NAPOLI – Quanto è difficile fare le riforme in Italia? Se ne è accorto questa mattina il sindaco riformista di Napoli, Gaetano Manfredi. All’iniziativa dell’ex eurodeputato del Pdl Enzo Rivellini sulla Città metropolitana, tutti si sono detti più o meno nostalgici delle vecchie Province con la logica del “stavamo meglio quando stavamo peggio” essendo la riforma Delrio del 2014, quella che ha eliminato le vecchie Province trasformandole in enti di secondo livello, rimasta appesa perchè non costituzionalizzata col referendum del 2016.
Quella riforma rimasta a metà, oggi, è evidente a tutti che non funziona.
Ma in quanti, tra coloro che ora auspicano un passo indietro con la restaurazione del voto diretto dei cittadini del consiglio e del presidente della Provincia, 5 anni fa, fecero la loro per andare fino in fondo?
Il sindaco riformista, che ha annunciato per il prossimo febbraio le elezioni del consiglio metropolitano napoletano, a tal proposito, è tra i pochi che può alzare la mano.
Manfredi, infatti, ha rivelato che nel 2016 si schierò a favore della riforma Renzi-Boschi che disegnava un nuovo assetto istituzionale per compensare il superamento delle Province oltre che del bicameralismo perfetto. Ma Catello Maresca, per citare uno dei rapresentanti del centrodestra cittadino chiamati a raccolta da Rivellini, ha confidato che nell’occasione del referendum costituzionale disertò le urne e che comunque era sul fronte del no.
Fatto sta che il sindaco riformista è anche un sindaco metropolitano assai pragmatico. E l’ha messa così: “La città metropolitana è una grande opportunità anche se il percorso della riforma Delrio non è stato completato. Mai come ora la programmazione e la gestione su area vasta è fondamentale. Nel 2016 votai per il sì alla riforma costituzionale. Lo spirito della nostra Carta fondamentale va difeso ma – ha avvertito Manfredi – le riforme sono necessarie perché dobbiamo adeguare le istituzioni alle mutate necessità della politica e dei cittadini”.
Nel 2016, quindi, fu un’occasione persa? Gli si è stato chiesto chiaro e tondo. Risposta: “Sì, fu un’occasione persa, come tutte le occasioni di riforma che non vengono sviluppate. Forse – è stato il ragionamento ex post del sindaco – quella riforma la si poteva articolare anche in maniera diversa. Ma il riformismo non si può fermare: è fondamentale perché le istituzioni congelate non aiutano la democrazia”.
Cinque anni fa anche Forza Italia si schierò contro la riforma della Costituzione che interveniva definitivamente sulle Province. Oggi, una delle sue leader campane, Annarita Patriarca, ha fotografato la situazione attuale con questo click: “A sette anni dalla riforma Delrio, dobbiamo prendere atto che il disegno di trasformazione delle Province in Città metropolitane non solo non ha raggiunto quegli obiettivi di efficienza ed efficacia per i quali era stato promosso, ma non ha risolto nemmeno le criticità”.
La capogruppo regionale del partito di Berlusconi, ha, poi, significativamente aggiunto: “Anzitutto non è stato affrontato uno dei temi maggiormente rilevanti per una semplificazione della vita amministrativa dell’ente e del territorio: la proliferazione dei centri decisionali. La Città metropolitana avrebbe potuto, e dovuto, raggrupparli per ottenere uno snellimento e una velocizzazione delle procedure, ma purtroppo questo non è stato fatto”.
A ben vedere, a detta della stessa Patriarca, con gravi conseguenze tanto più con la crisi sanitaria di oggi: “La Città metropolitana è importante soprattutto ora che bisogna intercettare i fondi del Pnrr: per riuscirci bisognerà contare su personale qualificato che allo stato manca”, ha concluso la capogruppo azzurra.
“Rafforzare gli organici della Città metropolitana anche contando sull’aiuto del governo centrale – è stato il suo auspicio finale – significherà aiutare di riflesso i singoli Comuni a sviluppare le progettualità previste nel Recovery Plan e a impedire, come spesso purtroppo accade, la perdita dei finanziamenti”.
Lo stesso, identico incubo che tormenta il sindaco riformista: lo ha confessato al termine del suo intervento. Ma con l’animo di chi non ha rimorsi.