I 90 anni di Biagio de Giovanni: Napoli, Manfredi, De Luca, Le Figaro. E la partita del Quirinale

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NAPOLI – Biagio de Giovanni: filosofo, professore di Dottrine politiche, già rettore dell’Orientale di Napoli, dall’89 europarlamentare per due mandati consecutivi in quota Pci-Pds. In vista un compleanno importante. 

“Novant’anni il mese prossimo. Speriamo”.
 

Ci vuole la mano di Dio.

“Per chi ha fede, Dio è misericordioso”.
 

E invece, al di là del film di Sorrentino, Napoli che mano deve invocare?

“Dopo 10 anni in mano all’amministrazione più scadente che ricordi, una che ci salvi dall’idea che quest’ultima ci ha lasciato in eredità: che ognuno può fare quello che gli pare senza rispettare alcuna regola”.
 

De Magistris non gli è mai piaciuto.

“Ma io non lo critico tanto per l’inconcludenza sui grandi temi: Bagnoli, ad esempio. Ma per quanto abbia contribuito a peggiorare la vivibilità complessiva, quotidiana della città”. 
 

Da un mese e mezzo è finita la rivoluzione arancione.

“Con Manfredi si è aperta un’altra fase”.
 

La ministra degli Interni Luciana Lamorgese, in Parlamento, ha giurato che il dossier Napoli è sul tavolo del governo.

“Il sindaco fa bene a sollevare a Roma il problema del debito. Anche se è andato fuori le righe quando ha minacciato di dimettersi”.
 

Ha esagerato?

“Solo un mese e mezzo fa è stato votato dal 63% dei napoletani e già vuole andare via? Deve comunque provare a dare una risposta”.
 

Per farlo sta chiedendo in tutte le lingue l’aiuto del Governo.

“Spero che Palazzo Chigi lo comprenda”.
 

Lei ci crede?

“Non ci fossero stati i soldi, avrei risposto di no. Ma i soldi, grazie all’Europa, ci sono”.
 

Convergenza fortunata.

“Il Recovery obbliga Roma a pensare al Sud. Piuttosto, bisognerà poi vedere che tipo di risposta darà la classe dirigente nostrana. Su questa nutro dei dubbi”.
 

Ne ha viste tante.

“Il fatto è che la questione meridionale, anzi la cultura meridionale è scomparsa dalla scena. E dalla fine degli anni Novanta non abbiamo più una classe dirigente. Il Mezzogiorno, oggi, è solo un’espressione geografica”.
 

Ma si ripete che Napoli è una capitale.

“Capitale di nulla. Se non sfruttiamo la possibilità del Pnrr, davvero affondiamo in un
Mediterraneo sempre più assoggettato all’influenza islamica”.
 

Manfredi vuole una città europea.

“Qualcosa il Recovery dovrebbe produrre”.
 

Una volta ha detto che “la politica è una questione di sistema nervoso”: quello del neo sindaco sembra saldissimo.

“Ma non so se è sempre un bene. E non so fino a che punto sarà un vantaggio per lui avere in maggioranza, con il Pd, il Movimento 5 Stelle, ad esempio”.
 

Ci vuole pazienza.

“Io per i 5 Stelle non l’ho votato. Quella foto che fece in pizzeria con Conte e Di Maio non mi è andata giù: nemmeno se mi puntassero una pistola contro potrei votare una coalizione con i grillini. E lo dico a 90 anni, pensi un pò”.
 

Ha votato Antonio Bassolino.

“Fondamentalmente perchè credevo che sarebbe stato meglio avere un uomo subito pronto all’azione. E poi perchè non mi piace affatto l’idea che se non sei della società civile, se sei un politico, di fatto sei un impresentabile”.
 

Manfredi non è un politico?

“Manfredi ha fatto il rettore, non il politico. Che è una professione che Max Weber ha definito altissima già nel 1919”.
 

Il fatto è che se ti presenti come politico, la gente ti vede come vecchio e lontano.

“Infatti ho preso atto dell’8% raccolto da Bassolino”.
 

Ma non le piace Manfredi?

“Questa la possiamo lasciare come una domanda aperta. Dobbiamo vederlo all’opera. Deve essere capace di mobilitare e creare consenso con le sue azioni di governo”.
 

Deve governare con una maggioranza eterogenea.

“Tredici liste, un rischio che si è preso. Ma la prova della composizione della squadra di governo devo dire che l’ha superata”.
 

Giunta promossa.

“Non li conosco tutti, ma ha gente valida. Come l’assessore ai lavori pubblici e alla mobilità, Edoardo Cosenza”.
 

Buona la prima.

“Ora Manfredi deve capire l’ordine dei problemi. Da dove iniziare. E a tal proposito mi è sembrata infelice una sua frase su Bagnoli”.
 

Quale?

‘Bisogna riflettere se rimuovere o no la colmata’: bisogna ancora rifettere?!”
 

Lei che avrebbe detto?

“Bisogna agire”.
 

Intanto ha fatto bene a trattenere la delega alla cultura?

“In generale, io sono per un politico che sappia delegare, dirigere e organizzare. Ma lui è un uomo di cultura, attiene al suo essere. Può darsi anche che abbia fatto bene”.
 

Le Figaro: “Napoli è il terzo mondo d’Europa”.

“Un giudizio spocchioso”.
 

Napoli possiamo criticarla solo noi?

