, due pugliesi –Teresa Bellanova (Agricoltura) e Francesco Boccia (Affari Regionali).
Le conferme, invece, riguardano il napoletano Luigi Di Maio agli Esteri e i due lucani Luciana Lamorgese (Interno) e Roberto Speranza (Salute). Nella lista dei 23 di Draghi trova spazio una sola new entry, la salernitana Mara Carfagna ma giusto perché delegare al ministero del Sud un altoatesino proprio non si poteva.
Per il resto regna l’abbondanza sopra la linea Gotica. Il Veneto, con le sue sole forze e i suoi quattro ministri, basta a pareggiare il dato del Sud. La Lombardia addirittura lo doppia con ben nove ministeri. Completano il quadro due emiliani, una piemontese, un ligure, un friulano.
Ribadiamo: può dire tutto o niente. Ai posteri, al solito, l’ardua sentenza.
Ma se il buongiorno si vede dal mattino oggi di sole ne splende proprio poco.
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