Dopo 332 giorni torna a parlare Maurizio Sarri, neo allenatore della Lazio, e lo fa sulle frequenze di Sportitalia intervistato da Alfredo Pedullà, che lo ha raggiunto nella sua casa di Figline Valdarno. Tanti i temi trattati dal tecnico toscano che ha svelato anche un retroscena sulla chiamata del Napoli nel mese di gennaio.
Tutta l’intervista:
Oltre 300 giorni dall’addio alla Juve, cosa ha fatto in questo periodo?
“Niente di particolare, ho fatto quello che non ho fatto per tanti anni. Sono stato con la famiglia, ho letto tantissimo, ho visto tante partite e poi ho fatto una delle cose che mi piace di più, viste tante corse ciclistiche. Io vengo. da una famiglia di ciclisti, mio nonno lo faceva e mio padre è stato corridore professionista. È una passione di famiglia”.
Allenare una squadra di ciclismo?
“Mi piacerebbe tantissimo, a volte chiamo Davide Cassani per farmi spiegare le corse”.
Quanto calcio ha visto in questo periodo?
“Tanto, non tantissimo. È stato un anno particolare, stare fuori non mi è pesato molto. Che tristezza gli stadi vuoti, la situazione non mi faceva venire voglia di tornare particolarmente”.
Lo scudetto con la Juve è stato sottovalutato?
“Era dato per scontato. All’esterno, ma devo dire anche all’interno. Abbiamo vinto uno scudetto senza festeggiarlo, ognuno ha cenato per conto suo. Probabilmente l’anno giusto sarebbe stato questo, dopo un quarto posto e ho visto che hanno festeggiato, probabilmente ci sono le condizioni ideali”.
Il quarto posto non andava festeggiato. O è stato poco festeggiato il suo scudetto?
“Credo sia stato poco festeggiato il mio. Una squadra che viene da 8 anni di scudetti può dare tutto per scontato, ma nel calcio non è mai così”.
Un anno sabbatico: ci vuole del tempo per il suo lavoro?
“Un po’ per questo, ma anche perché quest’anno non c’erano le condizioni. Nel calcio dopo la pandemia era difficile rientrare con la voglia e le qualità giuste. Non mi ha pesato stare fuori, ora che si ricomincia a vedere un po’ di spettatori la voglia torna a prendere il sopravvento”.
De Laurentiis l’ha chiamata. Perché non ha considerato un ritorno a Napoli?
“Non avevo la certezza di poter essere molto utile in corsa. E perché non c’erano tanti presupposti. Tutte le società che mi hanno cercato durante la stagione hanno ricevuto la stessa risposta: che ero a disposizione, se volevano, per parlarne a luglio”. Quindi il Napoli non l’ha cercata a luglio. Ma a gennaio sì? “Non era una trattativa vera e propria, solo un’informazione sulla disponibilità”.
Torniamo alla famosa sostituzione di Ronaldo contro il Milan. Come si gestisce uno così? E il suo futuro alla Juve può essere l’anticamera per la Champions?
“La gestione di Ronaldo non è semplice, è una multinazionale che ha degli interessi personali da abbinare a quelli della squadra. È una situazione sicuramente difficile da gestire. Sinceramente io mi ritengo più bravo a fare l’allenatore e non il gestore, è una cosa che non mi piace, mi annoia e mi diverto di più in campo. È una gestione difficile, ci sono poi tanti aspetti positivi perché a fine anno Ronaldo porta risultati importanti. È chiaro che rappresenta qualcosa che può andare oltre a società e squadra, con tanti follower è chiaro che va oltre la normalità. È il prodotto della nostra società, negli ultimi anni sento parlare tanto di singoli e poco di squadre, che poi sono quelle che vanno in campo. E il valore della squadra non è la somma del valore dei singoli”.
Ora Jorginho viene considerato un potenziale vincitore del Pallone d’Oro. È da Pallone d’Oro?
