Napoli – Il processo che ha visto alla sbarra i ventisette presunti responsabili dell’ultima emergenza rifiuti in Campania arriva all’atto finale con un colpo di scena. I giudici della Quarta sezione della Corte d’appello di Napoli hanno infatti ritenuto inammissibile il ricorso presentato dai pubblici ministeri che si erano opposti alla sentenza di assoluzione di primo grado pronunciata nel novembre del 2013 «perché il fatto non sussiste». Tirano così un sospiro di sollievo l’ex governatore della Regione Antonio Bassolino, Giulio Facchi, Armando Cattaneo, l’ex vice commissario straordinario Raffaele Vanoli, Piergiorgio Romiti, Salvatore Acampora, Elpidio Angelino, Settimio Giancarlo Arazzini, Sergio Asprone, Silvio Astronomo, Claudio De Biasio, Giovanni De Laurentiis, Alessandro Di Giacomo, Roberto Ferraris, Vito Fimiani, Gabriella Garbarino, Roberto Gambato, Bruno Mogavero, Orazio Monaco, Pasquale Moschella, Angelo Pelliccia, Umberto Pisapia, Antonio Pompili, Filippo Rallo, Paolo Romiti, Domenico Ruggiero, Vincenzo Urciuoli. Tutti assolti in primo grado, confermate le assoluzioni e dissequestrati anche i beni. L’inchiesta era partita nel 2003 da una denuncia presentata dall’allora senatore di Rifondazione Comunista Tommaso Sodano.
Appresa la notizia del respingimento del ricorso della Procura, l’ex presidente della Regione non ha nascosto la propria soddisfazione: «Era stata – sono le prime parole di Bassolino – una sentenza importante. Nel processo sui rifiuti, pur essendo i reati ipotizzati ormai prescritti, i giudici si erano espressi nel merito con una sentenza di piena assoluzione per insussistenza delle accuse. Poi la Procura aveva fatto appello per trasformare l’assoluzione di merito in assoluzione per prescrizione. Oggi la Corte di appello ha dichiarato inammissibile l’impugnazione del pubblico ministero e ha confermato la sentenza di primo grado. Ringrazio gli avvocati Krogh e Fusco e le persone che mi sono state vicine nei momenti difficili. Per quanto mi riguarda, è la conferma che è giusto aver fiducia nella giustizia e che i tempi dovrebbero essere più brevi perché la lunghezza dei processi danneggia gli innocenti e premia i colpevoli», è l’amara conclusione.
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