Pochi investimenti nell’istruzione, edifici poco sicuri, disabitudine alla lettura, dispersione scolastica, aumento dell’obesità, iperconnessione. Sono solo alcuni dei temi sviscerati da Save the Children nel suo decimo “Atlante dell’infanzia a rischio” a cura di Giulio Cederna. Una fotografia che dovrebbe allertare la classe dirigente e gli adulti del nostro Paese e della nostra regione.
Partiamo dalla cifra dei minori che vivono in povertà assoluta, cioè senza i beni indispensabili per condurre una vita accettabile, che è più che triplicata, passando dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018 arrivando a toccare quota 1,2 milioni.
Ciò va a incidere sulle prospettive dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni. Ben il 35,9 dei giovani campani, infatti, non sono occupati, né inseriti in un qualsiasi percorso di formazione. Peggio di noi fanno solo Calabria e Sicilia.
Prospettive tristi figlie anche del cosiddetto tasso di deprivazione culturale che nasce fin dall’infanzia. In Campania la spesa per i servizi educativi di prima infanzia è infatti di appena 219 euro pro capite a fronte di una media nazionale di 808 euro. E ancora, quasi un 6-17enne su 2 non apre un libro durante l’anno, i lettori medi e forti (coloro che hanno letto più di 4 libri l’anno) sono appena 1 su 4. La percentuale dei primi è cresciuta di 2 punti nel decennio, la seconda è rimasta invariata. Le ricerche indicano il peso dei fattori socio economici e culturali e ci dicono che la scuola non basta. L’abitudine alla lettura si acquisisce in famiglia: tra i ragazzi di 11-14 anni legge l’80% di chi ha madre e padre lettori e solo il 39,8% di chi ha entrambi i genitori non lettori. In Campania i non lettori arrivano a quota 64,1%.
La deprivazione culturale, come emerge dai dati dell’Atlante, non riguarda solo la poca lettura ma anche l’assenza della pratica di attività culturali. Il 78,1% dei ragazzi campani tra i 6 e i 17 nel loro tempo libero praticano meno di 4 attività culturali l’anno tra le 7 considerate (teatro, cinema, musei/mostre, concerti musica classica, concerti altro tipo di musica, visita a siti archeologici/monumenti, spettacoli sportivi). Il tempo libero dei bambini e dei ragazzi gira sempre intorno allo smartphone; l’età di accesso si è abbassata notevolmente, arrivando a 10-11 anni. Una vera e propria mutazione antropologica che ha abbassato il divario digitale ma aumentato esponenzialmente l’iperconnessione con il 46,5% (tra i 6 e i 17 anni) che usano internet per più di 4 ore tutti i giorni.
Mutamenti che influiscono sulle abitudini dei giovanissimi che si allontanano anche dall’attività sportiva. In Campania e Sicilia non fanno sport più di 4 bambini e ragazzi su 10: il 40% nella nostra Regione. Un dato che spiega in parte anche il triste primato nazionale dell’obesità infantile che ha raggiunto il 35,2%.
Dunque, famiglia e scuola vivono un momento di difficoltà, accentuato nelle regioni meridionali, su più livelli della vita dei ragazzi. La velocità dei cambiamenti e delle trasformazioni sociali non riesce ad essere strutturata attraverso i servizi che, nel mondo globalizzato odierno, dovrebbero essere garantiti ai più giovani.
Mentre aumentano i giovani che si impegnano per la lotta all’inquinamento e al cambiamento climatico, resta allarmante un altro scenario che riguarda la sicurezza dei nostri ragazzi. Parliamo delle strutture scolastiche che l’Atlante ha fotografato in maniera inequivocabile: nell’Italia dei terremoti e del dissesto idrogeologico le scuole sicure sembrano un miraggio e la gran parte degli edifici è inadeguata a possibili emergenze. Su un totale di 40.151 edifici censiti dall’anagrafe scolastica, ben 7.000 sono classificati come “vetusti“, circa 22 mila sono stati costruiti prima degli anni Settanta, cioè prima dell’entrata in vigore delle norme che hanno introdotto l’obbligo di collaudo statico (15.550 infatti ne sono privi). Sono, infatti, 21.662 gli istituti che non hanno un certificato di agibilità e 24mila quelli senza certificato di prevenzione incendi. Nelle aree a pericolosità sismica alta e medio-alta, sono ben 13.714 le strutture che non sono state progettate per resistere a un terremoto ed è antisismica appena una scuola su cinque.
La mappa realizzata dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per Save the Children, associata ai dati demografici relativi alla popolazione 0-14 anni, mostra inoltre come circa il 70% delle province italiane, in tutto o in parte, ricada nelle aree di medio-alta e alta pericolosità, un territorio popolato da quasi cinque milioni e mezzo di bambini e ragazzi under 15, e sul quale insistono 45 città superiori ai 50 mila abitanti (tra le altre Messina, Catania, Siracusa, Reggio Calabria, Cosenza, Potenza, Benevento, Campobasso, Perugia, Forlì e Verona).
Intanto Save the Children, in concomitanza con la pubblicazione dell’Atlante 2019 del nuovo Atlante ha fatto partire la campagna “Illuminiamo il futuro” per il contrasto alla povertà educativa. Firmando la petizione online http://www.illuminiamoilfuturo.it si chiede il recupero di 16 spazi pubblici oggi abbandonati da destinare ad attività extrascolastiche gratuite per i bambini. La mobilitazione è accompagnata sui social dall’hashtag #italiavietatAiminori.
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