“Se vincesse anche l’Europeo, è chiaro che lo diventerebbe. È un giocatore raffinato, probabilmente non capibile da tutti. Devi mettergli gli occhi addosso e guardare solo lui in partita. È tanto bravo e intelligente che fa sembrare tutto facile, raramente ti rimane negli occhi qualcosa di spettacolare. Questa è la sua grandezza”.
Come si è ritrovato all’improvviso ad allenarlo al Chelsea?
“Quando ho iniziato a trattare col Chelsea stava firmando col City, siamo riusciti a intervenire e portarlo al Chelsea. Hanno faticato, tifosi e giornalisti, a capire il gioco di questo ragazzo. Poi è esploso in popolarità anche in Inghilterra, ora ho visto che ha fatto il capitano. Se lo merita”.
Dybala è in scadenza, come si recupera? “Non penso sia difficile, è un fuoriclasse”. È vero che le ha detto che vorrebbe essere allenato ancora da lei? “Sì, vero. Ma viene da un anno strano, ha avuto tanti infortuni, non ha avuto mai la possibilità di andare al cento per cento. Però quando un giocatore ha le sue qualità diventa semplice recuperarlo. La Juve o ci punta o lo cede”.
Chi è il nuovo Sarri?
“A me piace molto De Zerbi. Sono esterrefatto dal fatto che un ragazzo di quella età scelga un’esperienza all’estero e non ci sia una grande che abbia pensato a lui. Secondo me ha fatto bene ad andare allo Shakhtar, mi dispiace non vederlo nel nostro campionato. Poi ci sono altri ragazzi giovani bravi, come Italiano o altri, ma De Zerbi penso abbia dimostrato di poter allenare una grande”.
Dopo Udinese-Juventus ha litigato quasi a livello fisico con Nedved?
“No, non è assolutamente vero. C’erano normali discussioni post partita. Non mi è piaciuto che la squadra dopo aver praticamente vinto il campionato avesse un po’ mollato. Non mi piacciono questi atteggiamenti, perché staccare la spina e riattaccarla dopo non è semplice. La squadra doveva tirare al massimo fino a fine campionato per poi presentarsi il più pronti possibile alla Champions anche se non era semplice perché avevamo giocato tante partite in 50 giorni. Per me staccare la spina era un errore”.
Sarri contro Mourinho che film sarà?
“È roba giornalistica. Alla fine giocherà Roma contro Lazio, non potrò segnare io o Mourinho salvare un gol. Contano le squadre, più dei giocatori e degli allenatori: sarebbe importante fare un grande lavoro, tornare a divertirsi e vedere la squadra fare un calcio che ti piace. Io penso che quando un allenatore si diverte lo trasmette e dopo un po’ si divertono i giocatori. Quando si divertono allenatore e giocatori, dopo un po’ si diverte anche il pubblico. Per me dire che si vince giocando male è un luogo comune”.
Si è divertito più al Chelsea o alla Juve?
“Mi sono divertito di più al Napoli. E gli ultimi mesi al Chelsea”.
L’anno dei 91 punti, quella famosa storia dello scudetto perso in albergo. Resta di quella idea?
“Sì, ma tutti quelli che fanno sport sanno a cosa mi riferivo. Poi ci si può costruire sopra qualsiasi sfottò, la realtà è che la squadra ha visto uno spiraglio aperto. Chi ha vissuto quella notte sa a cosa mi riferivo, quando sono salito in camera ho visto giocatori piangere per le scale: c’è stato un contraccolpo feroce, come se fosse finito un sogno dopo quegli episodi discutibili”.
Allenerebbe più volentieri Higuain, Callejon o Insigne?
“Higuain può diventare un fenomeno quando si accende, anche se non è facile farlo accendere. Su Callejon puoi fare grandissimo affidamento, è determinante per gli equilibri di squadra. Se parlo di Lorenzo mi scappa da ridere: è da anni il miglior giocatore italiano. Non so come mai ma se sbaglia cinque minuti se ne parla tantissimo. Ho visto il gol al Belgio, se lo fa un altro se ne parla al TG per un mese di fila. Sono tre ragazzi a cui sono fortemente affezionato”.
Mertens centravanti è stata una genialata?
