Chi si gioca di più alle elezioni di Napoli: intervista ad Antonio Polito

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NAPOLI – Antonio Polito: napoletano di Castellammare, giornalista, saggista, editorialista del Corriere della Sera, uno degli analisti più autorevoli della politica italiana.
 
“In questo momento a Roma”.
 
Come è vista Napoli lontano da Napoli?
 
“Come la terza città italiana in cui si chiude la lunga anomalia di De Magistris”.
 
Il sindaco della rivoluzione arancione.
 
“Senza partito e senza alcun collegamento nazionale. Il che fa ricondurre storicamente al precedente di Achille Lauro. Ma almeno, nel caso del Comandante, qualche traccia si lasciò nel bene e nel male…”.
 
Napoli ora costituisce la scommessa del Pd di Letta e del Movimento 5 Stelle di Conte.
 
“Sì: sotto quest’aspetto, la corsa per Palazzo San Giacomo ha un valore ancora maggiore di Roma e Milano”.
 
Letta o Conte: chi si gioca di più?
 
“Letta deve prima di tutto badare a Siena dove si è candidato alle suppletive per rientrare in Parlamento: primum vivere. Direi che a Napoli la partita è prima di tutto di Conte”.
 
O vede Napoli o muore.
 
“Conte è a capo del Movimento con la precisa missione di rendere organica l’alleanza con il Partito Democratico. I 5 Stelle non raggiungeranno mai più le vette elettorali del 2018: non potranno mai più ambire ad essere una forza di governo autonoma”.
 
Napoli è il banco di prova del Movimento 2.0.
 
“Tant’è che a Napoli Conte ha avuto voce in capitolo quando si è scelto il candidato sindaco: Manfredi è un suo ex ministro. Altrove, non ha toccato palla”.
 
Manfredi continua a disertare gli incontri pubblici con gli altri candidati sindaco: ieri ha fatto stizzire Maurizio Manfellotto, il leader degli imprenditori che lo aspettava all’Unione Industriali.
 
“Il suo è un comportamento arrogante”.
 
Per Marco Demarco può essere il sintomo di una sinistra illiberale.
 
“E’ un comportamento non degno di un democratico con la d minuscola. Nè di un Democratico con la D maiuscola, inteso come uomo del Partito Democratico”.
 
Manfredi, “sommessamente”, ha però avuto modo di ricordare che “il primo non politico” è lui.
 
“Mi fa ridere questa cosa. Un ex ministro, un candidato a sindaco di Napoli, il leader della coalizione che, unico caso nelle grandi città, vede assieme il Pd e i 5 Stelle fin dal primo turno, non si dichiara politico?!”
 
Ipse dixit.
 
“Ma, ammesso pure che non sia un politico: ciò lo esenta dalle regole della democrazia? Gli offre il pass per dispensare promesse senza alcun contraddittorio?”
 
Intanto, ogni giorno c’è chi gli misura il tasso di deluchismo che gli scorre nel sangue.
 
“E a tal proposito pure gli muovo una critica”.
 
Prego.
 
“Nelle condizioni in cui è, con i sondaggi che lo danno largamente in testa anche in un eventuale ballottaggio, tanto più che si dichiara un “non politico”, da parte sua mi sarei aspettato uno scatto, qualche novità vera”.
 
E invece?
 
“E invece ha fatto il pieno di liste elettorali secondo i classici dettami di una politica vecchia. Uno schema che rischia di legargli già mani e piedi”.
 
Con De Luca sullo sfondo.
 
“De Luca è un’altra anomalia. Un uomo del Pd che mette in campo le sue liste. C’è il Pd e il P-d-L, inteso come ‘Partito De Luca’. Ma che bisogno c’era? Manfredi di voti non ne aveva già abbastanza?”.
 
De Luca davvero proverà la scalata alla segreteria nazionale del Pd?
 
“No, non credo proprio. Non è nella sua natura, nè nelle sue possibilità. Fuori dalla Campania, è visto come poco più di una macchietta”.
 
Buona per il copione di Crozza. 
 
