La fine di Forza Italia in Campania avviene per liquefazione: la torrida sala che ospita la conferenza stampa del “passo di lato” di Armando Cesaro diventa incandescente ogni volta che qualcuno nomina Matteo Salvini o Stefano Caldoro. Il primo, Salvini, per mesi ha sostanzialmente insultato il secondo: “Caldoro è una brava persona ma vogliamo un altro candidato”, ha ripetuto il leader leghista ogni volta che qualcuno gli chiedeva un giudizio sul socialista-garantista-solo-per-se-stesso. Poi, alla fine, Salvini, considerata la Campania una regione persa, ha dato l’ok a Caldoro, chiedendo però lo scalpo di Cesaro: scalpo che Caldoro gli ha consegnato su un piatto d’argento, senza fiatare, pur di assicurarsi quella candidatura che vale altri 5 anni in consiglio regionale come capo dell’opposizione.
I volti funerei dei consiglieri regionali, dei parlamentari, dei collaboratori di Armando la dicono tutta sullo stato d’animo del partito: è lui Cesaro jr, a dare forza ai suoi, che vivono questa decisione come una intollerabile ingiustizia. “Caldoro? Lasciamo perdere…” è il commento più affettuoso che, a microfoni spenti, si registra in sala. Armando vive questa mezz’ora, la più difficile della sua vita politica, con sobrietà e responsabilità: ricorda i tempi della militanza nella giovanile di Forza Italia, si vede (e lo è) maturato. Cresciuto.
I toni sono garbati, responsabili, ma le battute sui “socialisti veri”, quelli garantisti, e quell’invito a Caldoro a firmare il patto sulle liste pulite proposto dalla candidata alla presidenza del M5s, Valeria Ciarambino, sono (come abbiamo raccontato in un altro articolo) frecciate al curaro. Le prime di una lunga serie, come vedremo nei prossimi giorni.
Armando è inevitabilmente giù di morale, ma si galvanizza quando attacca Salvini e la Lega. Si sente finalmente libero di poter replicare agli insulti, alle accuse, ai diktat, ai ricatti politici che hanno trascinato il centrodestra campano nel momento più triste di una storia che è stata anche gloriosa. Ridotto a un esecutore testamentario di quella che fu Forza Italia, Caldoro ha permesso che Salvini facesse a pezzi il partito, pur di restare attaccato a quella poltrona di capo dell’opposizione, pur di tutelare per altri 5 anni i suoi accoliti. Neanche mezza parola ha speso, Caldoro, per difendere Armando, per difendere il suo stesso partito. Oggi si trova generale senza esercito, con Lega e Forza Italia che si faranno la guerra a colpi di “impresentabili” fino al giorno della presentazione delle liste. Il centrodestra si è liquefatto, e non c’è stato bisogno nemmeno del lanciafiamme.