“Anche una botta di culo. A Bergamo eravamo rimasti in dieci, loro attaccavano e c’erano spazi per ripartire. Noi si è tolto Higuain e messo Mertens da attaccante: in un quarto d’ora ha preso due rigori e fatto il diavolo a quattro. Quindi l’anno in cui si è perso Higuain e avevamo difficoltà a giocare il nostro calcio con altre situazioni, s’infortunia Milik e si torna a quel tentativo. Mi ricordo la discussione con Dries, se secondo lui se la sentiva di giocare in quel ruolo. Gli dissi che avrebbe fatto 18-20 gol. Ne ha fatti 28”.
Quanto è stato vicino alla Roma?
“Non lo so, non ci ho mai parlato direttamente. Secondo i miei agenti abbastanza vicini, però non lo so”.
Ronaldo lo terrebbe?
“Dipende dalle esigenze della società, se deve risparmiare sul monte ingaggi devono fare un tipo di scelta. Secondo me meglio rinunciare a un giocatore che 5-6 con lo stesso risparmio. Se non c’è questa esigenza, con Ronaldo va fatta una squadra adatta a lui”.
Alla Lazio vedremo il 4-3-3?
“Nella rosa della Lazio non ci sono esterni alti, qualcosa bisogna cambiare. Io sono visto un integralista, ho giocato per anni col 4-2-3-1, poi col 4-3-1-2, negli ultimi anni il 4-3-3 e mi dicono sempre che sono un integralista. L’unica cosa che mi sono reso conto di non poter fare è la difesa a tre. L’idea di fondo sarebbe il 4-3-3, se poi il mercato porta soluzioni diverse vediamo. Lazzari? Mi fate parlare troppo di Lazio e mi dispiace, le prime parole da laziale le farei in presentazione. Quando uno ha una gamba come lui penso si possa adattare a tutto”.
Si aspettava uno come Pirlo, senza esperienza, dopo di lei?
“Non lo so, questo è l’effetto Guardiola che ha fatto tanti danni alla fine. Si è presa un’eccezione come se fosse una regola e si corre il rischio di bruciare dei ragazzi che dopo qualche anno sarebbero grandi allenatori. Sulla scelta va chiesto ai dirigenti della Juventus, non a me. A volte si rischia di frenare carriere a ragazzi che potrebbero diventare molto bravi con un pizzico di esperienza in più”.
Negli anni è più cambiato l’uomo o l’allenatore?
“Io penso che noi senza rendercene conto cambiamo continuamente. È impensabile essere l’allenatore o la persona di Empoli. Penso che sia naturale. Io ho delle esigenze quando alleno, voglio una società che mi faccia fare l’allenatore da campo. Se mi mettono a fare qualcosa di diverso mi intristisco e vado in frustrazione, non è qualcosa per cui mi sono dedicato a questo lavoro”.
Con chi ce l’ha?
“Con nessuno, sto parlando di caratteristiche mie, che possono essere anche un limite. Sono portato ad avere ambienti in cui mi esalto e altri in cui non mi diverto e vado in difficoltà”.
Sulla carta gli allenatori di Roma sono più importanti di Milano.
“La parola dice tutto, sulla carta. Bisogna andare in campo e i successi del passato non sono garanzia di bel gioco o successi futuri. Io voglio avere una squadra che abbia come scopo lavorare duramente in settimana per divertirsi la domenica. IO penso che una squadra che si diverte renda più facile vincere. Quando mi dicono che giocando male è più facile non lo capisco”.
Per quanto pensa di allenare?
“Non lo so. Ora voglio un’esperienza gratificante a livello professionale”.
Ha detto che la Juventus è non alienabile. La sera di Juve-Lione lei è consapevole che sarebbe stato il suo unico anno alla Juve?
“Io a metà ottobre ho fatto una riunione con lo staff, ho detto loro di scegliere. La mia domanda era: andiamo a dritto per la nostra strada e andiamo a casa tra 20-30 giorni o facciamo compromessi e vinciamo lo scudetto sapendo che saremmo andati a casa lo stesso? Abbiamo provato a vincere lo scudetto lo stesso”.