“Buona anche a condizionare la vita nazionale del Pd, questo sì. Ma nel senso che il suo pacchetto di voti puntualmente lo sposta sul candidato segretario vincente: una volta Bersani, poi Renzi, poi Zingaretti. Dopodichè contratta. Per i suoi figli. Per i suoi vantaggi”.
 
Intanto a Napoli è nella posizione di vincente comunque vada: anche il candidato sindaco del centrodestra Catello Maresca ha fatto capire di averlo votato.
 
“Non mi stupisce: ha preso tanti voti anche non di sinistra. Da questo punto di vista, aprendo anche ad atri elettorati, è intelligente e abile. E le stesse sparate contro la linea Letta alla Festa dell’Unità lo dimostrano”.
 
Non passa inosservato.
 
“Quando parla, dice qualcosa. E Manfredi si adegua”.
 
Però non può passare inosservato nemmeno il dato che dal 1993 vede il centrodestra napoletano non riuscire a proporre una reale alternativa al centrosinistra.
 
“Questo è un problema serio, da cui scaturisce una scarsa qualità dell’intero sistema politico, democratico e amministrativo. E pensare che Napoli è stata una roccaforte del berlusconismo”.
 
Poi cosa è successo?
 
“Che quel dominio politico non ha mai prodotto una classe dirigente”.
 
Perchè?
 
“Si è lasciato campo a personaggi che più alla politica si sono dimostrati attenti a coltivare le loro clientele”.
 
“La prima sconfitta di queste elezioni è la destra”, ha scritto domenica sul Corriere del Mezzogiorno.
 
“L’unico partito di quel campo che ha un pò di classe dirigente è Fratelli d’Italia. Ma è costituita per lo più da ex missini difficilmente spendibili. Per questo, la candidatura a sindaco di Maresca è frutto di un ripiego”.
 
Maresca, magistrato e politico. Nello stesso momento, nella stessa città.
 
“Per questo l’ho criticato fin dal principio. Un magistrato è credibile solo se è totalmente indipendente. Invece, lui ha cominciato con i docufilm sulla cattura di Zagaria a fare politica. Per un anno lo si è dato candidato dappertutto. Poi è finito per dire che una sentenza a lui avversa costituisce “la morte della democrazia”. Il corto circuito è stato completato”.
 
Maresca si è presentato anche come il campione del civismo.
 
“Il civismo si è accucciato sempre sotto un padrino politico. D’altra parte, un pò di società civile non si nega a nessuno”.
 
Per Paolo Macry, sul Riformista di oggi, ha sprecato la sua occasione.
 
“Chi ne prende la bandiera non ha mai una vera forza: a Napoli, il civismo si riduce in mini-èlite, in gente che si vede la sera”.
 
Altrove non è così?
 
“Almeno a Milano candidano a sindaco Luca Bernardo, un pediatra. A Napoli, invece, si pesca ancora nella magistratura. Ma qui la borghesia continua ad avere una grossa responsabilità per lo sfascio della città: o si nasconde sulle colline o si accoda al padrone politico di turno”.
 
Chissà se premierà Antonio Bassolino.
 
“Quella di Bassolino è una sua personale operazione di riscatto dopo i guai giudiziari che ha dovuto affrontare da solo, isolato dal suo stesso partito. Una operazione di riscatto personale che interpreta come un fatto politico di interesse generale e che traduce in una campagna elettorale vecchio stile”.
 
Come ai suoi tempi.
 
“I tempi della politica di massa. In effetti, oggi, sembra un alieno quando lo si vede andare per comizi e per caseggiati. Ma è quello che intende come servizio alla città”.
 
Mil-le-no-ve-cen-to-no-van-ta-trè/due-mi-la-ven-tu-no: 28 anni dopo. Ancora Bassolino?
 
“Non potrà avere successo. La sua è una rispettabilissima battaglia di testimonianza. Lui è una persona perbene e di grande valore. Ma l’operazione-candidatura rimane una minestra riscaldata”.
 
Vive in una bolla nostalgica.
 
“E’ più o meno come se io, essendo interista, stasera contro il Real mi aspettassi un gol di Milito”.   
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