Tra le opere d’arte trovate in casa dei due pescatori sorpresi a scalfire le rocce della Gaiola alla ricerca di reperti archeologici c’è anche una base di marmo con zoccolo di toro risalente al I secolo d.C. rubato nella villa di Francesco Ambrosio, chiamato “re del grano” che con la sua impresa, l’Italgrani, fu protagonista negli anni ’90 di un crac da mille miliardi di lire. L’uomo fu vittima, insieme con la moglie Giovanna Sacco, 72 anni, di un efferato delitto: i coniugi furono trucidati nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2009 nella loro lussuosa villa sul mare da tre romeni, uno dei quali aveva lavorato per lui come stalliere-giardiniere. Francesco Ambrosio venne ucciso a bastonate mentre la moglie fu soffocata. Dopo averli seviziati, i tre assassini portarono via un cospicuo bottino anche di gioielli e contanti. I romeni furono arrestati il 16 aprile, dopo aver lasciato vistose tracce della loro presenza e della loro azione, compreso un bivacco nel giardino della villa allestito dopo gli omicidi.
La base di marmo con zoccolo di toro, reperto dal valore inestimabile, era inserito nel registro delle opere d’arte ricercate a livello internazionale. Francesco Ambrosio aveva, infatti, regolarmente denunciato il possesso di quel pezzo archeologico alla Soprintendenza, dimostrando la regolarità della sua acquisizione.
I due pescatori sono stati scoperti mentre, a bordo di una tavola da surf raggiungevano gli scogli dell’area marina protetta di Gaiola a Posillipo, scalfivano le rocce e riponevano i preziosi reperti archeologici in una busta nera. Agivano indisturbati, questo fino a quando un addetto alla sorveglianza, notando i movimenti sospetti, ha filmato la scena e poi ha avvisato i carabinieri che sono intervenuti immediatamente. Nella busta nera sono stati trovati cocci, pezzi di anfore vinarie del I secolo d. C. e dell’epoca della Magna Grecia, manici, un frammento di tegame romano in ceramica del I secolo d. C. e un frammento di affresco romano.
A inchiodare senza mezzi termini i due pescatori sono stati i reperti ritrovati nei loro appartamenti dopo la perquisizione dei carabinieri. A casa del 25enne di Casoria è stato ritrovato solo (si fa per dire) un frammento di anfora vinaria romana di età imperiale con parte del collo e le anse. Ma è in casa del 35enne che i carabinieri hanno scoperto un piccolo museo archeologico: anfore romane, capitelli, decorazioni in marmo e terracotta, la mano di una statua romana in marmo, un frammento di affresco policromo, un frammento di cornice in marmo, lucerne integre e con incisioni del I secolo d.C., monete del periodo romano imperiale (catalogate dalla soprintendenza e oggetto di ricerca), chiodi e una borchia e grappe in bronzo.
Un ghiotto bottino per i due pescatori che dovranno rispondere di furto aggravato, danneggiamento, ricettazione e impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato. Il sospetto è, infatti, che i due non agissero da soli ma che commissionassero furti di reperti archeologici per poi rivenderli.
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