Che calcio ritroverà?
“Il punto sono sempre i principi, ho visto negli anni che hanno fatto meno fatica i difensori giovani che esperti. L’unica eccezione, ma parliamo di un grandissimo, è stato Albiol: in tre allenamenti era già nel mio modo di pensare”.
A livello costi/benefici l’operazione Ronaldo è stata un’operazione vincente o insostenibile?
“Questa è una domanda che a un allenatore non interessa. Io voglio che la società mi dia un obiettivo, poi quello che può spendere spenderà. La Juventus ha una forza economica non indifferente, ma questa storia che deve vincere la Champions per forza è falsa. È una grande società, ha sempre fatto ottime squadre, può anche vincere la Champions ma a livello di fatturato è decima in Europa. Ci sono nove squadre che, tra virgolettate perché il fatturato non ti dà il successo, potenzialmente potrebbero avere più possibilità della Juventus di vincere”.
L’ha cercata la Fiorentina? La Granovskaia l’avrebbe tenuta al Chelsea?
“Prima di Prandelli, non dopo. Ho risposto sempre la disponibilità per giugno. Al Chelsea ho fatto un errore clamoroso, quello di voler tornare in Italia a tutti i costi. Marina mi ha fatto un ostruzionismo per lasciare il Chelsea, avevo questa voglia di tornare in Italia. Il Chelsea è una grandissima società, negli anni dopo ha preso tanti giovani adatti a me. Ho vissuto un anno particolare, nel quale Abramovich non poteva entrare in Inghilterra e avevamo un proprietario non presente sul territorio. Una situazione abbastanza difficile, tutto in mano a Marina e aveva mille problemi da risolvere, l’aspetto calcistico era in mano a noi dello staff, non avendo il potere economico a disposizione. Poi sono arrivati Werner, Havertz, Mount, Ziyech: tutti adatti a me e al mio modo di giocare”.
Vedrebbe bene Giroud al Milan?
“È un grandissimo professionista, uno di quelli che nel momento del bisogno c’è sempre. Prima della finale di Europa League, Zola mi chiese che idee avessi: io gli risposi che l’indomani avrebbero giocato di sicuro Giroud e Pedro, gli altri nove li avrebbe scelti lui. Sono due che non hanno mai fallito una finale”.
Stupito dall’anno complicato di Pedro alla Roma?
“Non ha potuto giocare partite decisive. È un giocatore che non sbaglia mai la partita importante, io per questo tipo di giocatori piccoli, rapidi e tecnici ho un debole. È un altro di quei giocatori sottovalutati, ha vinto tutto”.
Oggi Kanté-Jorginho è la miglior coppia di centrocampisti al mondo?
“Secondo me Jorginho è più adatto a tre che a due, poi è intelligentissimo e si adatta a tutto. Kantè è mostruoso, ad altissima velocità fa 3,5 km mentre la media è 2,2. Ti recupera mille palloni, può giocare a due o a tre. Si sta parlando di giocatori di livello non indifferente, ma penso che in questo momento storico non possano venire in Italia”.
Si aspettava una nazionale così bella?
“Non ho visto tante partite dell’Europeo, quelle dell’Italia quasi tutte. Mi sembra che siamo palesemente la squadra che gioca il miglior calcio. Dalle scelte che erano state fatte mi aspettavo una squadra brillante e tecnica, penso che Mancini sia stato bravo in quello: aveva in mente un tipo di calcio ed è stato bravo a scegliere i giocatori giusti”.
Spalletti le ha chiesto consigli per Napoli?
“Sinceramente nell’ultimo periodo non l’ho sentito. Ha l’esperienza giusta per gestire qualsiasi tipo di squadra in qualsiasi situazione. In bocca al lupo, a Napoli è dura. ADL? Non è un presidente semplice, ma i risultati li porta”.
Lotito con De Laurentiis c’entra poco?
“Per quello che l’ho conosciuto sì, ma le esperienze pre-campionato sono tutte belle e facili, mi auguro che la mia sensazione sia quella giusta”.