Napoli – Dopo anni di lotte, battaglie e vertici al ministero dello Sviluppo, i grillini accompagnano la Whirlpool comodamente via da Napoli.
“E’ una battaglia di sovranità del nostro Paese” spiegava, solo lo scorso settembre, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, già firmatario degli accordi con Whirlpool. “La nostra volontà è che la Whirlpool resti a Napoli” tuonava invece il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. Queste, solo alcune, delle tante – forse troppe – dichiarazioni rilasciate dai ministri del movimento nel mese di settembre, in piena campagna elettorale per le regionali e per il referendum sul taglio dei parlamentari.
Ma passato il santo passa pure la festa e il quadro si trasforma in dramma per i quasi 400 operai dello stabilimento Whirlpool di Napoli Est che con gli indotti regionali arrivano a circa mille famiglie. Mille nuclei familiari campani che oggi, in piena pandemia, si trovano negato il proprio futuro lavorativo.
Dopo più di 10 tavoli di crisi aperti al Mise, negli ultimi due anni. L’azienda tradisce il contratto siglato al ministero, con la firma di Luigi Di Maio, all’epoca dei fatti vice Pemier. Vincono così gli americani davanti ad un Governo ancora inerte alla multinazionale dell’elettrodomestico. Ed il costo peggiore lo paga, ancora una volta, il Meridione. L’azienda Usa continuerà ad investire in Italia, come da accordi con le istituzioni italiane, ma abbandona l’unico stabilimento del Sud.
Come ha spiegato ieri al tavolo di confronto, dove non era neanche presente il ministro Patuanelli, l’amministratore delegato La Morgia: dal primo aprile partirà il licenziamento collettivo. Ed ora la Whirlpool chiede la cassa integrazione Covid da gennaio a marzo, fino allo sblocco dei licenziamenti.
Ma come se non bastasse, l’azienda ha anche chiarito che se non arriveranno questi “ammortizzatori sociali” non sarà disposta a pagare i lavoratori. Un quadro, quello del primo tavolo al ministero dopo la chiusura della fabbrica di via Argine avvenuta lo scorso 31 ottobre, che raccoglie difatti le mille ambiguità di questa vertenza ancora tutta da decifrare, dopo mesi di incontri e vertici.
“E’ evidente che c’è un problema di rispetto della sovranità nazionale – tuona Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom-Cgil – . Le lavoratrici e i lavoratori della Whirlpool sono e dovranno continuare ad essere a carico dell’azienda: dipendenti della multinazionale e pronti ad essere rimessi a produrre lavatrici. Il tema è convincere Whirlpool a riprendere la produzione di lavatrici a Napoli. Noi abbiamo solo uno strumento che è la lotta sindacale, continueremo a lottare”.
“Dopo i proclami delle ultime settimane e a pochi giorni dal Natale – spiega invece Antonio Accurso segretario generale della Uilm Campania – pensiamo che sia un grosso passo falso quello compiuto dall’azienda. Il governo faccia la sua parte per non trasformare in farsa una vertenza che merita risposte concrete e autorevoli“.
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