NAPOLI – Sergio Locoratolo: avvocato, professore di diritto all’Università di Foggia, già direttore della rivista della Fondazione ‘Mezzogiorno Europa’, editorialista di Repubblica Napoli.
“Coordinatore del programma del candidato sindaco Gaetano Manfredi”.
Bello carico: anche il sondaggio YouTrend pubblicato questa mattina da Repubblica vi dà a un passo dalla vittoria al primo turno.
“Il trend è positivo”.
Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.
“Continuiamo a lavorare per poterlo dire prima possibile”.
A Napoli si sperimenta l’alleanza del Movimento 5 Stelle col Pd e il resto del centrosinistra.
“Napoli è l’avanposto dello schieramento politico che dovrà sfidare il centrodestra alle politiche del 2023”.
Il Ministro Lorenzo Guerini sul Mattino: “Va bene il patto coi 5 Stelle, ma la guida spetta al Pd”.
“Ci sta una sana competizione anche tra alleati. La leadership, gli elettori la assegnano a chi avanza le proposte migliori”.
Avete creato “un laboratorio politico teleguidato da Roma”, vi imputano i vostri principali avversari Maresca e Bassolino.
“Fanno una valutazione errata: è l’esatto opposto”.
E’ Napoli a dettare un modello a Roma?
“Bisogna ripercorrere la storia politica che ha portato alla candidatura di Manfredi per capirlo”.
Come nasce?
“Dal tavolo del centrosinistra che si è tenuto in vita dopo le elezioni regionali dello scorso anno: quelle che hanno consentito a De Luca di essere rieletto col 70% dei consensi”.
E’ passato un anno.
“E nel frattempo, quel tavolo si è allargato ai 5 Stelle e alle civiche di ispirazione moderata”.
Tutti dentro.
“Il confronto, infatti, è stato bello impegnativo. Ma alla fine è giunto a due convergenze: il programma da proporre per la città di Napoli e Gaetano Manfredi”.
Tredici liste, tredici!
“Manfredi ha razionalizzato e semplificato il quadro politico: siamo partiti con 24 sigle attorno a un tavolo”.
Tredici meglio che 24. Ma per godere bisogna in ogni caso accontentarsi.
“Politicamente, la coalizione di Manfredi si regge su quattro pilastri: il centrosinistra classico, il Movimento 5 Stelle, l’area dei centristi liberali, popolari e riformisti e i movimenti civici. Su queste stesse aree politiche si dovrà creare anche lo schieramento da contrapporre al centrodestra a livello nazionale nel 2023”.
Antonio Polito ha detto che si aspettava di più.
“Con 3 candidati sindaco riconducibili all’area del centrosinistra, aver coagulato attorno a sé tante forze politiche è un merito, non un demerito”.
Ma si rischia l’ingovernabilità.
“Invece no. Perchè Manfredi ha invitato tutte le formazioni presenti al tavolo ad unirsi per sensibilità politiche. E le sensibilità possono ricondursi in modo lineare a quelle quattro aree politiche che citavo prima”.
Manfredi: se non ci fosse stato, lo si sarebbe dovuto inventare.
“Tutto si può dire, tranne che la sua candidatura sia nata a Roma”.
Obiezione uguale e contraria che gli si muove: è nata sotto l’ala protettiva del
Governatore Vincenzo De Luca.
“Anche De Luca è stato compartecipe della sua designazione, certo”.
Tant’è che Manfredi si lamenta che ogni giorno gli fanno le analisi per vedere quanto deluchismo scorre nel suo sangue.
“Manfredi sarà un sindaco autorevole, che rimarrà autonomo pur collaborando con la Regione e tutte le altre istituzioni”.
Deluchiano è anche Catello Maresca, il candidato sindaco del centrodestra.
“Non mi meraviglia: De Luca ha raccolto un consenso trasversale”.
Non la meraviglia nemmeno la fatica che continua a fare il centrodestra cittadino a proporre una classe dirigente davvero alternativa al centrosinistra?
“Sarebbe auspicabile che il sistema democratico si reggesse su due alternative ugualmente credibili e autorevoli. Detto questo, non metto becco in casa altrui”.
Anche perchè Manfredi non mette becco in un confronto pubblico con gli altri candidati sindaco.
“Preferisce altri confronti”.
Marco Demarco questa mattina sul Corriere della Sera ha scritto che dovrebbe imparare da Koulibaly: “Il suo è un calcolo narcisistico da primo nei sondaggi che non vuole cedere visibilità. E il pubblico? Pazienza”. Mentre il campione del Napoli anche quando ha segnato ha preferito anteporre il pubblico a se stesso.
“Nel nostro caso, il pubblico è costituito dai cittadini. E Manfredi li ha sempre privilegiati. Tutti. Compresi quelli che non appartengono a ceti o corporazioni”.
Ha imparato a parlare anche alla ‘plebe’: tranquilliziamo Berardo Impegno?
“Il pensiero di Impegno è stato strumentalizzato. Berardo è un serio e sincero democratico, come tutti sanno. In ogni caso, Manfredi non è espressione dell’èlite: non è nato professore o rettore. Anzi, nasce outsider. E uno degli elementi della sua campagna elettorale è stato proprio quello di ricucire il tessuto sociale della città, così duramente messo alla prova da anni laceranti”.
De Magistris ha chiuso in consiglio comunale scoppiando a piangere.
“C’è da rispettarlo per quel pianto. Come tutti coloro che non nascondono i propri sentimenti. Del resto, la sua onestà personale è fuori discussione”.
Fuori discussione è anche l’onestà di Bassolino. Lei, del resto, in passato, ha criticato più i bassoliniani che Bassolino.
“Altri tempi, altri contesti. Ora non saprei nemmeno individuarli i bassoliniani”.
Ma Bassolino?
“E’ una grande personaltà della sinistra italiana. Rispetto la sua scelta di candidarsi. Anche se mi pare più frutto di una valutazione personale che politica”.
Manfredi ha detto che vuole ispirarsi a Jacques Delors e Maurizio Valenzi. A chi potrebbe somigliare davvero?
“A Delors. Perchè ha le caratteristiche per fare sintesi tra le varie culture politiche che lo sostengono: il socialismo riformista, il cattolicesimo democratico e il liberalismo sociale”.
Ha una visione di Napoli.
“Una grande capitale europea al centro del Mediterraneo. Una città connessa, aperta al mondo dell’innovazione, della solidarietà e della giustizia sociale”.
Il suo primo appello fu alla borghesia napoletana: scenda in campo, si rimbocchi le maniche.
“Quell’appello è stato raccolto da molti. Del resto, ci salviamo solo se tutti noi facciamo la nostra parte. Manfredi non propone una leadership personale. Vuole e deve essere connesso con la città. Il suo è un progetto collettivo”.
Se vince non si mette la bandana.
“Quando vincerà, imporrà il suo stile sobrio. Ma pragmatico e visionario. Solo se si è pragmatici, del resto, si può essere realmente in grado di attuare una visione”.
Brinderà con due dita di prosecco.
“Devo dire che non conosco ancora bene i suoi gusti enogastronomici. Io di certo lo farò”.
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