Sono cinque gli operatori del 118 sotto accusa per la morte di Marco D’Aniello, 42 anni di Pompei, che il 3 agosto scorso è deceduto alla stazione centrale di Napoli. Talassemico e invalido al 100%, alle 21 si trovava al binario 14 mentre aspettava un’amica. Si è sentito male, si è accasciato al suolo e ha iniziato a perdere sangue dalla bocca e dal naso. Questo mentre gli agenti della Polfer sollecitavano disperatamente l’arrivo di un’ambulanza che ha impiegato 50 minuti a prestare soccorso.
Nella relazione di Giuseppe Galano, direttore della centrale operativa del 118, nell’ambito dell’indagine fatta scattare dalla regione Campania, si legge che è stato “avviato un procedimento disciplinare nei confronti dei 4 operatori presenti alla centrale operativa del 118 durante l’accaduto, ma di aver anche intimato al presidente della Croce Rossa di sospendere temporaneamente il medico di turno”.
Galano, dopo l’accaduto, aveva ricostruito la vicenda in questo modo: “La richiesta di intervento è arrivata alle 21.02, ma non c’erano ambulanze. Se n’è liberata una solo alle 21.21 in via Pietravalle, peraltro senza medico. Due minuti dopo se n’è liberata una a Ponticelli e abbiamo inviato quella. Per percorrere i sette chilometri che la separavano dalla stazione ha impiegato 10 minuti: come risulta dalla scheda sanitaria, infatti, è arrivata alle 21.33”.
Mentre, però, si cercano di stabilire eventuali responsabilità, il dirigente lancia un allarme: “Non abbiamo abbastanza mezzi di soccorso”. A Napoli ci sarebbe quindi una carenza cronica di ambulanze. Delle 24 vetture che servirebbero ogni giorno in città ce ne sono solo 16 dalle 8 alle 20 e 14 per tutta la notte.
Intanto, però, i parenti di Marco non si rassegnano: “Una flebo forse l’avrebbe salvato”.