Napoli – Lavoratori a nero nell’azienda di famiglia, dopo la bagarre mediatica e i risvolti giudiziari, arriva in Parlamento la vicenda che vede protagonisti la famiglia Di Maio e il ruolo che il leader dei 5 Stelle ha svolto nella società edile. Con un’interrogazione allo stesso ministro del Lavoro, prima firma Debora Serracchiani, e sottoscritta da tutti i deputati del Pd, il Partito ha formalmente chiesto al ministro Di Maio se «intenda rendere pubblica l’intera documentazione inerente al suo rapporto di lavoro con la Ardima costruzioni, con particolare riguardo all’estratto conto contributivo, nonché chiarire se nel corso degli anni dal 2008 al 2013 sia stato percettore di trattamenti di indennità legati allo stato di disoccupazione».
Insomma, il caso che in questi giorni sta travolgendo la famiglia Di Maio non accenna ancora a sgonfiarsi e adesso la vicenda, con l’interrogazione firmata dalla compagine dem, finisce per approdare anche alle Camere: «Dalla documentazione patrimoniale dell’onorevole Di Maio depositata alla Camera – scrivono i deputati Pd – emerge la titolarità di una partecipazione nella società Ardima Srl; ma da tale documentazione, dalla suddetta partecipazione non risultano derivare redditi». Nel testo si fa riferimento alla trasmissione tv “Le Iene”, che ha contattato, tra gli altri, Domenico Sposito, lavoratore della Ardima. «Sposito – prosegue il testo dell’interrogazione – ha dichiarato di aver svolto in azienda, per anni, attività lavorativa senza regolare contratto di lavoro, cui ha fatto seguito, nel 2013, l’instaurazione di un contenzioso ancora pendente alla corte di appello Di Napoli. Il ministro ha dichiarato Di essere all’oscuro della vicenda, affermazione che necessita di una verifica scrupolosa, stante la delicatezza del caso e la perplessità generata dal fatto che al momento dell’acquisizione della proprietà dell’azienda, uno dei due soci potesse essere all’oscuro della controversia giudiziale», scrivono Serracchiani e gli altri deputati Pd, per poi concludere: «Oltre a questa situazione, sono stati segnalati altri tre casi di operai, Salvatore Pizzo, Giovanni e Stefano, che dichiarano di aver lavorato presso la medesima azienda in nero o in condizioni di irregolarità contrattuale e contributiva». Per il Pd inoltre «anche la posizione del ministro Di Maio necessita di chiarimenti in merito all’attività svolta negli scorsi anni nell’azienda di famiglia per fugare possibili dubbi sulla regolarità della prestazione lavorativa svolta».