“Non si può definire da terzo mondo una città senz’altro in crisi, ma che resta un grande centro europeo”.
 

Conviene indignarsi?

“Sì. Napoli ha dato prova di saper stare al mondo e di sapersi confrontare anche con Parigi. E poi da Benedetto Croce a Giuseppe Cenzato: su, il passato lascia qualche traccia, eh! E ancora oggi, quante eccellenze?”.
 

Il rischio è che ce la cantiamo e ce la suoniamo.

“Per questo bisogna dare prova coi fatti che il giudizio di Le Figaro è sbagliato. In primis migliorando la vivibilità: a me piacciono i panzerotti e i crocchè. Ma venderli lungo tutti i Decumani mi pare esagerato”.
 

La vicepresidente del consiglio comunale Flavia Sorrentino, sempre a proposito della polemica di Le Figaro, ha scritto: “Fatti come questo ricordano l’importanza dello Sportello ‘Difendi la città'”.

“Per carità, lo sportello?!”
 

Guai a chi parla male di Napoli.

“Lo sportello mi ricorda i ‘tavoli’. Quando, di fronte a un problema, si dice: ‘Vabbè, instauriamo un tavolo…’: chiacchiere”.
 

Probabilmente, ha argomentato meglio Nino Daniele su Il Riformista: “Napoli è una città-mondo, la più filosofica del mondo. I suoi conflitti sono il cuore delle drammatiche alternative del presente dell’Occidente”.

“Nino è uno bravo. In tanti rimanemmo sorpresi quando accettò l’incarico di assessore alla cultura con De Magistris. Ma anche in quella veste seppe fare bene”.
 

Ha ragione a scrivere ora queste cose?

“Sì, Napoli è un centro del pensiero europeo. Solo se la si guarda superficialmente la si può definire da terzo mondo”.
 

Manca sistematicamente, però, l’appuntamento con la definitiva modernizzazione, per dirla con Umberto Ranieri.

“Come negare i suoi problemi? Primo tra tutti il rapporto della camorra con l’economia, un problema che, tra l’altro, non attiene solo a una dimensione locale. Ma bisognerebbe ripensare a Nitti, quando predicava una città d’impresa. O a Paolo Frascani che sottolinea una vitalità piccolo-imprenditoriale talvolta insospettabile, ma che comunque è presente”.
 

Sergio Locoratolo su Repubblica: “Il Pnrr favorisce il ritorno delle città quale baricentro dei futuri assetti di sviluppo”. E’ davvero la rivincita delle città?

“Sì, ed è una cosa necessaria davanti a una intepretazione del regionalismo che qui è andata contro Napoli”.
 

De Luca non molla.

“E’ stato mio studente, sa? Si è laureato con me”.
 

Era bravo?

“Sì, sempre con un caratteraccio. Ma bravo”.
 

E comunque, tornando a Locoratolo: “La destinazione naturale del riformismo dell’oggi sono i Comuni”.

“C’è questa possibilità. Le Regioni, del resto, sono entità meramente amministrative, non identitarie come le città”.
 

Bisogna fare le riforme, ha avvertito anche Mario Monti.

“Senza dimenticare che le Regioni si sono rivelate un moltiplicatore di debito pubblico. E che dopo l’insuccesso del referendum costituzionale del 2016, come ha scritto anche Angelo Panebianco, non si è ancora chiarito il loro rapporto col Governo centrale. Diciamo che è un auspicio che le città, le aree metropolitane, possano costituire un punto di riferimento. E questo dipenderà anche da Manfredi”.
 

A patto che si mostri autonomo da De Luca.

“Che già in campagna elettorale ha esplicitato la sua volontà di controllo”.
 

Per alcuni le luci di Natale in città sono il suo cavallo di Troia.

“Meglio che non le dica cosa hanno piazzato davanti casa mia! La salernizzazione al neon di Napoli”.
 

Isaia Sales ha paragonato il metodo-De Luca a quello di Mafia Capitale: forse ha esagerato.

“Sì. Isaia è uno studioso serio e impegnato. Ma spesso dà giudizi apocalittici. Bisognerà vedere a cosa conducono le indagini a Salerno. Ma, al momento, si può criticare De Luca, come faccio anch’io, solo per come intepreta il ruolo di Governatore”.
 

Da Palazzo Santa Lucia si avventura anche a disegnare i nuovi assetti urbanistici di Napoli.

“De Luca è questo. Ma tra Comune e Regione deve esserci un sano rapporto istituzionale”.  
 

Con lui e gli altri Governatori, a eleggere il prossimo Presidente della Repubblica, si reclamano anche i sindaci.

“Io vorrei che il Capo dello Stato fosse eletto direttamente dal popolo. Che ci siano o no i sindaci, poco mi appassiona”.
 

Dica in ogni caso la sua sul toto-Quirinale.

“Mi auguro solo che i grandi elettori scelgano in maniera consapevole e responsabile: con la maretta, si rischia di far venire giù tutto. Anche il Governo Draghi”.
 

Vorrebbe il Presidente del Consiglio al Colle?

“Mah, non lo so. Certo che Draghi a Palazzo Chigi è un miracolo: sta salvando l’Italia”.
 

Magari è davvero la volta di una donna.

“Mi sembra ridicolo il discorso della donna da eleggere in quanto donna. Marta Cartabia, però, potrebbe essere”.  
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