Razzismo, razzismo e ancora razzismo. Per chi non tollera il diverso da sé non esistono vacanze, non esiste una vita, non esiste un weekend. Il pensiero vola sempre lì, ai turbamenti e alla mancata accettazione dell’altro. E dunque siamo ancora a scriverne (e se necessario proseguiremo ancora e ancora…), a ‘denunciare’ gli incivili di ogni età e di ogni latitudine.
Il primo episodio dell’ultimo weekend ha riguardato – suo malgrado – Wilfried Zaha, calciatore del Crystal Palace. Alla vigilia della partita di Premier League tra la sua squadra (ormai salva) e l’Aston Villa (in lotta per non retrocedere), ha ricevuto minacce via social da un giovanissimo tifoso avversario: “Faresti meglio a non segnare domani, stronzo negro, o verrò a casa tua vestito come un fantasma“. L’autore? Un ragazzino di dodici anni che non l’ha fatta franca. La polizia delle West Midlands si è affrettata a rendere noto di averlo arrestato (sì, arrestato) e l’Aston Villa, squadra del cuore, ha fatto sapere che non gli farà più mettere piede allo stadio.
Una storia che fa un certo effetto per la giovane età dell’autore ma anche per la punizione esemplare adottata senza alcuna pietà. Una strada da seguire, quella tracciata dal club inglese. In certi casi la repressione è la via più efficace, senza se e senza ma. Serve a educare, oltre che a lanciare ciò che viene definito “un segnale forte”.
Quello stesso segnale ora si attende dall’Italia. Ad Ardea, in provincia di Roma, la 23enne Beatrice Ion – atleta della nostra nazionale paralimpica di basket, di origini rumene – è stata aggredita da un uomo. “Mi ha offesa sia come disabile che come straniera, sebbene io viva in Italia da 16 anni”, ha detto la giovane. L’uomo ha aggredito verbalmente lei e il papà con epiteti riprovevoli: “handicappata di m…, tornatevene al vostro paese”. Alle parole sono seguiti schiaffi e pugni che hanno costretto il papà di Beatrice alle cure ospedaliere.
“Sto continuando gli studi all’Università, gioco a basket in carrozzina con la Nazionale italiana e mi considero in tutto e per tutto italiana. Eppure sono stata aggredita. Mio papà è in ospedale probabilmente con uno zigomo rotto perché a detta loro siamo stranieri del ca**o che devono tornare al loro paese. Tralascio le offese che mi sono presa perché sono disabile”, ha denunciato via Facebook l’atleta affetta da poliomelite. Migliaia i messaggi di solidarietà giunti da istituzioni e semplici cittadini al suo indirizzo, ma da soli non bastano. Se domani tutto questo sarà già finito nel dimenticatoio, come troppo spesso accade, avremo perso tutti.