La storia di Roberto, l’infermiere ucciso dal covid: “Il virus ha spezzato la vita di papà”

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Napoli – “Durante questo lungo interminabile anno di lotta al Covid, abbiamo visto con sgomento e senso d’impotenza che tanti operatori sanitari e sociosanitari impegnati in prima linea non ce l’hanno fatta. Persone straordinarie, prima ancora che professionisti, colleghi ed amici a cui oggi intendiamo tributare un ricordo commosso e infinita gratitudine. Il loro sacrificio ha costituito e costituisce tuttora il simbolo estremo di generosita’ e altruismo, di abnegazione e alto senso del dovere, che contraddistingue la nostra societa’ civile”. Cosi’ Giuseppe Carbone, segretario generale della Fials, in occasione della prima ‘Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato’ che si celebra il 20 febbraio.

Tra le vittime del dovere senza volto, tra i 259 sanitari uccisi dal virus, il cui numero e’ in continuo divenire, c’e’ Roberto Maraniello, infermiere e segretario generale Fials di Napoli, colpito a morte dal virus a 56 anni il 24 aprile scorso. Sono tantissimi i parenti e gli amici che ancora non se ne sono fatti una ragione. Il figlio Ciro, anche lui infermiere al Monaldi di Napoli racconta la storia all’agenzia Dire.

Papa’ ha mosso i primi passi prestando servizio all’interno delle carceri di Poggio Reale. Un’esperienza dura per un ragazzo di 26 anni – racconta all’agenzia Dire – ma per lui, amante delle sfide, un inizio di carriera come un altro”.

Roberto vince il concorso al Cardarelli: “Era il primo a svegliarsi la mattina per prepararsi nel dettaglio- ricorda suo figlio – gli piaceva dare una risposta a ogni domanda. Un cultore della materia gia’ da quando le scienze infermieristiche erano agli albori”. Poi intraprende l’avventura del sindacato: “Papa’ non dava mai niente per scontato: appassionato del suo lavoro, aveva capito che valeva la pena dedicarsi anima e corpo alla difesa di chi non aveva voce”.

La costanza e la determinazione – sottolinea piu’ volte – l’hanno reso competente e ricercato da tutti. Amava dire la sua alle riunioni e quando parlava tutti lo ascoltavano. Questo l’ha portato all’interno dell’Azienda ad avere in breve tempo numerosi consensi”. Dalle parole emerge l’orgoglio di avere avuto quel padre. “Poco dopo arrivo’ il ruolo di coordinatore, e poi quello di segretario aziendale del Cardarelli”.

Roberto era un punto di riferimento per tutti i colleghi di Napoli: “Qualsiasi tipo di criticita’ lo trovava pronto- ribadisce il figlio infermiere- una delle ultime battaglie fu quella per far avere i Dpi agli operatori sanitari”.

Soltanto il 16 marzo scrive sul profilo Facebook: “Siamo eroi, non siamo kamikaze”. E probabilmente proprio durante un incontro per discuterne, si infetta. Esattamente un anno fa. “Non sopportava- aggiunge Ciro – l’ingiustizia di vedere il personale sanitario in quei mesi difficili quasi disarmato di fronte al nemico”. Quel nemico che lo colpisce senza lasciargli scampo. “Nel giro di un mese e mezzo in ospedale sembrava che andasse meglio- conclude- quando improvvisamente un arresto cardiaco ce l’ha portato via. Ho avuto appena il tempo per salutarlo al Cotugno, ma gia’ era incosciente in Rianimazione”. Una vita spezzata nel fiore degli anni e strappata agli affetti piu’ cari, quello della figlia Marzia, anche lei infermiera, e della compagna di una vita, Dina. La Fials, sindacato degli operatori sanitari, e’ con gli operatori sanitari oggi e sempre, per non dimenticare. 

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